Il blocco dell’attività del governo federale americano è una situazione che preoccupa seriamente. Una analisi aziendalista paragonerebbe ciò che sta accadendo al caso in cui una azienda privata non può pagare dipendenti e fornitori, oltre a non potersi finanziare, perché il consiglio di amministrazione non si accorda sulla strategia da perseguire. Tra il 1976 e il 1996 ci sono state diciassette periodi di blocco con una durata media di circa una settimana. Le stime indicano in circa lo 0,1% l’impatto negativo sul prodotto interno lordo per ogni settima di fermo.

L’entità dell’incremento dell’incertezza causata da questa singolare condizione di surplace è misurata da un sito che si dedica a questo tipo di valutazioni (www.policyuncertainty.com). Inoltre, la sospensione dal lavoro di diverse categorie di impiegati governativi causa la mancanza di alcuni flussi di informazioni (dati statistici) ampiamente utilizzate sia dalle amministrazioni pubbliche che private nelle scelte di politica micro e macroeconomica oltre che dagli investitori internazionali per le decisioni relative alla composizione dei portafogli. Ad esempio, la mancata comunicazione del dato sulla disoccupazione americana ha obbligato gli asset manager ad agire basandosi sulla semplice valutazione soggettiva dovendo rinunciare ad alcuni rilevanti elementi oggettivi.

Per certi versi, forse è meglio così. Ad esempio, un importante e citato investitore ha annunciato di preferire l’acquisto dei titoli governativi americani a breve termine rispetto alle scadenze più lunghe e rischiose. Se fosse uscito il dato sulla disoccupazione, positivo o negativo, forse avrebbe deciso in maniera diversa. Si entra in un mondo virtuale in cui si devono prendere decisioni anche in assenza di alcune significative informazioni. Peraltro l’abbondanza di dati e notizie permette di trovare strumenti alternativi che possono fornire alcune indicazioni.

Prendiamo la quotazione dell’oro. Nella fase precedente di discussione sull’innalzamento del tetto del debito, ovvero nel settembre di due anni fa, le quotazioni dell’oro passarono da 1.500 dollari l’oncia a 1.750 in poche settimane. Viceversa, nella situazione attuale il prezzo si è impennato fino a 1.400 dollari dai 1.250 dell’inizio della fase di crisi, ma ad oggi è praticamente ritornato al punto di partenza. Se il prezzo dell’oro può essere un indicatore del timore che le cose negli Stati Uniti vadano nel verso sbagliato, oggi sta dicendo che questa eventualità è considerata meno probabile della volta precedente. Il confronto con gli episodi più lontani nel tempo non è altrettanto significativo in quanto il livello del debito allora era decisamente meno impegnativo.