Il legislatore ha recentemente introdotto una serie di misure volte a favorire l’ingresso e la permanenza in Italia di investitori esteri e di high-net-worth-individuals (vale a dire individui che posso godere di un elevato patrimonio netto). L’intento di tali novità appare chiaramente quello di rinvigorire l’attrattività del Paese agli occhi di soggetti ed investitori esteri che abbiano la disponibilità di patrimoni significativi, incoraggiandone il trasferimento in Italia attraverso l’introduzione di misure volte a semplificarne gli adempimenti amministrativi e burocratici e a ridurne il carico fiscale complessivo.
L’approvazione di una norma fiscale ad hoc per soggetti provenienti dall’estero rappresenta un’interessante novità ed è stata accolta con grande curiosità all’estero, soprattutto in quei Paesi ove regimi simili hanno generato l’ingresso di significativi flussi di capitali (in primis Regno Unito, Portogallo e Malta). Più nel dettaglio, la Legge di Bilancio 2017 (Legge n. 232/2016) ha introdotto una flat tax sui redditi di fonte estera per i soggetti che trasferiscono in Italia la propria residenza fiscale. Come si avrà modo di specificare, l’agevolazione è decisamente importante, sostanziandosi nell’applicazione di un’imposta forfetaria di 100.000 euro per ciascun periodo d’imposta per la durata di 15 anni, a prescindere dai redditi effettivamente percepiti. Sono state inoltre previste esclusioni dagli adempimenti connessi al monitoraggio fiscale ed un regime di favore anche per quanto attiene alle donazioni e successioni, nonché semplificazioni per l’ottenimento dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno.
La novità in esame trova applicazione limitatamente alle persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia ed ai loro familiari, anch’essi soggetti alla medesima condizione. In tale ipotesi, questi soggetti potranno beneficiare della tassazione su base forfettaria dei redditi prodotti al di fuori del territorio italiano (ferma restando l’imposizione fiscale ordinaria sui redditi prodotti in Italia), alleviando significativamente il carico fiscale e, di fatto, derogando al regime ordinario vigente in Italia della c.d. worldwide taxation (i.e. il principio in forza del quale un soggetto fiscalmente residente in Italia viene tassato in Italia sul reddito globalmente prodotto). Conseguentemente, sarà sufficiente che i soggetti in questione si qualifichino residenti ai fini fiscali in Italia ai sensi della normativa italiana, ovvero: siano iscritti all’Anagrafe della popolazione residente in Italia, oppure abbiano in Italia il proprio domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile per la maggior parte del periodo dell’anno in oggetto.
Una volta verificatosi il trasferimento in Italia della residenza fiscale sarà inoltre necessario che si verifichi una seconda condizione perché i requisiti soggettivi previsti dal legislatore siano soddisfatti, questa volta relativa al periodo precedente l’arrivo nel Paese. Infatti, la norma richiede che gli individui interessati, prima di esercitare l’opzione, siano stati residenti all’estero ai fini fiscali, per almeno nove dei dieci periodi d’imposta precedenti a quello in cui trova applicazione per la prima volta il regime di tassazione forfettaria (i.e. il 2017). Inoltre, la norma troverà applicazione non solo nei confronti del richiedente ma anche rispetto ad uno o più dei suoi familiari (i quali saranno tenuti a versare al fisco italiano un’imposta sostitutiva di 25.000 euro all’anno sui redditi di fonte estera).
E’ di tutta evidenza che il regime in analisi, già declinato da altri Paesi europei quale strumento di competizione fiscale, rappresenta un’opportunità molto rilevante per le casse dello Stato. Basti pensare alle potenziali conseguenze post Brexit: qualora anche solo una parte dei soggetti che godono dello stesso regime di favore nella sua declinazione britannica (i.e., nel periodo 2012-2013, 114.800 individui) trasferisse la propria residenza fiscale in Italia, il gettito a favore dell’erario subirebbe un incremento decisamente notevole.
Cionondimeno, autorevoli commentatori hanno sollevato dubbi e perplessità circa la “tenuta” costituzionale della novella normativa. In particolare, ci si interroga sulla compatibilità della disposizione con i principi di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di capacità contributiva (art. 53 Cost.). In buona sostanza, alcuni commentatori ravvisano una palese disparità di trattamento poiché la nuova flat tax in commento tratterebbe in modo diverso situazioni che, dal punto di vista reddituale, sono identiche: da un lato la tassazione ordinaria e progressiva (che può giungere sino ad una aliquota marginale del 43%) per chi è sempre stato residente in Italia e produce redditi all’estero, dall’altra un’imposta fissa per soggetti facoltosi che abbiano assunto la residenza fiscale nel nostro Paese e producano allo stesso modo redditi fuori dall’Italia. Se la dottrina è incerta, la politica è oscillante: “la flat tax solo per i ricchi sembra una barzelletta” (Giorgia Meloni, FDI); “una discriminazione nei confronti degli italiani” (Renato Brunetta, FI); “non sarà la panacea, ma è un’ottima intuizione” (Matteo Colaninno, PD); “la flat tax è una stortura” (Francesco Laforgia, MDP).
Concludendo, il giudizio della misura non può che essere rinviato alla prova dei fatti e ad una seria e non ideologica riflessione giuridica.
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