Nella prima parte abbiamo raccontato come fu lasciata fallire Lehman e come, nella settimana successiva, furono salvate AIG e Merrill Lynch. L’intenzione era di salvare il salvabile in una cornice «mercatista». Il risultato è stato, invece, un salvataggio in una cornice «statalista». Qui raccontiamo il seguito – dal piano Geithner alle mancate riforme.


Quando Barack Obama s’insedia alla Casa Bianca, alla fine di gennaio, lo choc finanziario di settembre è già stato assorbito. Restano gli effetti collaterali, che annacquano il sogno che accompagna la marcia   trionfale del presidente americano. Da un lato c’è la Borsa: Wall Street continua a perdere, anche nel giorno in cui arriva Obama (1). Dall’altro ci sono i matrimoni forzati – soprattutto quello tra Bank of America e Merrill Lynch – che aprono la strada a inchieste del Congresso e pure della procura di New York (2).

Le principali banche, da lì a poche settimane, avrebbero annunciato profitti strabilianti, e così parte del loro gioco – non del tutto trasparente – sarebbe emerso. Il bailout deciso dall’amministrazione Bush e confermato dall’amministrazione Obama – 700 miliardi di dollari – era già stato speso, così le banche avevano sistemato i conti «drogati» dagli assets «tossici» senza dovere renderne conto a nessuno. Tanto che il governo sarebbe stato ben presto costretto a nominare un investigatore pubblico – che ancora indaga (3) – per capire se nella gestione dei fondi del governo ci fossero stati traffici non del tutto onesti.
 
A febbraio, nel momento in cui il ministro del Tesoro, Tim Geithner, annuncia, alla sua prima timida uscita, il piano di ristrutturazione del sistema finanziario (4) – del valore di un trillione e mezzo di dollari, con stress test e fondo privato-pubblico di salvataggio –, la Borsa volatilizza il 5 per cento del suo valore in un giorno. Basta interventi, implorano i mercati. Le commistioni privato-pubblico sono fuori controllo: il governo detiene il 40 per cento di Citigroup, oltre che il 70 per cento di AIG, di Fannie Mae e Freddie Mac, più altre partecipazioni in istituti di credito e assicurativi (per non parlare del settore automobilistico).

La mano di Washington è dentro Wall Street: tuttavia, se da un lato è stata invocata, dall’altro comincia a infastidire i banchieri, i quali non vogliono sottostare a quel sistema di regole (microregole, ma pur sempre regole) di trasparenza che il governo chiede come minimo ritorno dell’esborso richiesto ai contribuenti.
 
Gli economisti intanto – a  partire dal più pugnace, Paul Krugman (5) – iniziano a spazientirsi, dicono che il piano per le banche è ancora peggio del crollo delle banche stesse e auspicano aiuti per l’economia reale. Main Street è in subbuglio, e i politici temono la calata dal Midwest con i forconi in mano. I liberals al Congresso chiedono più soldi per le loro constituencies. Nell’insofferenza generale, cominciano a emergere i retroscena di quanto è accaduto a settembre. Il più clamoroso riguarda Bank of America e Merrill Lynch. Il capo di BoA, Ken Lewis, scopre di essere  stato preso in giro: Merrill Lynch ha quattro volte le perdite che erano state annunciate. Prova a smarcarsi, ma non ce la fa. La Fed e il governo sono inflessibili: l’accordo è fatto. Oggi Ken Lewis, che si è visto dimezzare i poteri all’interno della banca, rischia l’accusa di truffa finanziaria da parte degli azionisti cui non sono state fornite tutte le informazioni sullo stato di Merrill (informazioni che Lewis aveva).

Il sistema finanziario non è stato ancora risanato. Le campagne populiste sui bonus –  gli Stati Uniti si sono dotati di una legge per contenerli – sono finite in nulla e anche al G20 di Pittsburgh probabilmente non si raggiungerà alcun risultato. Goldman Sachs prevede bonus stratosferici, tanto che ha  messo in piedi una struttura di pubbliche relazioni (6) per vendere la notizia senza scatenare una rivolta. Le regole invocate per mesi non sono state ancora adottate, soprattutto non è stato finora possibile introdurre meccanismi di responsabilizzazione per i manager. Il che significa che, come ha scritto Andrew Ross Sorkin (7), nulla alla fine è davvero cambiato nel sistema finanziario, a parte le misure di emergenza e i matrimoni forzati.
[continua] 



(1) http://www.buzzle.com/articles/246715.html


(2) http://online.wsj.com/article/SB124050588176348711.html

(3) http://money.cnn.com/2009/04/21/news/economy/tarp_cop_barofsky/

(4) http://www.pbs.org/newshour/bb/business/jan-june09/stimulusrescue_02-10.html

(5) http://krugman.blogs.nytimes.com/

(6) http://www.thedailybeast.com/blogs-and-stories/2009-08-20/goldman-execs-blame-anti-semitism

(7) http://dealbook.blogs.nytimes.com/2009/09/08/a-breakdown-on-handling-big-failures/