I tre principali partiti inglesi (per ora, poi si vede dopo le europee), i Tory al governo con i Lib-Dem, e il Labour, hanno iniziato a preoccuparsi per la questione dell’indipendenza della Scozia. Il referendum è previsto per il 18 settembre, data carica di significati (1), ma mentre il fronte indipendentista del sì è già avanti con i lavori, e con i finanziamenti, essendo una missione per la quale si prepara da sempre, il fronte del no è piuttosto indietro.
Ha cercato di recuperare nelle ultime settimane, mettendo al centro del dibattito una delle questioni più delicate: la sovranità monetaria. Ha iniziato il governatore della Banca centrale inglese, Mark Carney, dicendo che la Scozia deve valutare bene la sua scelta: se vuole mantenere la sterlina come valuta, deve rinunciare a parte della sua sovranità, a partire dalle decisioni di budget (2).
Ha continuato poi George Osborne, cancelliere dello Scacchiere conservatore, che con un discorso molto preciso ha sostanzialmente detto: “No Union, no Pound”, se gli scozzesi vogliono rinunciare all’unione territoriale devono anche rinunciare all’unione monetaria (il testo del discorso è qui (3)). Anche Ed Balls, alter ego laburista di Osborne, è allineato, pure se il Labour ha cercato a lungo un modo per smarcarsi sia dai rivali conservatori sia dagli indipendentisti. E lo stesso vale per i liberaldemocratici del vicepremier Nick Clegg, che trova in questa battaglia uno dei pochi punti in comune con i suoi partner di coalizione. Per non togliere pressione, e continuare la controffensiva unionista, è intervenuto anche il presidente della commissione europea ormai a fine mandato, José Manuel Barroso, dicendo: “La Scozia indipendente avrà difficoltà a far parte dell’Unione europea”, e comunque un’adesione automatica va esclusa (4).
Naturalmente il fronte del sì, guidato dal coriaceo “premier” scozzese, Alex Salmond, leader del partito nazionalista Snp, ha reagito subito contro “i bulli di Londra”, dicendo che allora la Scozia non si prende nemmeno la parte del debito nazionale che ora grava sui suoi conti e ricordando che la Scozia, con i suoi cinque milioni di abitanti e il petrolio nel mare circostante, può ambire allo stesso status della Norvegia.
Ma la ritorsione, a Londra, è suonata un po’ debole: la Scozia rischia di perdere, in un solo voto, la sterlina e l’Europa, ne vale la pena? Alcuni, tra gli stessi indipendentisti, cominciano a pensare di no, e comunque invitano Salmond a strutturare un piano B che non sia un disastro economico – e di circolazione di beni e valute – per una nazione che ancora deve nascere. Per ora Salmond insiste con il piano A, e a Osborne ha fatto sapere che la sterlina è di tutti e quindi anche scozzese, l’unione monetaria non conviene soltanto alla Scozia, conviene principalmente a Londra. Ma le sue parole non suonano del tutto in sincrono con la sua storia, visto che spesso, in passato, ha detto cose tremende sulla sterlina, come nel 2009, quando ha detto che “la sterlina affonda come una pietra”.
Con tutta probabilità un piano B è in lavorazione, ma ancora non se ne capiscono i contorni, né i vantaggi (qui c’è la spiegazione di tutte le alternative (5)).
A guardare i sondaggi però la durezza di Londra sta facendo bene a Salmond e agli indipendentisti: il sostegno al sì è passato dal 32 per cento di gennaio al 38, il sostegno al no è sceso dal 52 per cento al 47. Il 16 per cento ancora non sa (6).
(1) http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/3222-scozia-percorsi-della-secessione.html
(2) http://www.bbc.co.uk/news/uk-scotland-scotland-politics-25930075
(3) http://www.newstatesman.com/politics/2014/02/george-osbornes-speech-scotland-and-pound-full-text
(4) http://www.ft.com/intl/cms/s/0/ad3dd392-96fb-11e3-809f-00144feab7de.html
(5) http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/3634-indipendenza-e-sovranit%C3%A0-monetaria.html
(6) http://uk.reuters.com/article/2014/02/20/uk-scotland-independence-poll-idUKBREA1J00I20140220
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