Un aggiornamento dell’impatto delle riforme strutturali attuate nel periodo 2008-2013 è fornito da una analisi di J.P. Morgan sui dati dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e del WEF (World Economic Forum). L’analisi considera due universi: a) la produzione e b) il lavoro.
Dal lato della produzione l’OCSE utilizza un indicatore, il PMR = Product Market Regulation, che misura le condizioni per l’attività imprenditoriale, il commercio e gli investimenti oltre al peso dello Stato nell’economia. Durante la crisi i paesi della zona euro hanno fatto notevoli progressi, soprattutto Grecia, Portogallo e Italia. Sui valori medi sembra non ci siano ormai grosse distanze tra la zona euro e altri paesi. Per fare un esempio, secondo i parametri OCSE la Corea ha il sistema produttivo più regolamentato in assoluto e decisamente più regolamentato di quello italiano.
Utilizzando i parametri del WEF, che misurano il grado di efficienza del sistema produttivo, si nota tra il 2008 e il 2013 un peggioramento per tutti i paesi, un effetto imputabile alle dinamiche della debolezza economica che ha caratterizzato gli ultimi sei anni. Nel caso italiano il calo di efficienza è tra i più contenuti, simile alla Svizzera, ma partendo da un valore che era e resta il peggiore dopo la Grecia.
Osservando il mercato del lavoro i dati OCSE segnalano, attraverso l’indicatore EPL = Employment Protection Legislation, dei forti miglioramenti per Portogallo, Grecia, Spagna e Italia. Attraverso questa visuale le differenze tra aree e paesi sono decisamente più marcate. Gli USA sono il paese con l’indicatore meno “protettivo” (valore 1) a fronte di una situazione della zona euro decisamente più regolamentata (media 2,59). All’interno della zona euro il paese con la legislazione del lavoro più protettiva è la Germania (valore 3,09). I valori italiani (2,87) sono leggermente inferiori ai tedeschi.
Il punto di reale debolezza dell’Italia risiede nella misurazione del WEF in termini di efficienza del mercato del lavoro. Il valore è il più basso del campione segnalando, nonostante gli evidenti miglioramenti legislativi, una vischiosità che impedisce di allinearsi ai livelli di efficienza di altri paesi. Il confronto con la Germania è significativo e conferma un consolidato luogo comune: nonostante il massimo grado di regolamentazione il livello di efficienza tedesco è tra i più elevati dell’euro zona e ha registrato ulteriori progressi nel corso della crisi.
Un ulteriore approfondimento sul tema della competitività italiana è stato recentemente sviluppato dal Fondo Monetario Internazionale (IMF, “European Productivity, Innovation and Competitiveness: The Case of Italy”, WP/14/79, Maggio 2014). Da questa analisi emerge la ben nota agilità dell’export italiano le cui potenzialità si scontrano con la rigidità del mercato dei beni e del lavoro, gli elevati costi per i network industriali e la relativa inefficienza del sistema giudiziario.
Le due analisi sembrano confermare la necessità non tanto di una maggiore quantità di strumenti regolatori, di cui sembra l’Italia sia sufficientemente dotata rispetto ad altri paesi, ma piuttosto una diversa qualità ed incisività delle norme ed un utilizzo più efficace degli strumenti a disposizione.
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