Il titolo di stato tedesco a lungo termine rende il 3%. Chi lo compra (chi se lo tiene è come se lo comprasse) ottiene un rendimento reale (al netto dell’inflazione, che possiamo immaginare intorno al 2% – l’obiettivo della Banca Centrale Europea) lordo (inclusivo delle imposte) intorno all’1%. Un rendimento piuttosto modesto per un titolo che scade in un decennio. Eppure ha i suoi acquirenti. Come mai? Uno potrebbe guadagnare più dell’1% solo se il rendimento scendesse (guadagnerebbe in conto capitale e non in conto reddito; le cedole sono fisse e quindi un’obbligazione, per ridurre il rendimento, deve salire di prezzo). E potrebbe scendere nell’aspettativa di una nuova ondata di paura sul debito dei paesi europei mal messi. Ondata di paura che spingerebbe a comprare il debito tedesco, ciò che ne farebbe salire il prezzo. Oppure, in caso di scomparsa dell’euro nella sua forma attuale, si avrebbe una rivalutazione dell’obbligazione tedesca in monete terze per il ritorno del marco. Questi però sono eventi estremi. Uno allora potrebbe potrebbe spostarsi verso il debito statunitense. Esso ha lo stesso rendimento di quello tedesco, ma con i conti pubblici molto mal messi. Dunque non si ha un’alternativa. Se non si vogliono correre rischi, si accetta il modesto rendimento tedesco. Ma il rischio c’è lo stesso. Potrebbe essere un equilibrio temporaneo. Se, infatti, i problemi dell’Europa si risolvessero e questa per di più riprendesse a crescere, i rendimenti sul debito tedesco salirebbero, ossia il Bund avrebbe un prezzo inferiore.
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