Nel 1661 la banca centrale svedese fu la prima in Europa ad emettere banconote, ovvero moneta non metallica ma cartacea. Nel 2016 la Svezia si è posta l’obiettivo di eliminare il contante entro il 2030 seguendo i dettami del libro “The Cashless Society” del Royal Institute of Technology. I bambini svedesi possono richiedere la carta di credito al compimento del settimo anno mentre persino in chiesa si versa l’obolo con il POS (=Point of Sale). I bancomat sono stati praticamente eliminati e nei negozi compare ormai ovunque la scritta "Vi hanterar ej kontanter" ("Non si accetta contante").
Dall’altro lato del mondo, in India, si sta verificando un fenomeno analogo. Il governo indiano ha eliminato le banconote di grosso taglio ed impedisce la loro conversione oltre un certo modesto importo. Rispetto alla Svezia le difficoltà generate da questa scelta sono maggiori in India per l’utilizzo ancora numericamente dominate delle transazioni fisiche e la scarsissima diffusione delle transazioni elettroniche. Infatti, in India solo il 2% delle transazioni sono elettroniche contro il 59% della Svezia (100% nel 2030…) (*).
Attualmente circa l’85% delle transazioni mondiali avviene in contanti sebbene negli ultimi quindici anni l’evoluzione del pagamento elettronico sia cresciuta più che nei precedenti centocinquanta anni. Le ragioni che muovono verso la riduzione dell’uso del contante sono legate non tanto al costo del mantenimento delle banconote, peraltro significativo, ma prevalentemente per contrastare la criminalità organizzata e le frodi fiscali.
Nel caso svedese l’idea dell’abolizione totale sembra essere un lato estremo del percorso. Nel caso indiano l’obiettivo è dichiaratamente quello di contrastare le transazioni illecite e la scarsa base fiscale che impedisce di sostenere le spese delle istituzioni ed il finanziamento delle infrastrutture di un paese in forte crescita e con una popolazione particolarmente numerosa. E’ altrettanto comprensibile che Singapore sia in cima alla classifica delle nazioni dove i consumatori sono più avvezzi al pagamento elettronico.
L’abolizione dell’uso del contante è possibile che trovi un limite fisiologico oltre il quale si potrebbero correre rischi di complicazione superiori alla semplificazione ed ottimizzazione ricercata. Ma si parte da livelli talmente elevati di transazioni fisiche rispetto alle elettroniche che ci vorrà parecchio tempo prima che possa rallentare la tendenza. A questo proposito si può pensare che ci siano almeno due aspetti rilevanti.
Il primo è puramente tecnologico. L’affidabilità dei processi di pagamento elettronico è ovviamente la conditio sine qua non per ridurre l’utilizzo del pagamento fisico. Al netto di virus e hacker sparsi per il mondo, l’evoluzione della scienza informatica è chiamata a garantire gli aspetti prevalentemente tecnici della questione. La crescente e diffusa fiducia nella capacità della scienza di affrontare e risolvere problemi una volta affidati a criteri più empirici rappresenta una buona base per il successo nella diffusione dei pagamenti virtuali.
Il secondo aspetto è il più delicato perché coinvolge non tanto la fiducia nella tecnologia ma bensì nelle istituzioni che devono tutelare e custodire i nostri soldi (elettronici). Premesso che i narcotrafficanti e i loro compari di altre branche malavitose sono in prima fila nel difendere strumenti (come il contante) che possiedono l’innata virtù dell’omertà, la vera scommessa risiede nella costruzione di un (tecnologicamente rinnovato) rapporto di fiducia con i consumatori/depositanti che, oltre ad essere la base stessa del mestiere di banchiere insieme alla vituperata virtù della discrezione, diventa condizione ancora più determinante se la riduzione della fisicità delle transazioni vuole essere uno strumento di difesa contro i reati finanziari e non.
(*) http://www.mastercardadvisors.com/_assets/pdf/MasterCardAdvisors-CashlessSociety.pdf
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