Si discute apertamente se l’inflazione sia una minaccia o una possibile soluzione. La discussione è fra gli economisti di vaglia. Martin Feldstein (1) è nel campo della minaccia, mentre Greg Mankiw (2) e Paul Krugman (3, 4) sono nel campo della possibile soluzione.


La discussione rileva per gli investimenti. La discussione sull’inflazione l’avevamo iniziata poco tempo fa (5). Per sintetizzare quanto dice Feldstein, e seguendo Carl Thoma (6): abbiamo, sul lato sinistro dell’equazione, la spesa pubblica (in beni e servizi, cui si aggiunge il pagamento degli interessi sul debito) meno le entrate fiscali, e, sul lato destro, il finanziamento della differenza. Se si ha deficit, la banca centrale accresce l’offerta di moneta e il Tesoro emette nuove obbligazioni: G – T = ΔM + ΔB.
 
Negli Stati Uniti la banca centrale sta comprando una quota modesta del debito pubblico, e quindi monetizza in parte la sua crescita. Se non lo comprasse, il Tesoro emetterebbe nuove obbligazioni che solo il pubblico comprerebbe, riducendo la moneta in circolazione. Dov’è il punto? Oltre ai titoli del Tesoro, la banca centrale compra anche le obbligazioni private, fra cui quelle «tossiche». Quando arriverà la ripresa, la banca centrale dovrebbe vendere ai privati i titoli del Tesoro e le obbligazioni «tossiche» in cambio di moneta. La moneta creata alla fine scompare. Che cosa avverrebbe se le banche non volessero comprare le obbligazioni «tossiche», un tempo cedute alla banca centrale, se non a prezzi di saldo? La banca centrale dovrebbe vendere molte obbligazioni del Tesoro, che però potrebbe non avere, per togliere dalla circolazione la moneta.

I rendimenti delle obbligazioni a lungo termine possono non salire se e solo se: A) il deficit pubblico nel lontano futuro va in surplus, ossia le spese crescono poco e le entrate molto, per anni; a quel punto il Tesoro ritira le obbligazioni in circolazione. Si riduce la loro quantità e quindi non è necessario avere prezzi in flessione fin da oggi per collocarle. B) la banca centrale ritira la moneta in eccesso.
 
Il deficit statunitense – a legislazione invariata – dovrebbe invece essere per anni molto alto, e il debito pubblico di conseguenza dovrebbe crescere fino all’80% del reddito nazionale (7). Dunque la legislazione da «invariata» deve, se non vogliamo avere rendimenti in ascesa, diventare alla fine «variata». Qui siamo nell’analisi politica. Altrimenti la strada, se escludiamo uno shock che faccia crescere l’economia oltre misura, è quella di una spesa monetizzata in parte dalla banca centrale. L’indipendenza della banca centrale deve allora essere messa in discussione (8).
 
Che cosa dicono gli economisti favorevoli all’inflazione? Essa, se tenuta sotto controllo, ossia se non sale troppo, dovrebbe spingere alla maggior spesa, così contribuendo all’uscita dalla recessione. Se so che comprando un titolo di stato guadagno zero, e se so che l’inflazione è del 5%, so anche che perderò il 5% ad averlo. Allora spendo. Questo migliora le cose, ma in ogni caso i rendimenti richiesti salgono.
 
Comunque sia – l’inflazione come minaccia o come soluzione – i rendimenti delle obbligazioni a lungo termine dovrebbero salire, e quindi i loro prezzi scendere, a meno - ed è il solo caso - che non ci sia sicurezza fin da oggi che in futuro la spesa pubblica andrà sotto controllo.


(1) http://www.ft.com/cms/s/0/ae436dbc-2d09-11de-8710-00144feabdc0.html

(2) http://www.nytimes.com/2009/04/19/business/economy/19view.html

(3) http://krugman.blogs.nytimes.com/2009/04/19/is-inflation-the-answer/

(4) http://web.mit.edu/krugman/www/japtrap.html

(5) http://www.centroeinaudi.it/ricerche/l-iinflazione-nei-paesi-sofisticati.html

(6) http://economistsview.typepad.com/economistsview/2009/04/feldstein-inflation-is-looming.html

(7) http://www.centroeinaudi.it/notizie/la-solidità-dei-bilanci-pubblici.html

(8) http://www.centroeinaudi.it/commenti/commento-settimanale-xi.html