Nell’Euro-zona il progetto di Unione Bancaria è stata presentato come un necessario complemento della moneta unica con l’obiettivo di dar vita a un quadro finanziario integrato per salvaguardare la stabilità finanziaria. E rompere il circolo vizioso tra crisi bancarie e crisi sovrane che ha reso in gran parte inefficace la trasmissione della politica monetaria nell’Euro-zona. A ciò contribuirà il Meccanismo di Vigilanza Unico, MUV, attraverso l’adozione di regole e pratiche di vigilanza omogenee in grado di evitare, tra le altre cose, pratiche tolleranti da parte delle autorità dei singoli paesi.
Al di là dei dubbi sul possibile conflitto di interessi in ordine all’affidamento a una stessa istituzione la politica monetaria e la supervisione bancaria, l’attenzione è rivolta a cercare di trovare una soluzione su come integrare o armonizzare un sistema centralizzato che affida alla BCE la responsabilità ultima della vigilanza con il processo di revisione e valutazione prudenziale (SREP) previsto dall’accordo di Basilea 3.
Si tratta di una valutazione da parte delle autorità di vigilanza nazionali volto ad accertare che le banche ed i gruppi bancari si dotino di presidi di natura patrimoniale ed organizzativa appropriati rispetto ai rischi assunti. Un confronto fra la banca e le stesse autorità, affinché di fronte ad eventuali divergenze rispetto alle indicazioni che scaturiscono dal sistema di analisi aziendale, possano essere presi provvedimenti rapidi ed efficaci.
Allo stato c’è infatti una notevole eterogeneità nelle procedure di supervisione applicate dalle autorità di vigilanza nazionali nel processo di revisione e valutazione prudenziale (SREP) e nei sistemi di Risk assessment System – RAS (1). Si tratta di differenze che rendono difficilmente comparabili le valutazioni degli intermediari effettuate nelle varie giurisdizioni.
Il “nuovo SREP”, una metodologia comune, applicabile a partire dal 1° Gennaio 2016, che nelle intenzioni del MUV dovrebbe quindi armonizzare i diversi approcci nazionali, adotterà un sistema integrato nella valutazione dei profili di rischio degli intermediari. E questo sulla base di un’ampia serie di informazioni rivenienti dal RAS, sui risultati delle prove di stress top-down, sulla rivisitazione dei processi interni di valutazione dell’adeguatezza del capitale – ICAAP (2) e della liquidità delle banche - ILAAP (3) .
Eppure, nel percorso di adeguamento della nuova normativa alle prassi di vigilanza, la questione dell’individuazione di criteri comuni per definire le attività ammissibili nel buffer di liquidità che gli intermediari saranno chiamati a detenere, resta aperta. L’obiettivo è quello di rendere le banche meno dipendenti dai finanziamenti a breve termine e in grado di sopportare l’eccesso di deflussi di liquidità.
Muove da questa consapevolezza l’atto delegato del 10 ottobre 2014 con cui la Commissione ha voluto definire con maggiore dettaglio l’indicatore di Liquidity Coverage ratio – Lcr (4), ed ascoltare, a quanto sembra, le voci di chi da tempo sostiene che un’eccessiva omogeneizzazione delle regole rischia di rallentare l’operatività e trascurare le diverse peculiarità operative e nazionali. Perché mentre Basilea 3 si concentra su gruppi di attività altamente liquidi in tutti i paesi interessati, l’atto delegato propone una serie di modifiche che tengano conto delle specificità dei sistemi bancari dei paesi dell’Unione.
Secondo questo approccio alcune attività più di altre dovrebbero essere considerate, dopo un’attenta analisi, “meritevoli” di essere inserite nel buffer - (5). Il piano prevede anche una sorta di riabilitazione per le tanto temute operazioni cartolarizzate, alcune delle quali garantite da attività come quelle legate ai mutui sub prime, che sono stati il fattore scatenante della crisi finanziaria del 2008. La Commissione è arrivata alla conclusione che una tale generalizzazione non può essere estesa a tutte le attività cartolarizzate ed invita a ricomprendere nel buffer di liquidità quegli strumenti effettivamente compatibili con l’obiettivo dell’indicatore LCR- (6). E gli impatti sia sulla gestione bancaria sia nel rapporto banche e imprese?
Insomma il “nuovo SREP” e la revisione dell’indicatore LCR sembrano quindi rispondere all’esigenza di evitare che l’armonizzazione dei requisiti di capitale penalizzi proprio quei sistemi in cui la regolamentazione e la vigilanza risultano più severi ed efficienti, oppure quelli in cui la redditività e le dimensioni delle banche sono minori. Rimane comunque la sensazione che il meccanismo di vigilanza unico sia l’estremo tentativo di porre rimedio alle contraddizioni di Basilea 3 e alla scarsa adesione da parte dei paesi europei, e non solo.
1 Il RAS è un sistema volto alla valutazione dei singoli profili di rischio degli intermediari (rischio strategico e di redditività, rischio di credito e di controparte, rischio di tasso di interesse, rischio di mercato, rischio operativo, sistemi di governo e controllo, rischio di liquidità e adeguatezza patrimoniale.
2 Internal Capital Adequacy Assessment Process.
3 Internal Liquidity Adequacy Assessment Process.
4 La regola del Liquidity coverage ratio (Lcr) prevista da Basilea 3 ha l'obiettivo di far costituire alla banca una riserva di liquidità che le garantisca la sopravvivenza in caso di stress. Occorre avere risorse facilmente vendibili pari alla raccolta necessaria per 30 giorni.
5 In particolare la BCE ritiene che quei covered bond che hanno dimostrato ottime performance di liquidità debbano essere incluse tra i Level 1 assets. E dopo apportuni haircut, anche le obbligazioni convertibili con rating inferiori o senza rating.
6 Nell’atto delegato viene prevista la graduale adozione del coefficiente di copertura secondo il seguente calendario: dal 1 ottobre al 31 dicembre 2015 = 60%; dal 1 gennaio al 31 dicembre 2016 = 70%; dal 1 gennaio al 31 dicembre 2017 = 80%; dal 1 gennaio 2018 = 100%.
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