Gli interventi di carattere emergenziale in corso non possono prescindere da una crescita economica che faccia leva sulla cultura.

I LIBRI AL TEMPO DEL COVID-19
Gli editori riducono le tirature, rimandano le uscite; eventi annullati e naturalmente librerie in lockdown che, tuttavia, in molti casi propongono iniziative legate ai social per mantenere un legame con i lettori/clienti, insieme a scrittori, case editrici, blogger. Solo e-book, ‘audible’ (i libri da ascoltare) ed e-commerce - con qualche rallentamento nelle consegne - restano a portata di mano e sicuramente possono avvicinare, in questo contesto, nuovi clienti che prima non avevano una motivazione per venire attratti da questo mondo.
Tuttavia le prime stime numeriche sono impietose. A fine marzo 2020 Ricardo Franco Levi, presidente dell'Associazione Italiana Editori, lancia l'allarme appellandosi al governo, segnalando un calo del volume di affari del 70-75%.
In prospettiva sull’anno 2020, si ipotizzano 18.600 titoli pubblicati in meno, 39,3 milioni di copie che non saranno stampate, 2.500 titoli che non saranno tradotti.

Ma vediamo più da vicino gli ultimi dati disponibili di questo settore.
Secondo il Rapporto “Io sono cultura 2019” di Fondazione Symbola e UnionCamere, il Sistema Produttivo Culturale e Creativo contribuisce al valore aggiunto italiano per oltre 95,8 milioni di euro, assicurando il lavoro a oltre 1,55 milioni di addetti e, per ogni euro così prodotto, ne vengono attivati 1,8 in altri settori, per un cifra complessivamente pari a 169,6 miliardi. Questi numeri confermano il ruolo della cultura come motore trainante dell’economia italiana e la funzione svolta dalla creatività nel concorrere a promuovere una crescita centrata sulla qualità e sulla valorizzazione delle identità (o soft economy). Più specificatamente, all’interno dello scenario delineato è il settore editoriale a collocarsi tra i primi posti dell’industria culturale del Paese e ad essere chiamato ad affrontare molte nuove sfide, a fronte dei cambiamenti sociali e legislativi in atto. Per la prosperità editoriale futura, a cataloghi di contenuto da valorizzare opportunamente negli store on-line, occorrerà soprattutto affiancare un modo innovativo di offrire e far fruire i libri.

QUAL È LO STATO DELL’EDITORIA IN ITALIA PRIMA DEL COVID-19?
Il Rapporto AIE (2019) dà conto di un mercato (Figura 1) con un fatturato di 3.170 miliardi di euro, sempre più internazionale (le vendite all’estero dei diritti di edizione registrano un +9 per cento) e in crescita (+2,1 per cento), anche per il numero di imprese attive (+1,4 per cento) e per il numero di titoli pubblicati (+9,8 per cento) e commercialmente vivi (+10,1 per cento).
Nel 2019, infatti, le case editrici che hanno pubblicato almeno un titolo sono state 4.972 e i titoli pubblicati sono stati 78.875, con una crescita che interessa tutti i macro-generi (per i volumi specialistici e i manuali si registra rispettivamente un +15,8 per cento e un +6,3 per cento, mentre ad esempio per i libri per ragazzi si registra un +5,9 per cento – Figura 2) e anche il numero degli e-book editi (-17,2 per cento) in calo è ascrivibile all’aumento delle produzioni self publishing (pari al 22,8 per cento del totale).
Per assicurare vitalità al settore (Figura 3), non sono mancati gli interventi legislativi, ad esempio con la Legge 198/16 è stato istituito un Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, anche a sostegno dell’editoria, cui affluiscono sia risorse statali che somme derivanti dal contributo di solidarietà (0,1% del reddito complessivo annuo) di concessionari, società ed intermediari della raccolta pubblicitaria, oltre a 125 milioni annui tratti dalle maggiori entrate versate all’Erario a titolo di canone Rai. Più recentemente, la Legge di Bilancio 2020 ha incrementato di 20 milioni di euro annui il Fondo per la concessione di contributi a favore delle scuole statali e paritarie e di alcune categorie di studenti, per l’acquisto di abbonamenti a quotidiani, periodici e riviste scientifiche e di settore.

IN ITALIA CI SONO LETTORI?
A fronte di tanta offerta di prodotti culturali e con prezzi medi di copertina che risultano stabili nell’ultimo triennio e inferiori di quasi tre euro rispetto a dieci anni fa, un’analisi delle abitudini di lettura in Italia rispetto agli altri Paesi (Figura 4 e Figura 5) e i dati Istat del 2019 mostrano che circa 24 milioni di persone (il 42% di quelli con età superiore ai 6 anni) hanno letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi, ma si tratta di valori in diminuzione viste le serie storiche dell’ultimo quinquennio. In Italia, i lettori forti ,ovvero coloro che leggono in media almeno un libro al mese, sono il 13,7% (l’anno precedente alla rilevazione erano invece 14,4%), mentre un lettore su due (45,5%) si identifica come lettore debole, leggendo in un anno meno di tre libri, e complessivamente il 9,1% delle famiglie non ha alcun libro in casa. Al Sud, nelle Isole e tra i cittadini stranieri poi la lettura risulta ancor meno diffusa: solo una persona su tre afferma di aver letto un libro nell’ultimo anno (rispettivamente il 28,8%, il 33,1% e il 37,8%).
Un orientamento del tipo descritto è l’anticanera dell’analfabetismo funzionale, un fenomeno che, secondo le rilevazioni Ocse, in Italia interessa oltre il 47% della popolazione e colpisce soprattutto i giovani e ancor più i NEET. Per scongiurare la diffusione dell’incapacità di utilizzare in modo efficiente le abilità di lettura e quindi di scrittura nelle situazioni della vita quotidiana è certamente insidpensabile disporre di luoghi ad hoc ove sia possibile apprendere e corroborare tali competenze, come le librerie e le biblioteche. A riguardo, una ricognizione nazionale condotta dall’Università La Sapienza di Roma (Figura 6 e Figura 7) ha rilevato che nel Centro-Nord si trova una libreria ogni 12.500 abitanti e ogni 57 chilometri quadrati, mentre nel Mezzogiorno se ne trova una ogni 16.500 abitanti e ogni 98 chilometri quadrati. Così, nel 60% del territorio italiano non vi è neppure una libreria e la più vicina dista almeno mezz’ora in auto (ben oltre la soglia di accessibilità e tale da configurare il fenomeno di book desert). In queste aree interne, poco urbanizzate e povere anche di altri servizi essenziali vivono 10 milioni e 200 mila persone (il 17% della popolazione) in evidente situazione di svantaggio rispetto al resto del Paese.
Il fatto che accedere ad un bene sia costoso o complesso comporta anche il rischio che i consumatori adottino delle soluzioni illecite, come i fenomeni di pirateria. In Italia, secondo le rilevazioni Ipsos (2020), questo tipo di pratica (che interessa in primis gli studenti universitari e i professionisti in misura pari rispettivamente all’80 per cento e al 61 per cento) sottrae ogni anno 528 milioni di euro al settore dell’editoria, con una perdita complessiva per il Paese pari a 1,3 miliardi di euro e con la mancata occupazione di 8.800 persone nella filiera e nell’indotto.
In più, va citato il gap di genere, un fenomeno già esaminato in altre schede e che si riscontra anche nell’editoria e ne amplifica gli ambiti in cui si rendono necessari degli interventi. Se il 48,6% delle donne sono lettrici contro l’equivalente maschile pari solo al 35% (Istat, 2019.), infatti, tra gli impiegati nel mondo editoriale le donne restano relegate alle funzioni di editor o traduttrici (un ambito definito all’interno del settore in termini di “cucina editoriale”) e lo scrivere rimane di fatto un mestiere maschile, visto che solo il 38,3 per cento degli autori è di genere femminile (dati AIE).

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Lasciando per un attimo da parte gli interventi di carattere emergenziale in via di strutturazione in queste settimane della primavera 2020, di cui si potrà ragionare più avanti, all’interno dello scenario illustrato sugli ultimi dati disponibili si possono fare alcune considerazioni di carattere più strategico, per innescare una crescita economica che faccia leva sulla cultura. Un primo intervento dovrebbe riguardare l’aumento del numero di lettori nel futuro. Al riguardo conforta sapere che, secondo i dati Istat citati, oltre il 50% dei lettori italiani si colloca nella fascia di età 11-19 anni e che, secondo i dati Ipsos citati, l’84 per cento della popolazione a partire dai 15 anni è consapevole che la pirateria editoriale è illecita per la legislazione italiana.
Per far di più e corroborare l’abitudine alla lettura e quindi il successo del settore editoriale, i libri on-line o gli e-book (l’8,2% della popolazione negli ultimi mesi ne ha letto o scaricato almeno uno) potrebbero costituire un rimedio a situazioni in cui accedere fisicamente a librerie o biblioteche risulti complesso o si risolva con soluzioni illegali, ma l’efficacia di questa tipologia di prodotti potrebbe venire ridotta dalla recente legge che fissa al 5% (contro il precedente 15%) il limite massimo dello sconto sul prezzo dei libri praticabile dalle piattaforme digitali. Pure intervenire sulla attrattività dei presupposti infrastrutturali è un passo utile per contenere le differenze tra aree geografiche di cui si è detto e ciò potrebbe, ad esempio, avvenire promuovendo la creazione di gruppi di lettura (secondo il censimento della Rete dei Gruppi di lettura nella sola area di Milano vi sono 166 gruppi di lettura e vi sono anche numerose sperimentazioni di gruppi on-line, che hanno il pregio di assicurare ritmo e regolarità nella lettura anche nelle aree di book desert). Anche gli store on line e le nuove tecnologie di stampa digitale consentono una maggior offerta di titoli, ma al momento sono ancora poco diffusi (secondo l’AIE sono utilizzati solo dal 28 per cento delle lettrici e dal 31 per cento dei lettori) e comunque presuppongono un buon catalogo alla base. Inoltre si può dire che minori barriere all’accesso lungo la filiera scouting-stampa e lo sviluppo di soluzioni print on demand integrate nella filiera consentono produzioni anche piccole, oltre a soluzioni di ristampa just in time.
Quali che saranno i piani concretamente attivati, considerata l’emergenza in cui si trovano l’Italia e il mondo intero, intervenire sui temi illustrati è certamente importante, visto anche che lettura e partecipazione sociale vanno di pari passo; fra i lettori le percentuali di chi coltiva altre attività culturali o pratica sport è infatti più elevata che tra i non lettori, a ribadire lo storico legame fra mente sana e corpo sano