La Nigeria ha grandi risorse e un'enorme forza lavoro, ma resta un paese molto disomogeneo e finora incapace di superare i gravi problemi che lo affliggono

A inizio 2011 parlavamo della Nigeria come di un Paese molto popoloso e la cui economia, tra le prime africane, si basa principalmente sulla produzione ed esportazione del petrolio. I problemi erano legati ad una serie di fattori tra i quali povertà, instabilità politica, violenza di alcune frange, corruzione e malattie (solo per citare alcuni dei principali). Da allora, cosa è cambiato?

Cominciamo dalla pagina politica. Intanto, a seguito delle elezioni di aprile 2015, Muhammadu Buhari è il nuovo presidente, essendo stato eletto con circa 15 milioni di voti contro i 13 milioni del presidente uscente, Goodluck Jonathan. Il voto del 2015 è importante nella storia recente del Paese poichè per la prima volta un politico dell'opposizione è salito al potere dopo legittime elezioni. Per la Nigeria, un nuovo presidente quindi. Chi è Buhari? Settantaduenne musulmano originario della regione più povera del Paese, è un politico che "non si scoraggia" facilmente, essendosi presentato alle elezioni tre volte prima del 2015 ed essendone uscito sempre sconfitto: nel 2003 contro Olusegun Obasanjo, nel 2007 contro Umaru Yar'Adua e nel 2011 contro Jonathan. Una volta, però, era già stato al governo del Paese: tra il 31 dicembre 1983 e il luglio 1985 a seguito di un colpo di stato e dopo una lunga dittatura militare, Buhari impose la sua "guerra all'indisciplina", si impegnò nella lotta alla corruzione (perenne piaga nigeriana) e pose in essere una politica protezionistica con risultati "discutibili".

Le prime immagini della Nigeria che ci sovvengono sono di cronaca, nera purtroppo. Abbiamo chiari ancora negli occhi servizi giornalistrici e fotografie delle devastazioni causate dalle milizie terroristiche di Boko Haram (il cui nome si può tradurre come "la cultura occidentale è peccato"), quando nel gennaio 2015 la distruzione di 16 villaggi e della città di Baga causarono 2000 morti, secondo le stime di Amnesty International. Questo fu il peggiore massacro condotto da Boko Haram. Purtroppo però ricordiamo anche bombe presso luoghi pubblici, bambini kamikaze, villaggi rasi al suolo, centinaia di studenti rapiti e altro ancora. Boko Haram è una organizzazione terroristica jihadista, diffusa per lo più nel nord della Nigeria. Si compone di un esercito ben organizzato, con un forte seguito sul territorio e l'obiettivo di istaurare la shari'a.

Dal punto di vista economico e sociale, il Paese è il più popoloso dell'Africa (oggi sfiora i 180 milioni di abitanti), con la prima economia del continente in termini assoluti di Pil, con 522 miliardi di dollari, davanti anche al Sud Africa e all'Egitto. L'ultimo balzo in avanti è stato fatto nel corso del 2014, quando il National Bureau of Statistics nigeriano effettuò una revisione della base di calcolo (aggiornandola dal 1990) che ha portato all'aggiunta di 13 settori, come le telecomunicazioni, precedentemente esclusi. Si scopre, con la nuova base statistica, che il settore oil&gas resta sì uno dei principali (la Nigeria – Figura 1 – è il tredicesimo produttore mondiale), ma l'economia appare ora più diversificata con importanti risorse rivenienti oltre che dall'agricoltura anche dal manifatturiero (specie nel "food") e settori in cui in precedenza non vi era una documentazione statistica (telecomunicazioni su tutti). Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale (Figura 2) il Pil della Nigeria nel 2015 avrà un tasso di crescita piuttosto sostenuto, pari al 4,8%, ed un'inflazione del 9,8% piuttosto in linea con gli altri Paesi esportatori di petrolio dell'Africa Sub Sahariana. Al contrario di questi, però, riesce a migliorare il saldo corrente della bilancia dei pagamenti (Figura 3) evidenziando un surplus nel 2015 che le proiezioni per il 2016 (Figura 4) dovrebbero confermare se non rafforzare.

È una economia però in cui non è facile per un investitore straniero fare business (Figura 5) e che è pervasa, come accennato, dalla corruzione. I casi sono molteplici e riguardano non solo esponenti locali (uno degli ultimi esempi riguarda funzionari della Banca Centrale Nigeriana) ma anche grandi multinazionali legate al settore petrolifero, recentemente messo a subbuglio dallo sciopero dei distributori che per circa un mese si sono opposti al prezzo fisso del carburante imposto dal governo. Alla fine è stato trovato un accordo, ma fra maggio e giugno 2015 l'economia del Paese ha rallentato ed i servizi pubblici e privati hanno subito forti disagi: basti pensare che anche le abitazioni dipendono da generatori a diesel poichè l'energia elettrica prodotta dalla Nigeria non è sufficiente a soddisfare il fabbisogno complessivo della popolazione. Il settore del petrolio è naturalmente fortemente influenzato dalle fluttuazioni del prezzo (Figura 6): la sua recente caduta ha determinato forti pressioni al ribasso del cambio tanto da fare perdere alla valuta locale solo nell'ultimo anno un quarto del propro valore nei confronti del dollaro USA, con interventi della Banca Centrale a sostegno ai fini di stabilizzare il cambio.

E proprio il petrolio è stato motivo di disastri ambientali causati da perdite dell'"oro nero" specialmente nel Delta del Niger con gravi danni ecologici e per la salute. Le multinazionali incolpano le bande locali di furti e ruberie; le comunità locali sottolineano la inadeguatezza degli impianti vecchi e scarsamente manutenuti. Di certo, la situazione si è fatta complicata per la popolazione che vive nel delta del Niger: l'aspettativa di vita è di circa 40 anni e buona parte delle famiglie vive al di sotto della soglia della povertà, problema più volte denunciato da Amnesty International e dalla comunità internazionale.

A proposito di sanità, la Nigeria ha alcuni tristi primati. È infatti al mondo uno dei Paesi in cui si riscontrano più casi di malaria (Figura 7) all'anno: secondo il World Malaria Report 2014 redatto annualmente dalla World Health Organization ci sono 37 milioni di infetti in Nigeria (2013). Il dato è migliore rispetto al 2000 quando erano 47 milioni, ma di certo ancora lontano da numeri accettabili. Lo stesso può dirsi se verifichiamo le statistiche relative ai bambini infetti tra 2 e 10 anni. Basti pensare che al mondo la Repubblica Democratica del Congo e la Nigeria insieme concorrono per il 39% delle morti mondiali di malaria e il 34% di nuovi casi nel 2013. Oltre alla malaria, l'AIDS è un'altra grave piaga: la Nigeria ha il secondo numero più alto di nuovi infetti all'anno (Figura 8) e vi è una percentuale complessiva del 3,7% della popolazione che vive con l'HIV. Tale dato è molto diversificato territorialmente (Figura 9) tanto da raggiungere nello Stato all'estremo sud denominato "Rivers" addirittura il 15% (scritto in altri termini uno su sette ha l'HIV!). Negli ultimi anni sono state adottate politiche volte alla prevenzione che hanno portato alcuni risultati tangibili ma non ancora sufficienti: il numero di nuovi infetti all'anno si è ridotto negli ultimi cinque anni del 24%, con 220.000 nuovi casi accertati nel 2013 contro quasi i 290.000 del 2009.

In conclusione, la Nigeria ha grandi risorse: pensiamo al petrolio e all'enorme forza lavoro giovane che il Paese esprime (circa 110 milioni di nigeriani ha meno di 24 anni pari al 62,5% della popolazion complessiva), ma resta un paese molto disomogeneo. La ricchezza del petrolio se gestita malamente può essere addirittura dannosa allo sviluppo delle regioni in cui viene estratto: pensiamo alla salubrità dei territori e alla violenza che può essere scatenata per sottrarlo alle multinazionali. Il Paese è diviso in due dal punto di vista religioso: il Nord è prevalentemente musulmano, il Sud cristiano e animista. Alcune piaghe come la malaria e l'AIDS sono una costante minaccia e una sfida da vincere. Le organizzazioni terroristiche trovano terreno fertile e continuano a fare proseliti facendo forza sul malcontento diffuso e una misera prospettiva di vita per molti. Lo slogan del presidente Buhari è "Change!". La lotta ai movimenti terroristici, gli investimenti per porre fine alla costante carenza energetica, il rilancio dei settori agricolo e minerario al fine di creare maggiore occupazione possono essere punti in agenda cruciali per provare ad avviare un cambiamento che facile non è. Possibile?