È aumentata la quota di investitori che risparmia per motivi precauzionali (45% da 40%) e per acquistare casa (15% da 11%) ma gli italiani conoscono più le caratteristiche dei bitcoin che quelle delle obbligazioni e una delle principali motivazioni per investire in criptovalute è quella di “guadagni facili” (ma questo prima dei crack dell’autunno scorso). Resta il fatto che, se viene meno la presenza di un consulente finanziario, il 50% dei risparmi resta saldamente rinchiuso nei conti correnti e nei depositi postali (detenuto anche da chi ha buona conoscenza del mercato finanziario) seguiti dai fondi comuni (29%). Peraltro, il 43% dei risparmiatori detiene un solo prodotto finanziario in portafoglio, rappresentato da certificati di deposito o buoni fruttiferi postali nel 51% dei casi.
Un campione quasi tutto maschile
È quanto emerge dal Rapporto 2022 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, realizzato da Gfk Italia per conto della Consob, che analizza conoscenze, attitudini e comportamenti di un campione di 1.436 individui, di cui l’80% uomini, rappresentativi della popolazione degli investitori italiani. L’80% degli intervistati ritiene complessa la gestione delle finanze personali anzitutto a causa del contesto incerto e della crescita dei prezzi (ma la difficoltà è anche nella matematica più semplice visto che il 10% della popolazione non sa calcolare il 10% di mille). Sull’inflazione le idee sono confuse e le risposte corrette fornite dagli intervistati si fermano al 65% mentre le conoscenze aumentano all’aumentare dell’età e in base alle caratteristiche degli investitori (se laureati o residenti al Nord). Inoltre le competenze aumentano all’aumentare della ricchezza finanziaria posseduta (sopra i 50mila euro) e all’aumentare della retribuzione mensile (sopra i 3mila euro).
Progressi, ma conoscenze ancora scarse
Sebbene in lieve crescita, le conoscenze finanziarie non sono ancora sufficientemente diffuse né rispetto ai concetti di base (ad esempio, la nozione di diversificazione degli investimenti è compresa solo dal 50% degli intervistati) né rispetto agli strumenti finanziari (la quota di risposte corrette a domande su conto corrente, azioni, obbligazioni e fondi comuni di investimento rimane al di sotto del 60%) né rispetto alle dimensioni del rischio finanziario (in particolare, la percentuale di intervistati che ha familiarità con le nozioni di rischio di credito, di mercato e di liquidità oscilla tra il 20% e il 49%). Gli investitori sembrano comunque sempre più consapevoli della necessità di innalzare le proprie competenze, visto che nel 66% dei casi (+10 punti percentuali rispetto al 2021) si dichiarano disposti ad approfondire temi utili per le scelte finanziarie più importanti. A tal fine, il riferimento indicato più di frequente sono gli intermediari (34% dei casi, in calo però di 8 punti percentuali rispetto al 2021).
Fedeli all'intermediario scelto
Del resto, il 24% degli investitori si muove in autonomia, il 45% si serve di consulenza “informale” e solo il 26% si rapporta a un consulente (quota in calo del 2%). Ma, una volta sceltolo, si resta abbastanza fedeli al consulente visto che il 63% degli investitori assistiti si affida allo stesso consulente finanziario da almeno 6 anni. Resta il fatto che il 57% degli intervistati ritiene gli intermediari finanziari poco o per nulla affidabili ma solo il 39% degli intervistati sa che la prestazione di consulenza è riservata ai soggetti iscritti all’Albo unico dei consulenti mentre circa il 60% dichiara di non essere disposto a pagare per questo servizio. Intanto, sale a 820 il numero dei siti complessivamente oscurati dalla Consob a partire da luglio 2019, da quando l’Autorità è stata dotata del potere di ordinare l’oscuramento dei siti web degli intermediari finanziari abusivi.
Come cambia il portafoglio se gestito
Gli individui assistiti da un professionista detengono un portafoglio più diversificato rispetto alla parte restante del campione, per il quale le attività più diffuse rimangono i certificati di deposito e i buoni fruttiferi postali (50% delle famiglie), seguiti da fondi comuni (29%) e titoli di Stato italiani (18%). La domanda di consulenza si associa anche a un maggior possesso di investimenti sostenibili, che nel complesso è riferibile solo all’11% degli intervistati (17% nel sotto-campione degli investitori assistiti da un professionista). Il dato si associa a una conoscenza molto bassa delle nozioni di base in materia di finanza sostenibile e a un interesse diffuso, che in prospettiva potrebbe tradursi in un aumento significativo di tali investimenti: nel giro di due anni, infatti, si dichiara propenso a investire di più in prodotti sostenibili il 57% degli intervistati. La quota di intervistati che accedono alla rete per scambiare criptovalute e negoziare online appare in crescita (rispettivamente dal 2% all’8% e dall’8% all’11%), così come l’interesse potenziale, che si associa, tra le altre cose, alla prospettiva di guadagni facili e alla propensione a sopravvalutare le proprie conoscenze in materia.
La ricetta del presidente Consob
La strada indicata da Paola Savona, presidente della Consob, è quella di attivare «la creazione di portafogli nei quali attività mobiliari e immobiliari, denominati in più valute, siano accolti in misura equilibrata, che svolgerebbero funzioni di autoprotezione dall’inflazione a condizione che ciascuna componente possa godere dello stesso trattamento normativo, non solo tributario».
Intanto la pandemia ha riportato in auge l’utilità di risparmiare per i tempi di vacche magre, perché davvero non si può mai sapere che cosa ci aspetta dietro lʼangolo. E gli italiani - report di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi - avevano risposto con l’aumento della quota di risparmiatori (53,5%, prossimo al 55,1% di prima della pandemia) e della propensione al risparmio. Si accantona lʼ11,5% del reddito disponibile, in netta crescita rispetto al 2021 (10,9%) e in avvicinamento rispetto al valore precedente la pandemia (12,6%).
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