Questo contributo è parte del più ampio intervento di Giuseppe Russo che conclude l'Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2022. Il report di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi è stato presentato il 13 dicembre 2022 a Milano ed è disponibile sul sito del Centro Einaudi.
È accaduto più volte, nella lunga storia dellʼumanità, che vi siano stati anni nei quali i cambiamenti sono arrivati improvvisi e hanno determinato uno spartiacque tra un «prima» e un «dopo». Così è stato nel 2022. A metà tra lʼIndagine del 2021 e quella che presentiamo in questo volume è cambiato tutto, a cominciare dallo scenario economico. Si è passati da un momento di quasi magico entusiasmo per la ripresa post-pandemica alla preoccupazione che la crisi internazionale per lʼinvasione russa dellʼUcraina possa dar luogo a una nuova recessione, per il momento, e per fortuna, non ancora evidente. Le ansie per i prezzi in salita di tutti i prodotti, ma in particolare di quelli energetici, dei servizi di trasporto e alimentari, hanno fatto irruzione sulla scena, sorprendendo i più. Anche lʼandamento degli investimenti, per anni favorito dalla crescita abbinata dei corsi delle azioni e delle obbligazioni dovuta al quantitative easing delle banche centrali, è rimesso in discussione. Soffrono oggi tutti gli investimenti (–4,6 per cento il rendimento Ytd del portafoglio benchmark) e non fanno eccezione le strategie di bilanciamento di azioni e obbligazioni, che hanno sempre salvato i piccoli investitori prudenti: anchʼesse nel 2022 sono state piegate dalle ombre della recessione e dal concreto inasprirsi della politica monetaria.
Reddito donne, male mai curato
In questo contesto, ossia in un anno metà buono e metà meno buono, si è svolta questa Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani. Essa non restituisce, diciamolo subito, un quadro fosco, così come neppure un quadro roseo. Certo, le politiche post-pandemiche sono state estremamente efficaci e per prima cosa ci raccontano unʼItalia che in un solo anno passa dal 92,1 al 93,3 per cento degli intervistati (decisori delle scelte finanziarie delle famiglie intervistate, tra quelle in possesso di un conto corrente bancario o postale) che afferma di trovarsi in una condizione di indipendenza finanziaria, ossia ritiene di farcela senza aiuti, siano essi pubblici o privati. Non è poco: significa 300 mila famiglie che nei mesi precedenti le interviste hanno riconquistato la serenità economica che la pandemia a molti aveva sottratto. E questo è un risultato che mettiamo a consuntivo della prima metà dellʼanno. A conferma, lʼusuale saldo che lʼIndagine utilizza per tenere sotto controllo la sufficienza del reddito (di oggi e di domani, quando gli intervistati saranno in pensione) è migliorato, sia pure di poco, dal 64,6 al 68,1 per cento, pur persistendo una netta differenza di genere che penalizza le donne, male incurato del sistema economico italiano e sul quale la politica dovrebbe forse agire con più determinazione.
L'11,5% del reddito nel salvadanaio
Ad ogni buon conto, la pandemia aveva bruscamente riportato in auge lʼutilità di risparmiare per i tempi di vacche magre, perché davvero non si può mai sapere che cosa ci aspetta dietro lʼangolo. E gli italiani avevano risposto con lʼaumento della quota di risparmiatori (53,5 per cento, prossimo al 55,1 per cento di prima della pandemia) e della propensione al risparmio. Si accantona lʼ11,5 per cento del reddito disponibile, in netta crescita rispetto al 2021 (10,9 per cento) e in avvicinamento rispetto al valore precedente la pandemia (12,6 per cento).
Sul futuro pesano le ombre della crisi internazionale in corso. Ma queste non hanno corroso lʼeconomia reale dei singoli bilanci familiari. Richiesti di esprimere fiducia o diffidenza sul futuro individuale (ossia sul reddito, i consumi, il risparmio), gli intervistati mostrano ancora un sentimento quasi neutrale (–5,2 per cento il saldo ottimisti-pessimisti sul proprio reddito a 12-18 mesi, che sale a solo –0,7 per cento nelle grandi città). Questa fiducia si sfarina quando le attese riguardano la situazione economica generale (–73,7 per cento) e diventa sfiducia completa quando gli intervistati devono rispondere sulla situazione internazionale (–80,3 per cento).
È questʼultimo lʼincendio pericoloso in corso, quello che ha diviso lʼanno in due, metà buono e metà meno buono. Il meno buono è ancora lontano dallʼuscio di casa, ma se ne vedono i bagliori oltre lʼorizzonte e alla lunga potrebbe causare dei danni, che si avvicini o no. Perché le aspettative che si confermano nel tempo possono produrre effetti reali e in particolare corrodere quello che è stato un buon risultato della reazione alla pandemia: il ritorno a un poʼ di spensieratezza nei consumi, cosa che è stata evidentissima durante lʼestate, quando la guerra era già in corso e lʼimpatto sulle bollette già sostanzialmente sicuro.
C'è grande voglia di riscatto
NellʼIndagine 2022 lo scenario delle aspettative a 12-18 mesi sui consumi familiari è davvero fortemente positivo (+53 per cento il relativo saldo) e conferma la generale voglia di ripresa dopo il lockdown e la pandemia. Anche in un periodo di elevata inflazione, le famiglie sono disposte ad aumentare i consumi per compensare le minori occasioni di acquisto rilevate nei due anni passati e gettarsi alle spalle quellʼesperienza. Una voglia contagiosa che riguarda tutti gli intervistati e che non stimola solo spese di consumo, ma anche spese di investimento quando tocca imprenditori, liberi professionisti e giovani che devono aprirsi una strada per il futuro. La voglia di riscatto è un eccellente ingrediente psicologico da tutelare e non incrinare.
Speriamo che tutti i cambiamenti che il 2022 ha introdotto, nellʼeconomia mondiale come in quella europea e italiana, e ancor più nella politica globale e anche in quella italiana, non cambino questa cifra. Perché pure se la ricchezza finanziaria è elevata e la liquidità continua a essere a livelli da record, senza una buona dose di entusiasmo e di coraggio la liquidità si congela e diventa sterile. Ben diverso se essa fluisce nellʼeconomia e va a irrorare settori e sistemi, fungendo da fertilizzante per una crescita di cui abbiamo assolutamente bisogno.
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