Per nascere non potevano scegliere un momento migliore. Lo scenario politico e sociale del primo decennio di questo secolo era il terreno più adatto alla creazione di un post-partito. E infatti i Cinque Stelle sono riusciti con grande rapidità a raccogliere a piene mani il dividendo di una realtà politica segnata dalle problematiche sociali e dalla progressiva perdita dei punti di riferimento ideologici. Il 1989, con la caduta del comunismo, aveva infatti segnato la fine di un reale scontro di civiltà, mentre pochi anni dopo con la tempesta di Tangentopoli si erano disgregate le colonne portanti di cinquant’anni di una politica italiana sostanzialmente immobile, gattopardianamente e andreottianamente impegnata a cambiare tutto per non cambiare nulla.

La società post ideologica e la casta

L’evoluzione sociale degli anni tra il Secondo e il Terzo millennio è stata descritta in molte prospettive: una delle più di moda è la “società liquida”, una società in cui va in crisi il paradigma della comunità, in cui domina progressivamente l’individualismo e in cui l’unica cosa sicura è il cambiamento e l’unica certezza è l’incertezza. Una post-modernità che promuove la solitudine con un profondo scetticismo verso la stabilità delle strutture politiche. Un’altra dimensione è quella della secolarizzazione, non solo nell’accezione tradizionale del tramonto delle prospettive religiose, ma anche nella visione di una realtà sociale che passa facilmente dal rispetto formale all’esclusione reale dei valori tradizionali. Una società post ideologica in cui avanza la delegittimazione della politica tradizionale sommariamente giudicata e condannata come una “casta”.

In questa dinamica si è pervasivamente inserita negli ultimi tre decenni la dinamica della rete, di Internet, a cui sono bastati pochi anni per superare la semplice funzionalità di strumento di comunicazione per diventare uno degli assi portanti della diffusione della conoscenza e della formazione del consenso.

La decrescita felice e il MoVimento

È in questa realtà che nasce nel 2009 il MoVimento 5 Stelle sulla scia delle iniziative di Beppe Grillo con il social network Meetup con l’obiettivo di «divertirsi, stare insieme e condividere idee e proposte per un mondo migliore, a partire dalla propria città». L’immagine è quella di un movimento libero, spontaneo, unito da un vago sentimento ecologista, in parte mutuato dall’esaltazione della decrescita felice di Serge Latouche, e da una profonda contestazione delle tradizionali strutture politiche e sociali, con i partiti in prima fila sul banco degli accusati.

In verità lo statuto dell’associazione è una minuziosa elencazione di procedure, organismi, competenze con la creazione di un’Assemblea, un Comitato direttivo, un Garante, un Comitato di Garanzia, un Collegio dei Probiviri, un tesoriere. Tutto sembra contraddire la definizione ufficiale di «un MoVimento (con la M e la V maiuscola) come una libera associazione di cittadini; che non ha ideologie di destra o di sinistra, ma idee; che non è un partito politico né lo si intende che lo diventi in futuro, che vuole realizzare uno scambio di opinioni senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità dei cittadini il ruolo di governo e di indirizzo normalmente attribuiti a pochi».

Intuizioni e passioni messianiche

L’innegabile, a quei tempi, genialità di Beppe Grillo, unita alla passione messianica per la rete di Gianroberto Casaleggio, hanno così dato vita a quella che è stata la più grande novità politica degli ultimi anni, alternando tuttavia momenti di costruttivo e realistico impegno politico a impostazioni propagandistiche e strumentali, impostazioni queste ultime che hanno finito per avere il sopravvento e avviare una crisi probabilmente irreversibile.

La Virginia e la Chiara

L’ascesa del consenso verso il MoVimento si dimostrerà altrettanto rapida quanto il declino. Se è vero, come affermano unanimemente i sondaggi e i risultati degli ultimi voti locali, che alle prossime elezioni nella migliore delle ipotesi i consensi saranno dimezzati rispetto alle amministrative del 2016 e alle politiche del 2018. Solo una congiunzione astrale favorevole potrà infatti portare ad una conferma di Virginia Raggi al Campidoglio mentre a Torino Chiara Appendino ha dovuto rinunciare in partenza dopo la condanna per i fatti di piazza San Carlo. Due esperienze peraltro tutt’altro che esaltanti. A Roma sono rimasti aperti i problemi dei trasporti, della gestione dei rifiuti, del traffico, delle periferie, dei cimiteri. A Torino il MoVimento si è sfarinato: nelle ultime sedute del Consiglio comunale la Sindaca è stata costretta a rincorrere singoli consiglieri dell’opposizione per coprire le assenze dei suoi pentastellati.

Non è andata meglio per le rappresentanze parlamentari. Dal 2018, il MoVimento ha perso un senatore su tre e un deputato su quattro. Cento parlamentari hanno abbandonato i gruppi, alcuni volontariamente, ma la maggior parte sono stati espulsi non condividendo le scelte politiche, da ultimo l’appoggio al Governo Draghi.

Icaro e la mistica dell’uno

Una parabola che ha un precedente mitologico nel volo di Icaro, dove si dimostra che sopravvalutare imprudentemente le proprie capacità, non riconoscere i propri limiti e, quindi, compiere una o più azioni al di sopra delle proprie forze, non può che portare a conseguenze pericolose e a situazioni rovinose e irreparabili. La mistica dell’uno vale uno si è rivelata dirompente nello scenario di complessità della società tecnologica e globalizzata. Facendo esplodere tante contraddizioni.

Il MoVimento è passato in poco più di dieci anni dal rifiuto di qualunque accordo politico all’accettazione di un’intesa organica prima a destra con la Lega e poi a sinistra con il Pd.

Passato e presente

È passato dall’esaltazione della rete come continua verifica e spinta delle scelte politiche alle decisioni prese dai vertici e poi formalmente ratificate dagli iscritti.

È passato dalla difesa appassionata di principi socialmente importanti, come il reddito di cittadinanza, alle battaglie di puro populismo giudiziario come il blocco della prescrizione dopo una sentenza di primo grado.

È passato dalla partecipazione attiva e determinante all’elezione di Ursula von der Leyen, espressione di costruttiva unità e dinamici compromessi con le forze liberali e democratiche, alla difesa ostinata e pregiudiziale di posizioni rigide come l’irresponsabile rifiuto dei fondi europei del Mes che avrebbero potuto dare più forza alla sanità dopo la prima ondata della pandemia.

È passato dalla logica trasgressiva e contestatrice dei giorni del “vaffa” all’ammirazione per Giuseppe Conte, espressione della tranquilla eleganza e dei modi gentili della media borghesia.

Il professor Conte: meritorio e velleitario

Anche per questo il tentativo dello stesso Conte di rifondare i Cinque Stelle appare altrettanto meritorio quanto velleitario, al di là delle ultime vicende “familiari” (ma non solo) di Beppe Grillo.

Meritorio perché una vera democrazia liberale ha bisogno di elementi istituzionali che sviluppino la fiducia tra i cittadini e la classe politica. E che recuperino la dimensione positiva dei valori, dei principi, delle idee, di quella cassetta degli attrezzi dell’impegno politico che veniva chiamata ideologia. 

Velleitario perché la politica non è l’arte della buona volontà, se va bene, o degli interessi di potere, ma è la capacità di selezionare una classe dirigente di grande spessore culturale e di profonda passione sociale.

E nelle radici dei Cinque Stelle, per usare le parole di Luigi Einaudi giusto cent’anni fa, ci sono più “gli energumeni da comizio” che non uomini come Cavour «capaci di mettersi a capo di tutte le riforme ragionevoli, ossia realmente utili al popolo».