A 180 euro per Mwh l’hanno fissato al doppio o quasi del prezzo corrente, che già sconta la ridotta offerta di gas russo, anche perché Nord Stream 1 e 2 sono stati fatti saltare da paesi misteriosi. Scatta solo dopo tre giorni e non comporta alcun obbligo per un fornitore esterno all’Ue, come la Russia, di fornire al prezzo massimo quantitativi illimitati di gas; non comporta questo obbligo neppure ai fornitori Ue, come la Norvegia, il che è quanto meno singolare. Inoltre, la Commissione può toglierlo in qualsiasi momento per ragioni di emergenza. Quindi, a ben vedere, non è un cap in senso tecnico.
E’ un livello di prezzo che serve per lo più alla autodisciplina della domanda dei 27. Perché? Sono stati gli acquisti scoordinati dei 27 per riempire gli stoccaggi in modo concorrente e non cooperativo a far salire il prezzo sul TTF a 345 nell’estate del 2022. Adesso, con questo cap, lo stesso comportamento non produrrebbe forniture illimitate al prezzo massimo di 180, come l’opinione pubblica potrebbe erroneamente pensare, ma produrrebbe la sospensione degli arrivi di gas dall’estero (dalla Russia, e non solo).
I 27 sono avvisati. C’è un solo modo per domare la bizzarria del prezzo europeo del gas, distinto da quello mondiale, perché non esiste un mercato mondiale del gas, che non è commerciabile facilmente come il petrolio. Esistono tre mercati regionali distinti. Quello americano, il più conveniente e che garantisce l’autosufficienza a Stati Uniti e Canada; quello asiatico, con prezzi dominati dalla domanda cinese e mitigati dall’offerta liquida russa. Infine il mercato europeo, con prezzi deteriminati dalla domanda rigida del sistema produttivo ed elettrico europeo e dall’offerta razionata dall’est europeo ma mitigata dai nuovi accordi africani, sulla sicurezza strategica dei quali sarebbe bene non farsi soverchie illusioni.
E’ il mercato europeo ad essere quello più instabile e volatile, essenzialmente per la volatilità delle forniture, esposte ai rischi strategici. Sostituire il gas con le fonti rinnovabili non è possibile, né nel breve né nel lungo periodo, perché il sistema elettrico completamente green è impossibile, per il bilanciamento di domanda e offerta necessario durante le ore del giorno e durante i mesi dell’anno. Solo i sistemi che hanno una base di produzioni continue (e non intermittenti come quelle da rinnovabili) sono stabili, e il gas è, dopo la fonte nucleare, la fonte energetica primaria meno incompatibile con l’ambiente che serve a produrre energia in modo continuo.
Dal gas non si esce con i pannelli solari, né con l’eolico o l’idroelettrico (tutti sistemi comunque limitati nelle prestazioni potenziali, e tutti sistemi intermittenti, ad intermittenza non programmabile). I 27 sono pertanto avvisati. Dovranno concordare gli acquisti sul Ttf per riempire gli stoccaggi e non far saltare il tappo al tetto. Se dovesse saltare, non arriverà più gas, semmai ne arriverà meno e l’inverno del 2023-24 sarà di crisi energetica.
Alcuni tra i 27, come l’Italia, sono avvisati due volte. Perché concordare gli acquisti non basterà. Servirà disporre dei due nuovi rigassificatori di Piombino e Ravenna al più tardi per la primavera del 2023, per poter acquistare gas liquefatto a sufficienza a riempire gli stoccaggi prima dell’inverno.
C’è poi un terzo telegramma che il cap manda all’Italia (e alla Germania): siccome la fusione nucleare è a 30 anni dall’applicabilità tecnologica e le riserve di gas naturale sul territorio e nelle zone marittime di sfruttamento esclusivo non sono sufficienti, mentre produrre di energia da carbone o olio combustibile non è compatibile con salvare il pianeta dal riscaldamento globale ed adempiere alle direttive imminenti sulla decarbonizzazione dell’economia europea, il nucleare di quarta generazione non è un’opzione, ma un vincolo da rispettare per produrre energia che fornisca la base continua necessaria. Prima lo metteremo in agenda, meglio sarà. La sanzione, in caso negativo, non sarà la solita multa della “cattiva” Ue. Qui non c’è davvero nessun obbligo. La sanzione sarà un prezzo nazionale dell’energia elettrica così alto da deindustrializzare il secondo paese industriale d’Europa. E allora sarebbero guai. Guai seri.
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