Non è l’ultima spiaggia, sia chiaro. Però, visto che ci attendono ancora meno di due settimane pesantucce prima del voto, proviamo a sostenerci guardando la situazione da un’angolazione diversa. E magari scrutando con questi occhi i vari candidati e gli eventi che si succederanno da qui al 25 settembre.

Per esempio, usando come filtri l'ironia e l'autoironia.

Sono un buon ingrediente civico, e liberale, perché aiutano a relativizzare, il che non guasta visti tutti i guai della nefasta congiuntura che stiamo attraversando. E possono tenere a distanza i tanti ego ingombranti dei candidati al Parlamento che stanno scorrazzando per i collegi elettorali, la qual cosa sarebbe utilissima, anche in chiave anti-Covid, per evitare assembramenti.

Ora, diciamolo: in pochi, tra i leader politici italiani di infima, piccola e media statura che si scontrano sui social e in televisione, sembrano possedere queste qualità.

Si prendono tutti troppo sul serio

Si prendono troppo sul serio: nello sparare idiozie, nell’annunciare promesse irrealizzabili, nello scivolare sui fondamentali dell’educazione, nel sostenere l’esatto contrario di uno o due anni prima (e già siamo generosi), nel promettere bonus e assistenza statale illimitata. Non tutti sono così, va da sè. E non tutti i candidati e i programmi sono uguali, beninteso, pur nell'identico bipopulismo di destra e di sinistra. E non tutti presentano strade convincenti per contrastare le diseguaglianze che si stanno divaricando.

Molti, probabilmente, sono però anche peggio perché posseduti dall’ignoranza ambiziosa che poi genera mostri.

Ecco, ridare serietà alla politica è molto diverso dal prendersi troppo sul serio

Significa andare a votare e a votare bene, come ha scritto con efficacia Gianfranco Fabi su Mondo Economico, conoscendo la storia di chi si va a votare. Significa scegliere chi ha visione sul futuro (lo ha detto con sofferta passione Cristina Santhià sempre sulle nostre colonne).

Tuttavia, la mancanza di sense of humour - la compianta regina Elisabetta ne avrebbe da dire - non è un buon segnale. Ne ha scritto Luigi Pirandello, con il suo “sentimento del contrario” utile a spiegare la cocciuta ricerca della verità. Perché l’umorismo è un atteggiamento esistenziale, ben diverso dalla satira e dalla comicità. Un maestro nell’andare “dentro l’umore” per renderlo poi universale e persino poesia, è stato il grande Charlie Chaplin.

Ognuno di noi - ciascuno a suo modo, con la indole che gli è propria - può aggiungere uno scrittore, un personaggio noto oppure sconosciuto ai più, che lo abbia emozionato con questa attitudine.

L'umorismo è una postura

La filosofia indaga l’umorismo come virtù morale, i coach ne fanno manuali per i manager. Perché l'umorismo, in fondo, è un indicatore della capacità di costruire buone relazioni, forse l’asset (anche economico) più bistrattato in questi ultimi anni. Dovrebbe venire inserito tra le materie d'insegnamento di base e poi approfondito in tutti i contesti formativi della classe dirigente: per i politici quasi non ce ne sono, purtroppo; per i preti e i religiosi andrebbe reso obbligatorio, così come per chi si occupa di economia, che non è una scienza triste, anzi. Non è un caso che si stiano moltiplicando studi molto seri sulla felicità in campo economico, psicologico e sociale.

Guai a non essere realisti e a non affrontare con la dovuta responsabilità ciò che ci attende in questo autunno, in Italia, in Europa e sullo scacchiere geopolitico. C’è da essere preoccupati, ovviamente. Tuttavia, e non significa leggerezza, lo sguardo ironico può aiutarci a osservare in maniera più completa soprattutto chi si presenta per essere eletto come parlamentare, pur restando le elezioni del 25 settembre un grande rebus.

D'altronde

D’altronde, Oscar Wilde lo aveva intuito molto bene già un bel po’ di tempo fa: «L’umanità si prende troppo sul serio. È il peccato originale del mondo. Se l’uomo delle caverne fosse stato capace di ridere, la storia sarebbe stata diversa». Ben consapevoli del sempre grande valore della democrazia. Come rispose Churchill alla moglie Clementine Hozier scossa perché il marito aveva perso le elezioni dell'estate 1945: «No, abbiamo vinto. Ci siamo battuti per questo: anche per perdere». Pensiamoci.

Post scriptum. Una lettrice mi ha mandato un messaggio: «La realtà è che fanno tutti ridere indistintamente. La politica è un show meglio di Crozza!»; comprensibile, ma triste se pensiamo a come i padri costituenti immaginavano il voto... Risposta della creatura: «Forse andrò al seggio, ma per annullare la scheda». Ecco. Pensiamoci. Pensiamoci bene prima di farci seppellire dalle risate.