Cercasi diplomazia disperatamente. Non ve n’è più traccia. Nella Babele d’informazioni che ci raggiungono ogni giorno dai fronti dell’Ucraina è difficile districarsi. Ma la pressoché totale assenza d’iniziative per trovare percorsi alternativi alle armi mi pare a questo punto un dato certo e assordante. 

Nessuno ci sta provando seriamente dopo qualche timido tentativo iniziale subito dopo l’invasione russa (di Macron, in particolare). Certo, vi è un livello di complessità molto alto in questo conflitto e ne abbiamo scritto su Mondo Economico. D’accordo, abbiamo imparato e stiamo imparando molto da questo scontro planetario, però non ci si può rassegnare alla deriva. 

La diplomazia non si vede all’orizzonte. È giusto dare a chi è aggredito la possibilità di difendersi. Ma sono innegabili la ghiotta corsa al riarmo, la facilità con cui si trovano i soldi nelle sempre asfittiche casse degli Stati, le priorità che non tornano.

Cina e Stati Uniti, al momento, non vogliono accordarsi in generale, figurarsi il cessate il fuoco. L’Europa è drammaticamente debole - non me ne voglia il nostro Mikhail Minakov - cosicché la Nato si può muovere con spavalderia nel nostro Vecchio continente. Mancano leader veri e le diplomazie sono narcotizzate. E lo stallo, come sempre, schiaccia gli inermi.

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Ammettiamolo, nella nostra infastidita indifferenza. E non dimentichiamolo nelle nostre riflessioni.

Temo che l’unico leader internazionale che ne abbia ancora piena consapevolezza sia Papa Francesco.

L’anziano e sofferente pontefice, classe 1936, eletto dieci anni fa (il 13 marzo 2013), è inquieto e si tormenta. Più che il pacifismo - spesso afono o inadeguato - è il termine «pace» che disturba i manovratori. Inoltre, c’è di mezzo anche la fede (quale?), con religiosi che benedicono fucili e mitragliatori degli opposti schieramenti. 

È così, purtroppo, e non bisogna scivolare nei luoghi comuni per affermarlo. 

Jorge Mario Bergoglio - pur con stampelle e carrozzina - era andato di persona all’ambasciata russa per chiedere a Putin di fermarsi. Ora, il mondo è ben diverso rispetto alla crisi di Cuba dell’ottobre 1962. Ma la Santa Sede resta ancora un territorio neutro e autorevole. Insomma, si trarrà di un decennale molto complicato per il Pontefice, con questo rovello che lo consuma. 

Nei sacri e felpati palazzi tutto sembra attutito, ma c’è guerra anche lì. Sul fronte americano, con una maggioranza di vescovi più attivisti repubblicani e fedeli di Trump che pastori di Santa Romana Chiesa; sul fronte tedesco, affacciato su un possibile scisma; sul fronte mondiale, con la piega della pedofilia e il malessere sulla governance ecclesiale e le frizioni tra clero e laici. 

Eppure, oltre Tevere, esistono uomini e idee che potrebbero mettere attorno a un tavolo i contendenti. Stanno lavorando, pungolati da Bergoglio. Ci riusciranno? 

 

Non condivido spesso le idee e la postura di Marco Travaglio. Ma il suo ultimo libro andrebbe letto: «Scemi di guerra. La tragedia dell’Ucraina, la farsa dell’Italia. Un paese pacifista preso in ostaggio dai no pax» (PaperFIRST, 2023). Per destabilizzarci opportunamente e costruire una consapevolezza diversa dei fatti.