Tempo di un primo bilancio, a un anno dall’invasione russa dell’Ucraina avviata il 24 febbraio 2022, per capire che cosa sia successo e che cosa abbiamo imparato. Proviamo a farlo rispondendo a dieci domande.

1. Quanto durerà la guerra?

L’invasore spera sempre che la guerra sia un’azione veloce, risolutiva. Una guerra di movimento. L’invaso, se resiste al primo assalto, la trasforma in una guerra di posizione, a volte addirittura di trincea. È quando accaduto in Ucraina. Fosse caduta Kiev a inizio marzo 2022, con ogni probabilità parleremmo oggi di una guerra lampo del Cremlino. Ora i russi combattono per dimostrare al mondo e a sé stessi che possono vincere, che sono una grande potenza. Gli ucraini combattono per dimostrare che sono una nazione non assimilabile ai Russi. La posta in palio è altissima per i russi; e non potrebbe essere più alta per gli ucraini. Date queste premesse, la fase bellica potrebbe durare a lungo – anche anni. Una risoluzione politica del conflitto (un trattato di pace, per intenderci) rimane al momento difficile da concepire. Una situazione come il conflitto in Corea, con armistizio e congelamento dello status quo, è forse lo scenario più probabile.

2. Che cosa abbiamo imparato rispetto alle capacità belliche dei contendenti?

La Russia aveva sulla carta il secondo esercito al mondo, dopo quello Usa, a febbraio 2022. Può essere ancora vero. La mobilitazione generale sta portando gli effettivi da 250 mila a quasi un milione e mezzo. L’industria bellica sta funzionando a pieno regime, ed è stata in grado di fornire se non armamenti di qualità, almeno armamenti in quantità. La Russia ha risorse e volontà per convertire parte dell’industria domestica in industria bellica, non potendo contare su sostanziali rifornimenti dall’estero. È comunque notizia di questi giorni che la Cina starebbe infine contemplando aiuti militari. Ma sarebbe un passo con enormi implicazioni politiche, e Pechino ne è ben conscia. L’Ucraina, dal canto suo, ha dimostrato una volontà di lotta probabilmente inaspettata e comunque sorprendente in quanto a efficacia. Le forniture occidentali (americane, inglesi e polacche in primis) hanno reso possibile sostenere l’urto russo. I militari ucraini sono stati spesso addestrati da forze armate occidentali. La combinazione di armi migliori e addestramento mirato compensa lo squilibrio in termini numerici assoluti. Ma l’Ucraina non ha un’industria bellica paragonabile alla Russia. Al momento, l’assistenza militare occidentale permette all’Ucraina di resistere. Ma si cominciano a notare seri problemi di approvvigionamento, soprattutto di munizioni. Questa guerra ne consuma più di quante l’Occidente possa – o voglia – produrne.

3. C'è davvero il rischio di una escalation atomica?

È un rischio remoto. Tuttavia, non nullo. Gli armamenti occidentali si sono appunto dimostrati nettamente superiori a quelli russi. Nell’ipotesi – pure remota – di intervento diretto di truppe Nato, addirittura statunitensi, i russi non potrebbero che trarre una conclusione: in una guerra convenzionale, una sconfitta certa e netta. L’atomica elimina quel differenziale. Si è sentito molto parlare di differenza tra bombe tattiche e bombe strategiche: ma ricordiamo che una bomba tattica odierna ha il potenziale distruttivo di quelle sganciate sul Giappone. È abbastanza far affidamento sul principio della ‘mutua distruzione assicurata’ (Mad nell’acronimo inglese), che ha sempre frenato l’escalation nucleare durante la guerra fredda? Davvero i decisori del Cremlino valutano un attacco atomico di fronte a casa, con tutte le ripercussioni a livello di radiazione? Rimangono queste considerazioni probabilistiche. In un’interazione strategica come questa, paura, errore di calcolo e misinterpretazione delle intenzioni altrui sono più rilevanti di analisi razionali.

4. Qual è stato l'effetto delle sanzioni?

Per combattere, alla Russia servono un’industria bellica indigena autonoma, risorse energetiche e autosufficienza alimentare. Insieme agli Usa, la Russia è l’unico paese al mondo con tutte queste caratteristiche. In questo senso, le sanzioni impediranno alla Russia di diventare un paese prospero, limitandone la qualità della vita. Nel lungo periodo, l’esodo di industrie e forza lavoro qualificata a causa delle sanzioni renderà la Russia un paese tecnologicamente molto inferiore all’Occidente – cosa che è già. Ma non sono probabilmente in grado di rallentare lo sforzo bellico. Inoltre, pur non potendo compensare, sul piano strettamente economico, la perdita dei mercati occidentali, paesi come Cina, India, Turchia e Iran offrono comunque una sponda quanto mai gradita al Cremlino nel momento in cui tali paesi non hanno accettato il regime sanzionatorio.

5. Quanto a lungo la Russia può continuare a combattere?

Per quanto appena detto, la Russia ha le risorse materiali per combattere a lungo. Altro fattore imprescindibile è la volontà di combattere. È estremamente difficile appurare il supporto pubblico in Russia, regime autocratico e quindi non trasparente per definizione. Tendiamo a voler vedere in episodi di protesta contro la guerra nelle strade di Mosca o Pietroburgo, o in dichiarazioni di dissidenti russi, l’atteggiamento del popolo russo nel suo complesso. Possiamo invece notare che, a livello storico, la Russia tende sempre a soffrire molto nelle prime fasi di una guerra, per poi rovesciare sul campo uomini e risorse finché non vince. È una strategia poco efficiente. Ma funziona più spesso di quanto fallisca. E in relazione ad essa, la volontà di combattere è raramente un problema.

6. È possibile un collasso di Russia e Ucraina?

Sì, in modi e per motivi diversi. L’Ucraina non ha le risorse per resistere in modo autonomo. Si calcola che il Pil si sia contratto di oltre il 30% dall’inizio della guerra; i profughi sono oltre il 15% della popolazione; interni comparti infrastrutturali, produttivi, energetici sono andati persi o distrutti. La principale fonte di export, ovvero il settore agricolo, è in profondissima crisi. L’Ucraina, una volta finita la guerra, andrà fondamentalmente ricostruita. Una ricostruzione non solo dagli esiti incerti, per la quale sarà anche solo difficile trovare le risorse economiche. La Russia non sta conoscendo una guerra distruttiva sul proprio suolo. E ipotesi di disgregazione interna sono al momento fantapolitica. Tuttavia, tre cose sono vere. Primo: la Russia è un impero, con oltre il 20% della popolazione di etnia non russa, che è stata chiamata a combattere in proporzione più del ceppo dominante. Secondo: questi gruppi etnici hanno manifestato anche in passato tendenza separatiste (basti pensare alla Cecenia). Terzo: era fantapolitica pure la disgregazione dell’Urss, che abbiamo razionalizzato come inevitabile solo a posteriori.

7. Perché questa guerra è diversa dalle altre?

L’invasione americana di Afghanistan e Iraq è spesso menzionata come paragone all’attuale crisi in Ucraina. Due considerazioni in merito. La prima di ordine meramente logico-descrittivo: tutte queste guerre sono aggressioni di stati sovrani che non hanno, all’evidenza dei fatti, attaccato per primi. È dunque plausibile sostenere che gli Usa, per primi, abbiano indebolito la norma internazionale che protegge l’integrità territoriale e la sovranità dei membri della comunità internazionale. Il fatto che la Russia abbia fatto lo stesso non rende le azioni né degli uni (Americani) né degli altri (Russi) più o meno moralmente giustificabili. In secondo luogo, e a livello più propriamente analitico, questa guerra è diversa da Iraq e Afghanistan poiché coinvolge direttamente le grandi potenze del pianeta. In altre parole, ha il potenziale per ridefinire gli equilibri globali; e di farlo tramite un conflitto, appunto, globale. Mai Iraq e Afghanistan, nella loro tragedia umanitaria, rappresentarono potenziali punti di svolta per il sistema internazionale nel suo complesso.

8. Cosa c'entrano Cina e Taiwan?

Infatti, è opportuno considerare la guerra in Ucraina nel contesto di una sfida al dominio globale americano. Il fronte più importante di tale sfida è nell’Indo-Pacifico, in particolare la questione di Taiwan. Essa sta alla Cina come l’Ucraina sta alla Russia. Un territorio a livello geostrategico cruciale per rovesciare tale ordine. È molto probabile che la Cina benefici dell’attenzione Usa sull’Ucraina, che la distrae da Taiwan. La Cina in ogni caso ha molta meno propensione della Russia all’opzione bellica. Intende prendere Taiwan in altro modo – tramite pressione economica e commerciale, e persuasione rispetto alla comune radice etnico culturale. Pechino poi ha sicuramente notato come l’Occidente ha risposto all’operazione militare del Cremlino. Sa bene, allo stesso tempo, come l’ormai partner di minoranza nello schieramento anti-occidentale non possa essere lasciato al suo destino, pena enormi costi da pagare in termini di reputazione e soft power cinese. Una reputazione che potrebbe ulteriormente compromettersi nel caso Taiwan, come è possibile, si allontani ulteriormente da Pechino. A quel punto, anche per la Cina l’opzione militare non sarebbe più remota.

9. Che cosa ci ha detto questa guerra dell'America e dell'Europa?

Abbiamo imparato tre cose sull’Europa. Primo, che le politiche energetiche e militari finora adottate non erano più praticabili. Dipendenza dalla Russia e basse spese per la difesa si sono rivelate inadeguate post 24 febbraio 2022. Secondo, sappiamo che l’Europa può compattarsi, sotto la guida americana, a livello politico-militare. Era qualcosa che i Russi non consideravano possibile, considerando come hanno giocato la carta del ricatto gasiero. Terzo, che esistono diverse anime nel continente: a paesi risolutamente e storicamente anti-russi come Polonia e Gran Bretagna, se ne affiancano altri più accomodanti (Germania e Francia), altri indifferenti (come gli iberici), o addirittura simpatizzanti (come l’Ungheria). È palese che queste tre dinamiche siano in tensione. Più la guerra si prolunga, più diverrà difficile gestirla.

10. Che cosa aspetta l'Italia?

Un'ampia minoranza dell'opinione pubblica italiana simpatizza, e non da oggi, con le posizioni russe. Il nostro Paese ha avuto relazioni privilegiate con Mosca anche ai tempi dell’Urss. Vi è convenienza, a livello energetico ed economico, ad avere buoni rapporti con la Russia. Un certo antiamericanismo di fondo diffuso nel nostro paese in vari ambienti (tanto a destra, che a sinistra, che al centro) comporta anche una simpatia per lo sfidante del potere di Washington per eccellenza. Rimane tuttavia il fatto che l’Italia è incardinata nel campo occidentale; e che esitazioni, tentennamenti, e giri di valzer della nostra classe politica, per quanto in sintonia con il sentire nazionale, non possono che nuocere alla nostra credibilità internazionale.