L’inflazione a gennaio è scesa al 10.1. È la stima preliminare diffusa all’inizio di febbraio dall’Istat. L’attenuazione è da attribuire all’inversione di tendenza dei beni energetici regolamentati. Erano almeno due decenni che non ci confrontavamo con fluttuazioni inflattive. Merito delle politiche austere, monetarie e fiscali, e del rallentamento della domanda nei Paesi sviluppati, soprattutto per ragioni demografiche. La Bce - dopo la decisione della Fed di metà dicembre - è intervenuta con un rialzo dei tassi di interesse di 50 punti base per evitare che l’inflazione si propaghi ulteriormente. E gli analisti sono abbastanza concordi nell’affermare che la strada intrapresa è corretta, salvo imprevisti internazionali oggi difficili da prevedere.

L'aumento dei prezzi sotto la lente

Proprio per le sue ripercussioni trasversali a tutto il sistema economico, l’inflazione è stata al centro del panel che Mondo Economico ha organizzato insieme a Assiprovider a Milano, negli spazi del Palazzo delle Stelline. Sul tema “Inflazione e Assicurazioni” è intervenuto anche l'economista Giuseppe Russo, direttore del Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi. «L’incertezza sui mercati è concreta ma tutto sta andando secondo i piani» ha esordito. «L’inflazione si ridurrà ma non accadrà in tempi brevi. Perché è a due cifre e perché oltre la metà del tasso di inflazione è provocato da prodotti non energetici. Significa che se, per magia, i prezzi energetici tornassero a livello pre-pandemico e pre-crisi ucraina, rimarrebbe un’inflazione del 5% da erodere che dovrebbe scendere Il temuto contagio è già avvenuto: l’inflazione è entrata nel sistema economico e continuerà a rimbalzare».

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Inutile cercare ora la causa scatenante. Quasi mai infatti un evento negativo di portata sistemica può essere ricondotto a un unico innesco. La ricerca dei diversi driver va in questo caso collocata già prima dell’esplosione del conflitto in Ucraina.

«Domare il 5% di inflazione e tornare ai livelli precedenti, richiederà un periodo non inferiore a 24/36 mesi» spiega Russo. «Ci aspettiamo un tasso intorno al 5% a fine 2023 e al 3.5% a fine 2024. Per ritornare al canonico 2% nel 2025. A livello Italia un contributo potrebbe arrivare dall’attivazione dei rigassificatori ma è soprattutto a livello globale che ci attendiamo i maggiori aiuti». Oltre alle manovre della Bce, secondo Russo, «esistono due alleati naturali della lotta all’inflazione: la tecnologia che ha ottimi effetti sul costo di produzione dei beni e il commercio internazionale». «Sul primo - afferma - non ci saranno sorprese. Sul secondo, invece, avverto scricchiolii: si torna a parlare di protezionismo». Ci sono, infatti, ancora bacini giganteschi di economia a basso costo da utilizzare - pensiamo all’Africa - ma oggi è più difficile sfruttare il modello di scambio internazionale del passato. «La ragione è semplice» spiega Russo. «Il sistema è stato quasi smantellato, “unilateralmente”, dagli Stati Uniti che hanno messo in discussione la stessa Wto. La multilateralità è saltata. Ma io sono un inguaribile ottimista e penso che alla fine qualcuno con cui scambiare i nostri prodotti lo troveremo…».

La manovra finanziaria «occulta»

Al pubblico che ha seguito il panel di Mondo Economico, il direttore del Centro Einaudi ha anche illustrato perché è necessario mettere un freno nel più breve tempo possibile a quella che considera la tassa «più odiosa, infida e silenziosa che esista». «La prima ragione è che il paniere di consumo dei ricchi e dei poveri è costruito in modo tale per cui l’inflazione pesa di più sui secondi. La seconda ragione è che, se prendiamo in considerazione i 5.800 miliardi di ricchezza finanziaria degli italiani oggi in circolazione, il valore nominale è già diminuito dell’8%. Significa circa 500 miliardi di manovra finanziaria occulta in dodici mesi. Se un ministro dell’Economia avesse proposto una manovra da 500 miliardi sui patrimoni, sarebbe scoppiata una rivolta popolare. Eppure di fatto tutto questo è già avvenuto. Inoltre, colpisce chi ha più liquidità che beni reali e normalmente si tratta delle famiglie meno abbienti. E per finire, fino a quando non sarà sotto controllo, la Bce alzerà i tassi di interesse: l’Italia è un Paese con un debito importante, noi patiamo più di altri l’aumento dell’inflazione».