Gli affitti brevi, ma più che altro la loro inarrestabile diffusione, stanno mettendo a repentaglio le locazioni a medio e lungo termine con la conseguenza che famiglie, lavoratori e studenti fuori sede non trovano immobili in affitto. E quei pochi che ci sono, fanno registrare prezzi da capogiro. Il motivo è semplice: con l’affitto breve il proprietario guadagna decisamente di più e non corre il rischio di affittare a un inquilino che poi non paga il canone e che è difficile mandare via: con l’affitto breve il canone e arriva di volta in volta addirittura prima che il beneficiario utilizzi l’appartamento. Una “cuccagna”  - in Italia nel 2023, rispetto al 2022, i dati mostrano degli incrementi notevoli, pari al 73% delle prenotazioni e del 70% delle notti occupate - che si sta allargando a macchia d’olio in tutto il mondo ma che ora New York ha deciso di frenare con una normativa molto stringente: la normativa locale impone l’assoluto divieto di affittare per intero degli appartamenti per un lasso di tempo inferiore ai 30 giorni. Al di sopra di tale soglia temporale sarà tutto regolare, come in quasi ogni parte del mondo. Al di sotto, invece, è obbligatorio che l’host risieda nell’appartamento, villa o altro; ciò si traduce nella possibilità di affittare unicamente di una stanza, posta in un ambiente più ampio e condiviso, ma a patto che non ci siano più di due ospiti contemporaneamente. Gli host si devono registrare presso gli specifici uffici, ricevendo l’autorizzazione all’avvio dell’attività con multe che possono arrivare fino a 5mila dollari ma solo per i proprietari  e non per chi soggiorna.

La disciplina italiana

E in Italia cosa succede? Intanto partiamo dalla dimensione del fenomeno affitti brevi. In Italia il mercato degli immobili destinati ad affitti brevi riguarda oltre 600 mila immobili calcola Halldis - una delle più grandi società di property management attiva in Italia dal 1986 - su dati Istat e Scenari Immobiliari. Il valore delle compravendite online del comparto extralberghiero nel nostro Paese, la terza piazza mondiale del mercato degli affitti brevi, preceduta solo da Usa e Francia, ammonterebbe a circa 3 miliardi  (fonte: Osservatorio digitale Politecnico Milano, 2021). Un comparto in cui si stima che operino circa 25mila gestori professionali, il cui giro d’affari valore è pari a circa 1,2 miliardi, a cui si affiancano centinaia di migliaia di privati. A cambiare negli anni, sempre secondo Halldis, non è la durata media della prenotazione, che risulta pari a otto-nove giorni, ma la disponibilità economica. Infatti, se nel 2021 il valore medio di una prenotazione è stato di 976 euro con un costo giornaliero di 121 euro, nel 2022 il primo sale a 1.286 e il secondo a 145 euro, nel 2023 rispettivamente a 1.516 e 180 euro, con un aumento del 24% rispetto al 2022.

Le riforme in arrivo

Quanto decretato a New York, precisamente dal tribunale di Manhattan, rappresenta un precedente molto importante. La via tracciata potrebbe infatti essere seguita anche da altri Paesi, tra i quali l’Italia. Secondo Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi, «Le regole fissate a New York non prevedono divieti assoluti ma soltanto l’obbligo ragionevole di rispettare le regole in vigore per l’attività che si esercita. Se si vuole svolgere l’attività di albergatore, occorre prendere una licenza. Purtroppo in Italia non è così e Federalberghi chiede soltanto di mettere fine a questo ‘far west’». Una fine che sembrava imminente ma che per ora resta solo sulla carta anche se, come è emerso nei giorni scorsi, il disegno di legge allo studio del ministro del Turismo Daniela Santanché  a breve dovrebbe approdare al Consiglio dei ministri. Tra i punti chiave del provvedimento la definizione della durata minima del soggiorno che viene fissata ad un minimo di due notti consecutive, una norma questa molto attesa dagli albergatori. Il tetto delle due notti si applica però solo nei centri storici dei comuni capoluoghi delle città metropolitane, un perimetro di applicazione abbastanza circoscritto (sanzione da 1.000 a 5.000 euro per chi sgarra). Una vera e propria 'stretta' riguarda, invece, il numero degli appartamenti locabili (due) altrimenti si presume che l'attività venga svolta in forma imprenditoriale e non scatta la cedolare secca. Tra gli altri limiti imposti per legge anche il fatto che l'unità immobiliare debba essere collocata in un luogo diverso da quello di residenza della parte conduttrice.

Scatta la tassa di soggiorno

Altro punto nodale previsto dal ddl riguarda l'obbligo di riscossione della tassa di soggiorno, che fino ad oggi non riguardava gli affitti brevi ma solo alberghi e B&B e viene esteso anche ai primi.  

Da parte loro, le associazioni Aigab, Confedilizia, Fiaip e Prolocatur esprimono la loro più totale contrarietà al disegno di legge in materia di locazioni brevi predisposto dal ministero del Turismo. Si tratta di un testo palesemente mirato a contrastare l’ospitalità in casa a vantaggio di quella in albergo in virtù della previsione di una innumerevole serie di divieti, limitazioni, requisiti e obblighi senza precedenti, alcuni dei quali di pressoché impossibile applicazione.

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Basti, a titolo esemplificativo, citare alcune previsioni: viene vietato, nelle città più importanti, l’affitto delle case per una sola notte; vengono imposti ai proprietari di casa gli stessi adempimenti previsti per gli alberghi (estintore, rilevatore monossido di carbonio, segnaletica di sicurezza, ecc.), persino nel caso in cui si affitti per una settimana l’anno la casetta al mare o in montagna; vengono previsti, per la prima volta nella storia, dei requisiti soggettivi per poter affittare una casa; viene imposto di diventare imprenditore, con i mille adempimenti conseguenti, a chi dia in locazione breve più di due appartamenti; vengono introdotte pesanti sanzioni per violazione di meri obblighi formali (es.: fino a ottomila euro per chi dimenticasse di chiedere un codice).

Un coro di no a Santanché

«Si tratta – commentano i rappresentanti delle associazioni di categoria – di una proposta di legge inaccettabile che contraddice le ripetute dichiarazioni pubbliche nelle quali il Ministro Santanchè affermava, nell’affrontare la delicata materia delle locazioni turistiche, la propria contrarietà all’introduzione di divieti, chiusure e limitazioni. Chiediamo un deciso cambio di rotta nell’impostazione di una normativa che, se rimanesse tale, determinerebbe una pericolosa deriva liberticida rispetto al diritto costituzionalmente garantito di poter affittare liberamente il proprio immobile, acquistato spesso e volentieri con i risparmi accumulati in anni e anni di sacrifici».

Dal punto di vista fiscale, attualmente, le locazioni brevi sono disciplinate dall’art. 4, d.l. n. 50/2017. Nello specifico, tale articolo ammette la tassazione con la cedolare secca anche per le locazioni di durata non superiore a 30 giorni. Locazioni che possono essere caratterizzate anche dalla fornitura di servizi quali oltre alla messa a disposizione dell’immobile: la fornitura della biancheria, la pulizia dei locali, le utenze, wi-fi, aria condizionata. La legge n. 178/2020, legge di bilancio 2021, con effetto dal periodo d’imposta relativo al 2021, ha disposto che il regime delle locazioni brevi è riconosciuto solo in caso di destinazione alla locazione breve di non più di quattro appartamenti per ciascun periodo d’imposta. Negli altri casi, l’attività di locazione, da chiunque esercitata, si presume svolta in forma imprenditoriale.