Questa rubrica era stata pensata per tirar su il morale di chi si deprimeva nel seguire le vicende del Bel Paese. E per tirar su il proprio morale è consentito il “provar piacere nel seguire le disgrazie degli altri”, ed ecco lo schadenfreunde. Aggiorniamo la rubrica, allargando il nostro orizzonte non solo oltre il Bel Paese, ma anche oltre l’Unione Europea. Ci occupiamo delle “disgrazie” dei due grandi: gli Stati Uniti e la Cina. Iniziamo con i primi.

Nell’interpretazione mainstream gli Stati Uniti sono il Paese della crescita economica e dell’innovazione, con un assetto non oberato dal peso dello “stato sociale”. Sempre secondo questa interpretazione, gli Stati Uniti crescono molto grazie ai mercati molto competitivi e alla responsabilità individuale diffusa, proprio perché nessuno ti protegge dalla “culla alla bara”. Tutto il contrario di quanto avviene nell’Europa Continentale.

Questa interpretazione dell’Europa Continentale e degli Stati Uniti non ha delle grandi basi analitiche, come vedremo.

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ll ragionamento che segue trae origine da:

Sulle caratteristiche economiche degli Stati Uniti e dell’Europa: Thomas Philippon, The Great Reversal, Harvard U.P., 2019; https://www.ft.com/content/97be3f2c-00b1-11ea-b7bc-f3fa4e77dd47; https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2869301, 2017.

Sulle caratteristiche sociali degli Stati Uniti e dell’Europa: https://lanekenworthy.net/social-programs/; https://www.foreignaffairs.com/articles/united-states/2020-05-01/coronavirus-wont-usher-american-welfare-state;

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Negli Stati Uniti si ha meno concorrenza (ossia si ha una maggiore concentrazione) di quanto non si abbia in Europa. Questo lo si vede dai prezzi più alti dei beni di molti settori, nonché dai margini di profitto maggiori. (L’assunto dietro i numeri, che sono i fatti da spiegare, è che con una concorrenza elevata le imprese praticano dei prezzi inferiori e hanno dei profitti minori).

La ragione di questo andamento non è economico, come si potrebbe pensare, ma politico. Esso va cercato nella diversa efficacia dell’intervento delle istituzioni volte a limitare il potere dei monopoli. Monopoli che si formano anche attraverso le fusioni e le acquisizioni. L’ipotesi di Philippon è che in Europa le istituzioni preposte alla concorrenza funzionano meglio che negli Stati Uniti, proprio perché i Paesi europei, che sono sospettosi uno dell’altro, impediscono che qualcuno fra loro possa prendere il sopravvento nelle istituzioni anti trust con l’obiettivo di favorire i propri “campioni nazionali. In altre parole, la mancanza di omogeneità politica in Europa è l’origine (ecco il paradosso) del miglior funzionamento delle istituzioni volte a favorire la concorrenza. Ergo, per tornare allo shadenfreunde, i maggiori profitti delle imprese statunitensi, soprattutto se quotate, come mostra il succitato studio di Kathleen e Stulz, sono, contrariamente al pensiero mainstream, un segno di minor “liberismo” degli Stati Uniti rispetto alla vituperata Unione Europea.

Detto dei maggiori prezzi e della minore concorrenza e quindi dei maggiori profitti, passiamo alla crescita e allo “stato sociale”.

La crescita negli Stati Uniti e nell’Unione Europea negli ultimi venti anni, se misurata come variazione del PIL per capita, ha avuto lo stesso andamento, intorno al venti per cento. Rispetto a quella statunitense quella italiana è stata minore e quella tedesca maggiore. Non abbiamo quindi un miglior andamento degli Stati Uniti, contrariamente a quanto si crede.

Negli Stati Uniti abbiamo una spesa sociale elevata, cresciuta dopo la Seconda Guerra, ma non elevata quanto quella Europea, anch’essa cresciuta nello stesso periodo. Da qui la semplificazione che l’Europa è “social democratica”, mentre gli Stati Uniti sono “liberisti”.

Bisogna però prestare attenzione a come si specifica il punto sollevato. Quanta spesa sociale negli Stati Uniti è di origine pubblica e quanta di origine privata. E come sono calcolate le imposte. Facendo i conti in maniera diversa, si hanno delle sorprese.

Negli Stati Uniti si ha una gran spesa in programmi sociali privati, come quella delle imprese per l'assicurazione sanitaria e per le pensioni dei propri dipendenti. Si hanno poi delle trappole contabili. In alcuni Paesi, come l’Italia, la spesa per le pensioni è calcolata al lordo e poi tassata. Sembra quindi - con il calcolo al lordo - che ci sia un reddito pensionistico maggiore in rapporto al PIL, mentre con il calcolo al netto questo reddito si riduce. Inoltre negli Stati Uniti le imposte indirette sono minori di quelle europee e quindi il reddito netto, alla fine, è maggiore di quanto possa sembrare in un primo momento. Segue che un confronto accurato della spesa sociale fra Stati Uniti ed Europa andrebbe fatto con la spesa pubblica al netto delle imposte sul reddito e al netto delle imposte indirette.

Per tornare allo shadenfreunde, e come mostra il succitato primo lavoro di Lane Kenworthy, la spesa sociale statunitense non è così modesta come molti credono, perché è anche frutto di quella delle imprese private. Segue però che chi non è occupato in queste ultime, non godendo di un intervento “universale” come accade in Europa, non ha una copertura dal rischio sufficiente. In questo senso è vero che negli Stati Uniti si ha una minor copertura dal rischio.

Resta la domanda se, in seguito alla crisi sanitaria causata dal corona virus, negli Stati Uniti si avrà o meno una assistenza sanitaria universale. Secondo il secondo succitato lavoro di Lane Kenworthy un intervento universale dipenderà da chi vince le elezioni di Novembre. E la ragione di quanto affermato è che la storia mostra come negli Stati Uniti le crisi economiche - con il seguito di pressione popolare per le riforme - non abbiano mai portato a dei mutamenti davvero profondi dell’intervento pubblico nel campo della protezione sociale universale a meno che non vi sia stata una Presidenza disposta a farlo. Ciò è accaduto due volte, con Roosevelt e con Johnson.