Da una parte abbiamo le «vittime», secondo alcuni, o i «reprobi», secondo altri. Dall’altra abbiamo gli «avidi», secondo alcuni, o i «sacri diritti dei creditori», secondo altri. Da una parte abbiamo la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo, dall’altra coloro che ne detengono le attività finanziarie. Insomma, sembra un mondo diviso in maniera netta. Non è vero, l’industria finanziaria è divisa in due. Ossia, la finanza non è «una», ma «bina».
Vi sono quelli che hanno comprato i titoli di stato di questi tre paesi, e quelli che hanno assicurato i compratori di questi titoli di stato in caso di insolvenza, ossia che hanno collocato i CDS – i credit default swaps. Ergo, se questi tre paesi paesi fossero insolventi – ossia non in grado di pagare i propri debiti – chi ne ha comprato i titoli certamente perderebbe, e chi li ha assicurati anche. Nel dettaglio, le cose sono ancora più interessanti.
Le imprese finanziarie europee hanno comprato i titoli, le imprese statunitensi li hanno assicurati. Se la Grecia «saltasse», le prime ci rimetterebbero, ma (si noti) per la parte non assicurata. Le seconde – astute – non hanno i titoli greci, ma li hanno assicurati – e forse sono meno astute. Le imprese finanziarie europee hanno stimato una probabilità di insolvenza dei paesi europei minori superiore a quella stimata dalle imprese statunitensi. Solo se uno pensa che la probabilità di insolvenza sia contenuta assicura, infatti, contro l’insolvenza.
Insomma, in caso di default dei paesi europei minori il sistema europeo sarebbe coperto in parte dai contratti di assicurazione con gli statunitensi. La Grecia è un problema che attraversa il mar Atlantico. Non è solo un problema legato a che cosa pensa il partito dei «veri finlandesi».
Per i particolari:
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