Oggi, 11 ottobre, inizia a Teheran la ventunesima fiera internazionale Havac&r, che riunisce le imprese del settore riscaldamento, ventilazione e refrigerazione. Si prevede uno scarso afflusso di imprenditori italiani, dopo che la Farnesina ha comunicato che, «alla luce del protrarsi delle manifestazioni di protesta in tutto il Paese, si sconsiglia qualunque viaggio non essenziale in Iran».
Se per l’Italia è allarme arancione, per le autorità francesi è allarme rosso: ai cittadini francesi, anche binazionali (e quindi con passaporto sia francese sia iraniano) si chiede di lasciare l’Iran al più presto.
La Farnesina sconsiglia
Sul sito italiano viaggiare sicuri si raccomanda inoltre «ai connazionali comunque presenti in Iran di esercitare la massima cautela, evitando assembramenti ed attenendosi scrupolosamente alle indicazioni delle Autorità locali. Sono vivamente sconsigliati gli spostamenti non essenziali, soprattutto nelle ore serali. Si sconsiglia parimenti di scattare foto o registrare video in luoghi pubblici. Si segnalano altresì prolungate e sistematiche interruzioni della connessione Internet, quasi completamente assente dal primo pomeriggio a tarda notte».
In questi giorni a Teheran è sciopero generale, muoversi è complicato e anche i mercati sono chiusi. Il bilancio provvisorio delle proteste - ormai alla quarta settimana - è di almeno un centinaio di vittime. A scatenarle era stata la morte della ventiduenne Mahsa Amini, arrestata il 13 settembre mentre si trovata con la famiglia in vacanza a Teheran prima dell’inizio dell’anno accademico. Fermata dalla polizia morale perché non indossava regolarmente il velo, era deceduta dopo tre giorni di coma. La famiglia si è rifiutata di seppellire la figlia di notte e i funerali nella località natale di Saghez, nella provincia iraniana del Kurdistan, hanno scatenato la rabbia della popolazione locale. Tre settimane dopo, la magistratura ha reso noto che il decesso non sarebbe dovuto alle botte, ma a un’operazione chirurgica per un tumore al cervello, quand’era bambina.
Il Paese guarda a Est
Mentre Mahsa Amini era tra le grinfie della polizia morale, il presidente della Repubblica islamica Ebrahim Raisi si trovava a Samarcanda, in Uzbekistan, per il vertice della Shanghai Cooperation Organization (Sco) di cui fanno parte Russia, Cina, India e i paesi dell’Asia Centrale: metà della popolazione del pianeta, 15,4 percento del commercio mondiale, un volume di scambi tra i diversi Paesi membri pari a 803,7 miliardi di dollari. Di fronte alle porte chiuse dell’Occidente, l’Iran cerca di tessere altre alleanze, anche con la Russia a cui vende droni che Putin impiega nell’aggressione all’Ucraina. L’Iran guarda sempre più a est, cercando di entrare nella Shanghai Cooperation Organization: la procedura di ingresso è a buon punto, ma il successo della diplomazia di Teheran è stato mandato a monte dal clamore mediatico della morte di Mahsa Amini.
Le proteste in corso sono le più importanti, per portata e significato dalla rivoluzione del 1979. Diversamente da allora, non hanno un leader e non sono coordinate (le autorità della Repubblica islamica hanno bloccato Instagram e WhatsApp). Questi fattori potrebbero rappresentare debolezze intrinseche, ma si stanno in realtà rivelando punti di forza, soprattutto se queste proteste vengono messe a confronto con quelle del 2009, quando il presidente ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad venne eletto per un secondo mandato. In quell’occasione, le autorità avevano decapitato il movimento verde di opposizione arrestandone i leader Mir Hossein Moussavi, la moglie Zahra Rahnavard e Mehdi Karroubi.
Inflazione da record: 41,4%
In ogni caso, non si tratta di una rivoluzione femminista: tra le istanze delle piazze iraniane, la crisi economica riveste un ruolo di primo piano insieme alle rivendicazioni di maggiori diritti. Con un tasso di inflazione al 41,4 percento, i salari e le pensioni perdono rapidamente potere d’acquisto. Rispetto agli altri Paesi del Medio Oriente, l’economia iraniana è relativamente più diversificata ma le esportazioni di energia sono comunque tra le maggiori fonti di reddito. Il Paese è infatti al quarto posto al mondo per riserve di petrolio e al secondo di gas (dopo la Russia). Le riserve iraniane di petrolio rappresentano un quarto di quelle racchiuse in Medio Oriente e il 12 percento di quelle del pianeta.
È quasi un mese che gli iraniani protestano, ma non tutti sono allineati con i dimostranti. A lamentarsi sono i mercanti del bazar di Tajrish, Teheran nord, perché il loro fatturato si è dimezzato: dopo le cinque del pomeriggio i manifestanti scendono in strada, bruciano cassonetti e copertoni, la gente ha paura ad uscire di casa. Di pari passo, Instagram non funziona, e per questo motivo tanti business si sono fermati. Ma le autorità hanno paura a sbloccare la rete perché permetterebbe ai dimostranti di coordinarsi. Ora, per calmare gli animi le autorità iraniane dovrebbero soddisfare alcune richieste.
Il velo non si tocca
Difficilmente cederanno sull’obbligo del velo, perché fu imposto dall’Ayatollah Khomeini – il fondatore della patria – nel 1979. Tenuto conto che numerose sono le istanze economiche, si tratterà di distribuire - sotto forma di aumenti salariali, pensioni e sussidi - quei 7,1 miliardi di euro che saranno presto sbloccati da una banca della Corea del Sud, in seguito al rilascio di due ostaggi con doppia cittadinanza statunitense e iraniana. In ogni caso, le proteste iraniane stanno coinvolgendo tutto il Paese, con richieste che riguardano anche l’emergenza climatica come nella città di Urmia, capoluogo della provincia dell’Azerbaigian occidentale, dove manca l’acqua.
Nonostante le proteste in corso, e soprattutto nonostante le sanzioni statunitensi, l’Iran e i suoi 86 milioni di abitanti (con un buon livello di istruzione e quindi potenziali consumatori di prodotti stranieri e di made in Italy) restano di interesse per le imprese italiane. In base ai dati Ice del gennaio – giugno di quest’anno, le esportazioni italiane (macchinari e apparecchiature, prodotti chimici e farmaceutici, apparecchi medicali) in Iran sono state di 232.934.000 e hanno registrato un aumento del 6,5 percento rispetto allo stesso periodo del 2021. Le nostre importazioni (prodotti agricoli, ittici, chimici) sono state di 91.263.000 euro con un aumento dell’8,2 percento rispetto al gennaio – giugno dell’anno precedente.
Uno dei pilastri dell’economia iraniana è la resilienza alle pressioni straniere. Per questo motivo il parlamento di Teheran ha ratificato una legge per il massimo utilizzo delle competenze locali e della produzione industriale. Di conseguenza, l’esportazione di prodotti finiti in Iran è quasi del tutto proibita, richiede permessi speciali ed è soggetta ad alti dazi doganali. Inoltre, sia per le esportazioni sia per l’import è necessario un partner locale in grado di districarsi nella burocrazia. Le altre difficoltà riguardano i dazi alti, la svalutazione del rial, l’impossibilità di utilizzare i canali internazionali di pagamento (Swift), la frammentazione del mercato al dettaglio e della distribuzione che impone una diversa strategia di mercato rispetto all’Europa.
Affari nella sanità
Oltre alla popolazione giovane e interessata ai marchi occidentali, i punti di forza del mercato iraniano sono la carenza di infrastrutture, la necessità di nuove tecnologie e di investimenti. Di particolare interesse, per le imprese italiane, il settore farmaceutico e medicale sia per i consumatori interni sia per gli stranieri. Con un valore di 1 miliardo di euro, l’Iran è il quinto mercato della regione e, sebbene il governo iraniano insista sul far da sé, il settore è caratterizzato dall’88 percento di importazioni di cui il 70,4 percento proveniente dall’Europa. L’obiettivo delle autorità iraniane è diventare un hub regionale e, di conseguenza, si prospettano facilitazioni per le imprese europee e italiane, ritenute le più affidabili in ambito medicale.
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