Lo scorso 8 giugno l’annosa vicenda riguardante il Centro nazionale sull’intelligenza artificiale a Torino, dopo settimane in cui il tema era tornato nuovamente alla ribalta, soprattutto in seguito ad alcune dichiarazioni del Ministro Messa, è sembrato avere un improvviso movimento. Il sindaco Stefano Lo Russo e il governatore del Piemonte Alberto Cirio dopo un incontro a Roma con il ministro dell’Economia Daniele Franco, in un comunicato congiunto, hanno annunciato «lo sblocco di una situazione ferma da ormai quasi un anno», fornendo un cronoprogramma a partire dall’emanazione, entro giugno, del Decreto di nomina del Comitato «che scriverà lo statuto della Fondazione che svilupperà l’attività di ricerca dedicata ad automotive e aerospazio».

Il punto della situazione

Lo sblocco, tuttavia, non è bastato a chiarire molti dubbi, anzi. A partire dal fatto che il progetto originale del polo nazionale dell’I3A prevedeva una dotazione finanziaria di 80 milioni e di circa 600 scienziati coinvolti. La Fondazione prevista ora ha uno stanziamento di 20 milioni di euro annui. Troppo pochi, secondo alcuni, quando si parla di un campo di ricerca come quello sull’intelligenza artificiale. Altre perplessità riguardano i settori coinvolti: soltanto l’automotive?

Basta mendicare

Perplessità ed obiezioni che don Luca Peyron, uno dei propugnatori del progetto, fin dalle origini, respinge al mittente: «Cerchiamo di cominciare a essere cittadini di questo pianeta e proviamo a smettere di mendicare - afferma -. Io direi che la nomina del Comitato e la scrittura dello Statuto sono un’ottima notizia perché sono un punto di partenza. E come tutti i punti di partenza ha bisogno che sia ben chiaro dove si vuole arrivare. Automotive e aerospazio - aggiunge - non sono un contentino. Chi conosce un po’ cosa significano queste due parole, sa che si possono leggere dentro cose straordinarie. Automotive significa tutto ciò che si muove e buona parte di ciò che esiste ed ha bisogno di tecnologia. Aerospazio non è solo la sonda che va su Marte ma significa tenere in vita gli esseri umani in ambiente ostile. Quindi vuol dire agrifood, salute, medicina preventiva, capacità di monitorare l’essere umano minuto per minuto. Non un contentino, ma un punto di partenza sostanziale».

L’etica e la questione centrale

Ad avviso di Peyron «il problema non è decidere dove questo Centro sarà messo, se nel grattacielo della Rai o a Borgo Vittoria. Il punto non è quanti soldi arrivano, il punto, e qui ci vorrà la massima attenzione, è che chi dovrà scrivere lo statuto, dovrà prevedere anche un terzo pilastro. Ossia l’etica. Noi possiamo fare la differenza come sistema Paese rispetto al dato etico. L’intelligenza artificiale in salsa europea - spiega ancora - prevede una filiera di personaggi che, al momento, non esistono: un ente certificatore, i certificatori, i progettisti che lavorino secondo questi standard. Chi li forma? Chi li addestra? Chi crea tecnologie con queste caratteristiche? Al momento nessuno. Se questa Fondazione comincia da subito a muoversi in questa direzione può diventare davvero un approdo significativo a livello europeo e mondiale».

Fondazione e Politecnico di Torino

Il tema della certificazione e del ruolo che in questo ambito potrebbe giocare la Fondazione torinese è sottolineato anche dal rettore del Politecnico di Torino Guido Saracco, che ai rilievi di chi parla di un risultato sminuito, replica: «Era qualcosa che si sapeva da più di un anno. Si parlava chiaramente della Fondazione, che dovrà certamente avere un afflato nazionale, quantomeno per il fatto che è finanziata con fondi governativi, circoscritta ai temi specifici dell’automobile, dell’aerospazio e dell’industria manifatturiera 4.0, che dovrà portare avanti la ricerca dell’impatto dell’intelligenza artificiale su questi settori. Non capisco, quindi, chi ora dice “il progetto non è più quello di prima”. Il mandato era molto chiaro».

Per il rettore Saracco «a questo punto l’importante è partire». Ed evidenzia che «dal momento che, nell’ambito dell’intelligenza artificiale, i prodotti sono molto meno tangibili rispetto ai prodotti fisici dove la certificazione è ormai ben codificata, bisognerà occuparsi della certificazione dei prodotti Ai. Il tema della certificazione dei prodotti dell’intelligenza artificiale - aggiunge - dei software, degli algoritmi, è un tema che necessita di essere smarcato, su cui l’Europa sta lavorando. E l’Italia deve dotarsi di un sistema che sia in risonanza con quello europeo ma nazionale. Una Fondazione come questa dovrebbe occuparsene a beneficio del territorio e dell’intero Paese».

L'anno buttato via

Si è perso un anno, intanto. Perché? «Non credo per cattiva volontà - risponde Saracco -, ma più forse per un fraintendimento, sul fatto che forse si confondevano i due Centri, quello del Politecnico sulla mobilità sostenibile e questa Fondazione riguardante l’intelligenza artificiale al servizio di comparti che sono gli stessi. Bisogna mettere a sistema, in modo che non ci siano sovrapposizioni. Per quanto mi riguarda - osserva ancora - farò in modo che ci sia un’azione davvero sinergica sul territorio, che questa Fondazione possa diventare un’ulteriore marcia al nostro motore. È una fondazione finanziata dal Governo, non con Fondi Pnrr, che riguarda comparti industriali trasversali a tutto il Paese, che avranno bisogno di prodotti di intelligenza artificiale, che necessiteranno di certificazione, che si potrà essere tra i primi a proporre come format».

Il progetto torinese, peraltro, è tutt'altra cosa del Centro nazionale per la Mobilità sostenibile, assegnato in questi giorni a Milano e composto da 25 centri di ricerca, 25 università e 24 grandi aziende. Si tratta di un partenariato pubblico-privato con una dote di 394 milioni di euro per il triennio 2023-2025 di provenienza PNRR. Ne beneficeranno indirettamente anche Politecnico e Università di Torino.

Gli industriali: «Non perdiamo più tempo»

Anche per il presidente di Confindustria Piemonte Marco Gay «il fatto che ci sia finalmente lo sblocco dell’impasse e che si possa andare avanti è un’ottima opportunità. Ma ora si deve andare davvero avanti: ci siamo esecuzione, tempi chiari, velocità, coinvolgimento del mondo industriale ed universitario». Gay parla di tre punti di azione: «Deve esserci un lavoro pubblico-privato tra istituzioni, università ed aziende, perchè ci sia una ricaduta di prodotto, di crescita, di sviluppo di nuove tendenze»; «le aziende che ne trarranno vantaggio, non solo regionali ma nazionali, devono trovare continuità ed opportunità di crescere nelle filiere internazionali grazie alle nuove tecnologie». In ultimo «l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in settori industriali così di avanguardia ed in grande trasformazione, come possono essere e sono l’automotive e l’aerospace, può veramente creare una ricaduta che coinvolga i territori, i giovani, le aziende che oggi sono di spicco non solo a livello nazionale, ma internazionale, grazie alle filiere in cui sono inserite».

Sul tema dello stanziamento di 20 milioni annui? «Potevamo prendere di più? - si domanda il presidente di Confindustria Piemonte - Si può sempre prendere di più. È chiaro che da piemontese avrei voluto di più. Ma questa è un’opportunità che non si può perdere. Gli investimenti in ricerca e sviluppo, trasferimento tecnologico, nuovi servizi e soluzioni sono quelli di cui oggi l’industria ha maggiormente bisogno. si tratta di un buon primo passo avanti per poi attrarre nuovi investimenti, magari congiunti pubblici e privati. Se penso, per esempio, all’Hydrogen Valley e al ruolo che il Piemonte avrà sullo sviluppo dell’idrogeno, sicuramente potrà trarre un beneficio anche dalla ricerca e sullll’intelligenza artificiale per il settore della mobilità. L’importante è che adesso si parta davvero».