Tutti al capezzale dell'automotive, un tempo il motore dell'industria italiana. Lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel dal 2035, senza interventi di supporto, rischia di avere un impatto pesante sull'occupazione: le stime per l'Italia«intravvedono una perdita di circa 73mila posti di lavoro, di cui 63mila nel periodo 2025-2030». E' quanto rimarca lo studio elaborato dall'Osservatorio nazionale automotive presentato da Federmeccanica e Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil sulle politiche industriali nelle principali economie automotive, in cui si sottolinea come l'impatto sia «proporzionalmente maggiore per l'Italia rispetto ad altri Paesi dell'industria automotive per la forte presenza di attività legate alla powertrain del motore a combustione interna». E, si sottolinea, come l'architettura stessa del veicolo elettrico sia «caratterizzata da un minor numero di componenti, verosimilmente con minor contributo di occupazione».
Federmeccanica e sindacati richiamano, dunque, l'attenzione sul settore della produzione di autoveicoli nel Paese e sottolineano che «emergono con forza e urgenza temi e interrogativi che richiedono una immediata e straordinaria mobilitazione delle istituzioni nazionali insieme agli attori del settore per salvaguardare e promuovere l'occupazione e la presenza industriale».

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E, almeno a parole, l'appello non sembra caduto nel vuoto. Alla presentazione è intervenuto anche il ministro dell'Industria e del made in Italy Adolfo Urso che ha promesso: «Il governo è pronto a mettere in campo una vera politica industriale sull'automotive attraverso un confronto serio e serrato» con i sindacati e le imprese, anche su incentivi e investimenti. Il ministro si è dato anche un tempo: dodici mesi per delinerare «una serie di attività legislative per configurare finalmente una politica industriale nel Paese che manca da quando sono state smantellate le partecipazioni statali. Fino a oggi più dell'80% degli incentivi è andato alle auto realizzate all'estero. Gli incentivi sull'elettrico non hanno fatto aumentare le vendite, oggi sono macchine di lusso, per i ricchi delle Ztl, ma non voglio che sia così. Voglio capire come ben calibrare gli incentivi, che dovrebbero soprattutto servire a rottamare i veicoli che inquinano di più».

Dal Freedom of mobility forum gli ha risposto indirettamente Carlos Tavares, numero uno di Stellantis, che ha detto: «La sfida vera è quella dell'accessibilità alle auto elettriche. Oggi le materie prime per produrre le batterie sono poche e costose».