La sostenibilità è una strada ormai obbligata. Per l’economia, certo, ma anche e soprattutto per il ben-essere delle nuove generazioni. Siamo stati troppo egoisti con il futuro dei nostri figli, senza pensare al pianeta, ma al nostro immediato tornaconto. Adesso c’è chi fa peggio, verniciando con furbizia ciò che green non è con mille invenzioni di “washing”.

L'automobile sotto la lente

Che cosa ci insegna la scelta controversa di Bruxelles sulla fine dei motori termici nel 2035? La decisione, frenata in particolare da Germania, Italia, Bulgaria e Polonia, è stata sospesa, ma restano aperte molte incognite. Il possibile collasso dell’indotto è un aspetto problematico, ma non solo. Ragioniamo sulla scelta dell’innovazione, anzitutto. Puntare in un modo così forte e drastico per una opzione tecnologica rischia di compromettere oggi una scelta di un domani non lontano che potrebbe risultare più adeguata. Per esempio: se smantelliamo tutto in favore dell’elettrico e tra qualche anno si scoprono soluzioni più valide con l’idrogeno (già all’opera su alcuni treni), che si fa?

L'anello debole

Gli esperti, inoltre, suggeriscono di preoccuparsi dell’anello debole della transizione energetica, che è l’accumulo dell’energia. Ovvero lo stoccaggio sicuro, ma anche la questione delle infrastrutture per ricaricare le auto elettriche. Il tempo di ricarica è già un discreto dissuasore degli acquisti (salvo per chi non abbia pannelli solari in proprio), ma per l’automobilista – e l’intero sistema della mobilità – rischia di trasformarsi in un incubo, se non esiste una colonnina libera quando e dove serve. E abbiamo visto com’è andata a finire negli anni passati la rete di erogazione del metano per autotrazione…

Più concretezza

Detto questo, bisogna rinunciare alla sostenibilità? Assolutamente no. Ma – possibilmente – mettendo sul tavolo tutti gli elementi utili per pianificare (compresi biocarburanti, smaltimento delle batterie e quant’altro). Invece di trovarsi all’ultimo a dover decidere – come in sede europea – senza aver discusso adeguatamente. Questo cortocircuito sta avvenendo anche sulle case green e sul packaging. Vedremo. Tuttavia, verrebbe da dire: meno slogan, più concretezza. Magari anche sul nucleare, che ben si sposerebbe con le rinnovabili, ma in Italia ci sono temi scelleratamente tabù.

Guardare lontano, in buona sostanza, vuol dire impostare una politica industriale degna di questo nome perché ispirata al bene comune. Ma ne saremo capaci?