Ci sono casi nei quali distinguere il diavolo dall’acqua santa è facile. Negli investimenti i travestimenti delle entità oscure sono talvolta mimetici, tanto da far scomparire le differenze persino agli occhi di investitori smaliziati. È accaduto qualche settimana fa che Larry Flink, il maggiore investitore del mondo per conto terzi, fondatore di Blackrock, parlasse di Bitcoin come di una vera asset class.
Alcune case di investimento hanno iniziato da tempo ad offrire ETC con sottostanti i Bitcoin (gli ETC sono specie di ETF non diversificati, ossia che investono in un solo valore mobiliare). La descrizione offerta al pubblico di alcuni prodotti offerti come prodotti di investimento e costruiti sui Bitcoin arrivano ad affermare che gli strumenti replicano il valore del Bitcoin fisico, superando ogni legge fisica. Perché dell’oro esiste il sottostante fisico, del Bitcoin ovviamente no.
I grafici temporali sono negoziabili?
Può essere che qualunque cosa sia rappresentabile come un grafico temporale sia negoziabile? Certamente sì. Nel 1993 il premio Nobel Robert Shiller propose che i mercati futures potessero quotare i valori futuri delle grandezze macroeconomiche, così che i lavoratori, per esempio, potessero proteggersi dagli effetti della disoccupazione, i proprietari e mutuatari dal calo dei prezzi delle loro case e le imprese dal calo della domanda.
In effetti, nel 2002 Deutsche Bank e Goldman Sachs hanno dato vita a un mercato di derivati sulle grandezze economiche. L’importante, per poter costruire un derivato, come un future, è sapere che a una data futura fissata e periodica una grandezza numerica verrà pubblicata da un’entità che non deve assicurare altro che l’esistenza e l’unicità del dato (la ragione per cui i derivati sulle grandezze macroeconomiche non hanno avuto il successo sperato sono le revisioni dei valori, cosa che non accade, per esempio, per i prezzi delle pancette di Chicago, che hanno originato il mercato dei future commerciali).
Derivati: ignoranti e da maneggiare con cura
Riprendiamo il ragionamento: è utile costruire un derivato su qualsiasi variabile visibile come un grafico temporale, a condizione che il contratto derivato abbia un’utilità non puramente speculativa. Chi compra il future sui prezzi delle case può essere che stia speculando, ma chi lo vende normalmente sta proteggendo il valore della casa che possiede.
L’infrastruttura che permette di costruire un derivato su una variabile quantitativa, però, è ignorante. Non distingue il diavolo dall’acquasanta. Non distingue sottostanti numerici la cui evoluzione nel tempo può essere oggetto esclusivamente di scommesse pure, come quelle ippiche, oppure possa essere una specie di contratto assicurativo. Il che vuol dire che sono gli investitori stessi, attraverso le loro operazioni, ad essere responsabili della salubrità del mercato, perché con le loro quotazioni possono dare vita a nuovi mercati finanziari o a casi di pura bisca.
Il Bitcoin è un prodotto di investimento?
Proviamo a immaginare che tutti coloro che vogliono possedere Bitcoin non siano animati dal desiderio di scommettere, ma vogliano invece investire. Il Bitcoin è un prodotto di investimento? No. I beni di investimento producono redditi nel tempo. La casa produce l’affitto; gli alberi i frutti (o la crescita di sé stessi). In finanza, le obbligazioni pagano le cedole (e rimborsano il capitale); le azioni pagano i dividendi (e sono rivendibili).
Tutti i beni di investimento producono necessariamente un flusso di rendimenti futuri, tanto che un modo per calcolarne il valore fondamentale, molto semplicemente, è il valore attuale dei rendimenti futuri.
Il valore attuale dei rendimenti futuri è un utile riferimento per il mercato, ossia per chi compra e vende gli investimenti: lo definiamo valore “fondamentale”, ossia quel valore che prima o poi si rivede sul listino, anche se temporaneamente i prezzi sembrassero inspiegabili (perché distanti dal fondamentale). Il calcolo fondamentale del Bitcoin produce però un valore pari a zero, perché non paga cedole né dividendi, quindi il Bitcoin non è un bene di investimento, e chi lo acquista non è un investitore.
Il Bitcoin è una commodity di serie B?
I beni che non producono redditi periodici si chiamano commodity. Il Bitcoin potrebbe essere considerato una commodity, ma una commodity appena appena di serie B, e adesso ci spieghiamo. Le commodity sono beni non riutilizzabili (in effetti, usare il bitcoin significa scambiarlo, dopodiché ce ne saremmo privati) che hanno sia un prezzo (una specie di valore di scambio, che deriva dalla domanda rispetto all’offerta), sia hanno un valore di uso.
Qualora non esista una domanda per una commodity che si possiede, questa potrebbe essere trasformata in una utilità, usandola. L’albero di mele è un bene di investimento. La mela è una commodity. Se, in un certo momento, nessuno volesse comprare/scambiare la nostra mela, potremmo mangiarla, ossia potremmo usarla, azzerandola, per soddisfare un bisogno.
Il Bitcoin è sì una commodity, ma una commodity che non ha alcun valore d’uso bensì un puro valore di scambio: il valore che esprime dipende dall’esistenza di una domanda privata altrui. A questo punto sappiamo che il Bitcoin non è un investimento, è una commodity di serie B e anche se appare travestito da derivato o da ETC, l’etichetta sulla confezione non garantisce la qualità del contenuto: i mercati negoziano scommesse pure, insidiose perché chi le firma può essere una casa di investimento.
Il Bitcoin è una moneta?
A questo punto resta ancora un chiarimento: è una moneta? No, perché anche se una commodity può avere la funzione di moneta e anche se la moneta non ha un valore d’uso del suo sottostante (lo avevano le monete metalliche, che sono scomparse), il valore della moneta è ancorato alla sua convertibilità in beni di qualsiasi tipo (e i prezzi sono le ragioni di scambio tra la moneta e i beni). Lo Stato che la emette garantisce che la moneta non possa essere legalmente rifiutata nei pagamenti, quindi il valore di scambio è garantito.
La garanzia è rafforzata dal fatto che nei sistemi monetari contemporanei a creare la moneta è il monopolio legale di una banca indipendente che ne regola la quantità per garantire una ragionevole costanza del valore di scambio.
L’accettazione del Bitcoin come mezzo di pagamento è invece del tutto privata e volontaria. E chi lo detiene ha nelle mani un valore di scambio che di giorno in giorno può raddoppiare come dimezzarsi o addirittura volatilizzarsi.
Da ottobre 2020 a gennaio 2021 il Bitcoin in 4 mesi è passato da 10.000 a 37.000 dollari (con una punta a 42.000). È bene sapere che la garanzia di convertire domani un Bitcoin con una autovettura da 37.000 dollari è puramente teorico e potrebbe sparire.
Gli statement dell’Autorità Britannica
Tutti i regolatori del pianeta sono sempre stati piuttosto cauti su quella che potrebbe in realtà essere la più clamorosa bolla finanziaria della storia. Ma l’autorità britannica (FCA) la scorsa settimana ha emesso i seguenti due statement sulle criptovalute: «If consumers invest in these types of product, they should be prepared to lose all their money»; e ancora «There is no guarantee that cryptoassets can be converted back into cash. Converting a cryptoasset back to cash depends on demand and supply existing in the market».
Sono avvertiti, pertanto, coloro che erroneamente, come in un recente articolo di Marco Onado («Il bitcoin vince se è considerato come un serbatoio di valore», Il Sole 24 Ore, mercoledì 13 gennaio 2021, pagina 19), attribuiscono al Bitcoin la qualità di bene rifugio.
Il Bitcoin non è un bene rifugio per duplice mancanza di valore intrinseco e valore fondamentale.
L’intero segmento delle criptovalute capitalizza in questo momento globalmente un trilione di dollari (oltre a un bel po’ di derivati over the counter, di cui non si conosce l’entità esatta). Tanta è la scommessa (non l’investimento) dei privati nelle criptovalute. Il sottostante delle scommesse è la pura probabilità di cederle a qualcun altro. Il valore di mercato del sottostante è il prezzo, che sale vertiginosamente. In caso di caduta, la rete di salvataggio di qualunque asset è il valore fondamentale, che nel caso del Bitcoin è esattamente zero.
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