Bruxelles promuove i rider. I ministri del Lavoro dell’Unione Europea hanno raggiunto l'accordo su nuove regole a tutela dei lavoratori delle piattaforme come Uber, Deliveroo e Glovo. Da Roma Marco Grimaldi, vicecapogruppo alla Camera di Alleanza Verdi Sinistra che segue da tempo la vicenda, però smorza gli entusiasmi: «Quando la legge italiana li riconoscerà come lavori dipendenti?».
L’annuncio è arrivato dalla presidenza di turno della Svezia a margine del Consiglio occupazione. Tra i punti principali dell’accordo c’è l'inquadramento, secondo determinati criteri, dei lavoratori della gig economy come dipendenti, e non più come autonomi. Stabilite anche le prime norme sull'uso dell'intelligenza artificiale da parte delle piattaforme. Il via libera dei ministri apre ora la strada ai negoziati con il Parlamento e la Commissione Ue per l'intesa finale. Insomma, la strada è tracciata, ma non si è ancora al traguardo. «Attualmente –si legge in una nota del Consiglio occupazione -, la maggior parte dei 28 milioni di lavoratori su piattaforma dell'Ue, inclusi tassisti, lavoratori domestici e rider di consegne di cibo, sono formalmente lavoratori autonomi. Tuttavia, alcuni di loro devono rispettare molte delle stesse regole e restrizioni di un lavoratore subordinato". Una circostanza che, sottolineano i ministri, "indica che hanno effettivamente un rapporto di lavoro e dovrebbero quindi godere dei diritti del lavoro e della protezione sociale concessi ai lavoratori ai sensi del diritto nazionale e dell'Ue»
Secondo l'orientamento generale dei Ventisette, "si presumerà" dunque «che i lavoratori siano dipendenti di una piattaforma digitale - e non lavoratori autonomi - se il loro rapporto con la piattaforma soddisfa almeno tre dei sette criteri stabiliti nella direttiva. Questi criteri includono: limiti massimi sulla quantità di denaro che i lavoratori possono ricevere; restrizioni sulla loro capacità di rifiutare il lavoro; regole che ne disciplinano l'aspetto o il comportamento». «Nei casi in cui si applica la presunzione legale - viene specificato -, spetterà alla piattaforma digitale dimostrare che non esiste alcun rapporto di lavoro secondo la legislazione e la prassi nazionale».
I ministri sottolineano inoltre l'importanza che«i lavoratori siano informati sull'uso di sistemi automatizzati di monitoraggio e decisionali», e che gli algoritmi siano «monitorati da personale qualificato, che gode di una protezione speciale da trattamenti avversi».
«Oggi finalmente dopo tante lotte, incidenti, lutti, i ministri del Lavoro Ue hanno raggiunto l'accordo sulle nuove regole a tutela dei rider che chiamiamo lavoratori essenziali ma non riconosciamo loro la dignità - dice il deputato torinese Marco Grimaldi - Anche i nostri fattorini chiedono da tempo una cosa molto semplice, ossia di essere inquadrati in un vero contratto collettivo nazionale, con tutele e diritti riconosciuti: ferie, malattia, Tfr, indennità di lavoro notturno e durante la pandemia, salario adeguato. Come diciamo da anni, dobbiamo smettere di chiamarli lavoretti, gli occupati di quei settori sono a tutti gli effetti lavoratori dipendenti e i tribunali dell'Europa intera lo stanno riconoscendo da anni. Oggi lo hanno fatto i ministri dell'Unione. Quando lo farà la legge italiana? Noi siamo pronti a discuterne subito alla Camera».
Dagli autisti agli informatici in Italia sono quasi seicentomila gli addetti di una galassia sommersa secondo il rapporto dell’Inps sul lavoro digitale. Il dieci per cento di questi lavoratori “comandati” da un algoritmo sono rider.
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