La pace non è mai irreparabile. Il senso d’impotenza genera indifferenza e, purtroppo, la giustifica. C'è una pigrizia che ormai su Russa e Ucraina caratterizza l'opinione pubblica, divenuta addirittura indolente. Un guaio serio per tutti, per il futuro della democrazia e degli equilibri geopolitici. Servirebbe un sussulto, in particolare del mondo economico finanziario (e dovremmo magari chiederci come mai non ci sia...).
Il recente vertice Nato di Vilnius deve farci riflettere. La risposta alla guerra d'invasione di Putin rischia di creare una eccitazione nei confronti delle armi. Non ce ne stiamo rendendo conto, ma è così. Purtroppo, nell'indifferenza. Suggerisco di dare un'occhiata all'ultimo volume, quasi un'instant book, dello storico Andrea Riccardi («Il grido della pace», San Paolo, 2023), tra i fondatori della Comunità di Sant'Egidio.
Le sue parole mi paiono più che sagge: «Già ascoltare il grido di pace mette in movimento le persone e le coscienze, fa maturare idee, sentimenti e speranze - osserva Riccardi - . Non siamo consegnati a un destino ignoto, su cui non si può esercitare nessuna influenza. Si può ascoltare, comprendere, discutere: i processi messi in moto, talvolta, travolgono le resistenze e mettono in atto movimenti che vanno ben al di là dei singoli. C’è anche una forza della ragionevolezza della pace, risposta all’anelito di tanti: molte volte è un’energia sottovalutata. E poi la storia non è uno spartito già scritto. La storia è piena di sorprese. E la più grande sorpresa è la pace. Il XXI secolo non può e non deve essere destinato alla guerra».
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