Superamento dell’Irap, razionalizzazioni delle agevolazioni fiscali, più “diritti” ai contribuenti. Un progetto ambizioso per cambiare il fisco italiano quello contenuto nella legge delega che i Dottori commercialisti italiani e gli esperti contabili - nella persona del presidente del consiglio nazionale Elbano de Nuccio - valutano positivamente pur con qualche ombra relativamente alla disciplina dell’interpello.
Presidente de Nuccio, il Parlamento ha approvato la nuova delega fiscale. Che giudizio complessivo ne dà il Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili?
«La delega è un progetto ambizioso, che incide profondamente sull’intricato rapporto Fisco-contribuenti: non è mera manutenzione straordinaria, ma ha un approccio organico e strutturale. Tra gli obiettivi generali della riforma, puntualmente declinati nella legge delega, si va dallo stimolo alla crescita economica, attraverso l’aumento dell’efficienza della struttura dei tributi e la riduzione del carico fiscale, alla prevenzione e riduzione dell’evasione e dell’elusione fiscale; dalla semplificazione del sistema tributario alla revisione degli adempimenti dichiarativi e di versamento a carico dei contribuenti. Tutti aspetti apprezzabili come anche lo spirito con cui sono state accolte molte delle proposte da noi avanzate in mesi di fattiva e costante interlocuzione con l’esecutivo e in particolare con il viceministro dell’economia, Maurizio Leo».
Quali sono le novità che più vi soddisfano?
«Oltre agli interventi volti a ridurre la pressione fiscale, che tuttavia richiedono risorse per la loro attuazione, le misure che riteniamo maggiormente apprezzabili sono la razionalizzazione delle tax expenditures, il progressivo superamento dell’Irap, il riordino della disciplina, la valorizzazione dello Statuto dei diritti del contribuente, la semplificazione degli adempimenti tributari e lo sfoltimento dei tributi minori. Per quanto concerne lo Statuto del contribuente, di particolare importanza sono le norme tese a garantire un più equilibrato rapporto tra contribuenti e Amministrazione finanziaria, anche grazie alla generalizzazione dell’obbligo di contraddittorio preventivo, alla valorizzazione del principio del legittimo affidamento del contribuente, alla regolamentazione del diritto di accesso agli atti del procedimento tributario, al rafforzamento dell’obbligo di motivazione degli atti, nonché al potenziamento dell’istituto dell’autotutela».
Non mancano neppure le sempre invocate semplificazioni degli adempimenti…
«Su questo fronte si prevede di razionalizzare gli obblighi dichiarativi e di rivedere il calendario fiscale delle scadenze, introducendo una moratoria per quelle ricadenti nel mese di agosto e nel periodo natalizio. A tal riguardo, si spera davvero che la delega per la riforma fiscale possa finalmente segnare il decisivo cambio di passo su un aspetto tanto rilevante della fiscalità del nostro Paese, anche per migliorare i tassi di compliance dei contribuenti e per consentire ai professionisti di assolvere ai loro incarichi senza affanni e in modo più dignitoso di quanto non avvenga attualmente. Ma per semplificare e ridurre gli adempimenti occorre partire dalla semplificazione normativa e dall’eliminazione dei tributi minori che danno un gettito insufficiente, talvolta, anche per la stessa copertura dei costi relativi ai rispettivi controlli».
Quali passaggi, invece, vi lasciano maggiormente insoddisfatti?
«Occorre forse ripensare la previsione di subordinare l’ammissibilità delle istanze di interpello al versamento di un contributo, da graduare in relazione a diversi fattori, quali la tipologia di contribuente o il valore della questione oggetto dell’istanza, finalizzato al finanziamento della specializzazione e della formazione professionale continua del personale delle agenzie fiscali. L’ipotesi in esame rischia infatti di sacrificare il diritto dei contribuenti a conoscere il parere dell’Amministrazione finanziaria su questioni di dubbia interpretazione. Il ricorso al diritto di interpello evita, peraltro, l’insorgere di controversie, per cui svolge anche una funzione deflattiva del contenzioso, che merita di essere salvaguardata. L’auspicio è che il contributo sia introdotto soltanto per fattispecie particolarmente complesse e, in ogni caso, limitatamente alle imprese di più grande dimensione».
Per le imprese una novità significativa è l’addio all’Irap, una delle imposte più “odiate” anche per il meccanismo di calcolo. È giusta la strada di arrivare alle stesse somme prelevate attraverso una sovraimposta Ires?
«I tempi per il definitivo superamento di tale tributo sono più che maturi: si eliminerebbe, realizzando una vera semplificazione, un adempimento che presenta regole di determinazione della base imponibile del tutto peculiari, i connessi versamenti e il fisiologico contenzioso, tra cui quello che, da oltre vent’anni, si trascina in merito al concetto di autonomia organizzativa. In sostituzione dell’Irap, la delega prevede l’istituzione di una sovrimposta, determinata secondo le medesime regole dell'Ires, con l’esclusione del riporto delle perdite, con invarianza del carico fiscale, assicurando alle regioni un gettito in misura equivalente a quello attuale, da ripartire tra le stesse sulla base dei criteri vigenti in materia di Irap. La misura va nella direzione da tempo proposta dal Consiglio nazionale dei Commercialisti, per cui non resta che attenderne l’attuazione nel più breve tempo possibile».
Si continua sulla strada delle pagelle fiscali per le partite Iva. Una soluzione che vi soddisfa?
«Nella delega si prevede la semplificazione, la razionalizzazione e la revisione degli indici sintetici di affidabilità, per rendere meno gravosa la gestione da parte dei contribuenti. Rispetto alle bozze della legge delega circolate prima della sua definitiva approvazione è pertanto venuto meno il riferimento al “graduale superamento” degli Isa, avendo il legislatore maturato il convincimento della loro indispensabilità per la buona riuscita del concordato preventivo biennale, altro istituto su cui la delega punta molto per il ruolo decisivo che può svolgere in termini di compliance. In sede di attuazione, nell’ottica della semplificazione degli adempimenti, occorrerà limitare al minimo indispensabile la richiesta di dati extracontabili e affinare, per quanto possibile, gli indicatori statistico-economici utilizzati per la definizione degli indici sintetici di affidabilità fiscale, in modo da riuscire a intercettare sempre meglio i diversi Modelli di Business (Mob) in cui rientrano le attività economiche svolte dai contribuenti».
Cambierà anche il contenzioso: se il fatto non sussiste penalmente, anche il fisco retrocede. Una misura che vi convince?
«Si, perché viene finalmente posto rimedio a un’anomalia del sistema processuale attuale, nel quale è frequente vedere contribuenti assolti in sede penale che finiscono per soccombere in ambito tributario, nonostante i fatti materiali accertati nelle diverse sedi processuali siano i medesimi. Il criterio di delega introduce un principio di civiltà giuridica che, oltre a essere coerente con i principi generali dell’ordinamento, trova ulteriore fonte di legittimazione nella recente rimozione del divieto di prova testimoniale nel processo tributario, divieto che è stato il motivo principale che ha spinto la Corte di cassazione, in questi anni, a ritenere legittima la diversa rilevanza delle prove acquisite nell’ambito dei due processi».
Cresce il ruolo della compliance nella lotta all’evasione. Siamo sulla strada giusta?
«L’introduzione del concordato preventivo biennale per le Pmi e l’ampliamento della platea ammessa al regime di adempimento collaborativo, oggi riservato alle imprese con un volume di affari non inferiore a 1 miliardo, costituiscono – senza dubbio – il passaggio più strategico della delega fiscale. Sul concordato preventivo, tutto dipenderà dalla misura dei redditi che saranno proposti dall’Agenzia delle entrate: se saranno ragionevoli e se, come è naturale che sia, saranno previste preclusioni, entro predeterminati limiti percentuali, ai poteri di accertamento del fisco, l’adesione da parte dei contribuenti sarà probabilmente consistente, interessando il concordato quasi quattro milioni di partite Iva. Il che avrebbe ripercussioni positive sui tassi di compliance e sul gettito fiscale rinveniente da una platea di contribuenti che è anche quella a maggior rischio di evasione. Quanto all’adempimento collaborativo, già altri Paesi a economia avanzata, come Stati Uniti e Regno Unito, hanno adottato modelli di cooperative compliance con un duplice obiettivo: facilitare, da un lato, l’adempimento dei contribuenti, con positive ricadute in termini di gettito fiscale; attrarre, dall’altro, nuovi investimenti. Il regime è un sistema virtuoso per due ordini di ragioni: sia perché interpone in maniera operativa e funzionale i professionisti, e in primis i commercialisti, nella certificazione del rischio fiscale all’interno dei sistemi di impresa, con un’ottica e una funzione di tipo preventivo, il che si traduce in un’attività di collaborazione e controllo ex ante e non ex post. Ma è anche uno strumento attraverso il quale l’Amministrazione finanziaria potrà concentrare la propria attività nei confronti di quei soggetti che non sono certificabili, cioè che non rispondono ai requisiti di compliance sul piano fiscale. La novità dell’adempimento collaborativo non è di carattere esclusivamente tecnico, ma rappresenta una vera rivoluzione sul piano culturale. Cambia infatti radicalmente l’approccio sia per noi professionisti, quali certificatori dei modelli di gestione del rischio fiscale delle imprese, sia per i funzionari e i dirigenti dell’amministrazione finanziaria, quali organi deputati all’attività di controllo e di accertamento».
Si rilancia anche il federalismo fiscale. I comuni, oltre alle tasse, potranno regolare condoni su misura. Una misura equa?
«Più che condoni, la delega attribuisce agli enti locali la facoltà di prevedere, per le entrate di loro spettanza, tipologie di definizione agevolata, anche sotto forma di adesione a quelle introdotte per le entrate erariali, attraverso l’esercizio della potestà regolamentare loro riconosciuta per legge. Si tratta di un potere riconosciuto agli enti locali in virtù della loro autonomia finanziaria di entrata e di spesa di cui all’articolo 119 della Costituzione. La misura pertanto trova la sua fonte di legittimazione nella stessa carta costituzionale. Tuttavia, il tema del federalismo fiscale è molto più complesso e non si esaurisce, certo, con la previsione di tale facoltà. Al riguardo, la delega fiscale si limita a richiamare principi generali, con l’obiettivo di superare gli ostacoli che hanno finora impedito l’effettiva realizzazione del federalismo fiscale. L’attuazione di tali principi non sarà certa agevole e dovrà fare i conti con la diversità di vedute politiche, tra i partiti della stessa maggioranza di governo, con la scarsità di risorse a disposizione nonché con gli squilibri ancora oggi molto marcati tra le aree economicamente più avanzate del paese e quelle meno avanzate. La delega pone le basi per avviare questo percorso, ma per i risultati occorrerà tempo e grande sensibilità politica».
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