Insegnare agli studenti a fare impresa e farlo mentre frequentano le aule di Università. E mentre i dati indicano – ultima rilevazione dell’Istituto Tagliacarne – che le imprese giovani in un decennio si sono ridotte di 150mila unità con una impresa su 4 che ha chiuso, le Je (Junior enterprise) continuano a crescere ed è molto forte il senso di aggregazione che lega i giovani che partecipano a questa iniziativa sostenuta dai vari atenei ma anche dal mondo imprenditoriale. Un sistema virtuoso visto che, secondo Junior enterprise Italy - il soggetto che da 31 anni raggruppa le Junior enterprise italiane (guidate da Mattia Zoccarato) e che prepara i giovani universitari al mondo del lavoro grazie a progetti consulenziali per supportare il tessuto imprenditoriale - se uno studente tradizionale impiega mediamente 306 giorni per trovare il primo lavoro dalla laurea, i membri delle Junior enterprise lo trovano in media in 27 giorni e il 99% di loro trova lavoro entro sei mesi dal conseguimento del titolo di studio, contro il 70,1% della media nazionale.

Tutto è cominciato nel 1992

La storia delle Junior enterprise italiane parte dal 1992 quando è nata la Confederazione che fa capo a tutte le Junior enterprise dei singoli atenei in Italia. Una storia che conta oltre 1300 ragazzi che, divisi in 35 università italiane, ogni giorno lavorano per supportare le imprese con le loro attività e apprendere, allo stesso tempo, le basi che li porteranno a creare una carriera che possa avere un impatto sulle future generazioni. Un lavoro che ha visto la fiducia di aziende come PwC Italia, sponsor delle iniziative legate al trentennale dello scorso anno, Banca Mediolanum, Casavo, Amplifon, Nexid, GoStudent, Startup Geeks e Auxiell che hanno visto il potenziale della Confederazione e hanno creato partnership strategiche al fine di supportare gli studenti nella loro crescita professionale. Infatti, tutti i membri delle Junior Enterprise sono studenti universitari che affiancano allo studio tradizionale il lavoro nelle loro sedi di appartenenza sviluppando progetti di consulenza che solo nel 2022 hanno portato a un fatturato,  per PwC Italia, di più di 600mila euro.

Il food protagonista

E quest’anno si è appena concluso Jeiom 23, la tre giorni di studio organizzata  a Modena dalle Junior enterprise italiane, con la regia del project manager Simone Schiavello e dedicata a “Foodtech, feeding the Future”, incentrata sul FoodTech, tematica attuale e innovativa che va ad identificare una categoria di soluzioni innovative che fanno leva su tecnologie digitali per la produzione, conservazione, lavorazione, confezionamento, controllo e distribuzione del cibo. Jeiom 23, ha visto coinvolti più di 300 studenti provenienti dalle maggiori università italiane, tra le quali Politecnico di Torino, Politecnico di Milano, Università di Modena e Reggio Emilia, Bocconi, Cattolica, Luiss, Statale di Milano, Cà Foscari, Università di Bologna, Università di Firenze, La Sapienza e tante altre. Il tema proposto – incentrato sul foodtech - nasce dalla valorizzazione del Piemonte e dell’Emilia Romagna, accomunate da un forte sviluppo nei settori del food e dell’innovazione tecnologica. La  mission è dare visibilità a soluzioni innovative e sostenibili, promuovendo la tradizione, la qualità alimentare ed una nutrizione sana e attenta alle esigenze di tutti.

Sfida tra aspiranti imprenditori al Talent garden di Torino

L’evento è stato organizzato da Jetop e Jemore. Jetop è la Junior Enterprise del Politecnico di Torino - una delle 31 in Italia attiva da 15 anni con 100 studenti -  una organizzazione No Profit, composta e gestita esclusivamente da studenti universitari, che eroga servizi e/o prodotti per aziende, istituzioni ed individui. Jemore, la Junior enterprise dell’università di Modena-Reggio è nata Reggio nel 2017 e si articola sulla base di 6 team interoperanti, raccoglie 80 studenti e ha al suo attivo 30 progetti completati e il 99 degli alumni si impiega entro 6 mesi dalla laurea. Jemore e Jetop  fanno parte della grande famiglia mondiale delle Junior Enterprise, un gruppo di 365 associazioni, riunite sotto 14 confederazioni nazionali per un totale di più di 30 mila studenti in tutta Europa.  Jetop e Jemore forniscono servizi digitali dallo sviluppo di App e Siti Web di qualsiasi genere e secondo le più avanzate tecnologie offerte dal mercato al grafic design passando per il marketing e la comunicazione.

Piani da neopresidente

«Da ora in avanti – spiega Marco Loiacono, fresco presidente di Jetop – lavoreremo più sulla consulenza che sulla realizzazione di veri e propri siti. Da questo lavoro, regolarmente retribuito dalle aziende,  ricaviamo fondi che non dividiamo tra noi in quanto tali ma trasformiamo in eventi formativi. L’ateneo non ci finanzia direttamente ma ci concede l’utilizzo di spazi per noi molto utili. E le candidature di studenti ad entrare sono molte ma il nostro entry rate non supera mai il 40% e ci stiamo orientando verso un numero massimo di 100 studenti».

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Come ha sottolineato nel corso dei lavori modenesi Luca Toma, consulente per l’incubatore di imprese innovative del Politecnico di Torino, «le università tendono a formare dei dipendenti», la strada indicata dalle Je è opposta e va proprio nella direzione della creazione di imprese da parte dei giovani. Complessivamente, alla fine del 2022, l’Italia ha registrato un notevole aumento nel numero di start-up, raggiungendo un record di 14.708. Di queste, circa 2.600 di sono state fondate da giovani under 35, mentre 2.000 sono state avviate da imprenditrici femminili. Ciò evidenzia un trend promettente verso l’innovazione e l’imprenditorialità giovanile e femminile nel paese. Secondo dati provenienti dall’EY venture capital barometer, uno studio annuale che analizza il settore del venture capital, sono emerse tre regioni come principali focolai di start-up innovative: Lombardia, Lazio e Campania. Di queste, il 76,2% si concentra nel settore dei servizi alle imprese. Il rapporto dell’EY Venture Capital Barometer rileva inoltre che nel 2022 sono stati investiti oltre 2 miliardi di euro di capitale di rischio nelle start-up e scale-up italiane. Questo dato si distingue positivamente rispetto all’andamento generale dell’ecosistema europeo del venture capital.