I processi politici nell'Est dell'Europa hanno assunto sempre più importanza geopolitica nel 2021. Con la Westlessness in corso, con la Cina emersa come principale sfidante dell'ordine globale, con la crescente ostilità fra Russia e UE e il riorientamento strategico degli Stati Uniti sulla Cina e la regione del Pacifico, le contraddizioni politiche e di sicurezza hanno trasformato l'Europa nella regione delle minacce crescenti non solo nell'Est, ma anche nella parte occidentale del continente. In fondo, l'Europa ha un destino comune per tutti.

In questo articolo analizzo i principali processi politici nei paesi dell'Europa centrale e orientale attraverso la lente del loro arretramento liberal-democratico. L'autocratizzazione in Russia, Bielorussia e Kazakistan, così come l'arretramento democratico in Ungheria e Polonia si sono intensificati nel 2021, con potenziali implicazioni sulla qualità della democrazia e sulla sicurezza dell'Italia e dei nostri vicini.

La continua autocratizzazione europea

Russia

Nonostante la concorrenza molto dura tra i regimi dell'Est, la Russia sembra essere la vincitrice nelle gare autocratiche in Europa nel 2021.

Il gruppo dirigente, che condivide la visione del mondo basata su credenze in cospirazioni e paranoie post-sovietiche, ha interpretato il ritorno di Alexei Navalny come un lancio di un progetto occidentale a lungo termine per il cambio di regime in Russia. Navalny è stato dichiarato colpevole e imprigionato, mentre la rete dei suoi sostenitori è stata distrutta. Nell'ondata di repressione contro gli attivisti pro-Navalny, vari gruppi di intellettuali e studiosi liberali sono stati criminalizzati (come agenti stranieri) o spinti all'emigrazione. Le università hanno continuato a perdere la loro libertà accademica e sono attualmente molto più controllate dal governo.

Le elezioni parlamentari hanno dimostrato che il gruppo al potere controlla completamente le elezioni e il processo di rotazione delle élite in Russia. Tuttavia, per aumentare la controllabilità dei risultati elettorali, il governo russo ha introdotto alcune novità, come il voto elettronico della durata di tre giorni, che permetterebbe qualsiasi correzione necessaria dei risultati indesiderati senza l'attenzione pubblica. La Duma di Stato, invece di essere la legislatura autonoma che controlla l'esecutivo, è ora un perfetto strumento di cooptazione e di ricompensa per la fedeltà politica.

I processi politici interni vanno di pari passo con la politica internazionale russa. Per Mosca, il sistema di sicurezza occidentale—che è orientato alla sicurezza delle democrazie—è una minaccia per la Russia, per il suo attuale regime e per i suoi alleati. Poiché gli interessi di sicurezza degli stati autoritari non sono presi in considerazione, il Cremlino ha accettato la politica di aperto antagonismo con gli USA, l'UE e la NATO. In questa politica, il Cremlino mira o a stabilire regole di antagonismo comuni per le democrazie e le autocrazie, o a rispecchiare le azioni degli Stati Uniti e degli alleati che creerebbero gli stessi rischi per la loro sicurezza. In questo quadro, l'Ucraina è uno dei paesi in cui i rischi hanno raggiunto il picco durante il 2021 e oggi.

La Russia ha anche aumentato la sua cooperazione con altre autocrazie dell’Europa orientale e dell’Eurasia. Il sostegno del Cremlino ai governi di Bielorussia e Kazakistan è stato fondamentale per la loro ulteriore autocratizzazione.

Bielorussia

La svolta repressiva del regime di Lukašenka è continuata per tutto il 2021. Dopo le elezioni presidenziali truccate nel 2020, l’autocrazia patronale di Lukašenka si è trasformata in autoritarismo repressivo. Migliaia di oppositori interni sono stati costretti a emigrare, mentre centinaia di loro sono diventati prigionieri politici. L'atterraggio forzato dell'aereo Ryanair, la chiusura delle rimanenti organizzazioni civili indipendenti e dei media, e la crisi artificiale dei migranti al confine con l'UE dimostra la determinazione del regime a rimanere al potere a qualsiasi prezzo.

Il movimento di protesta di massa si è effettivamente spento nell’estate del 2021, il che ha fornito ad Alexander Lukašenka l'opportunità di accelerare il processo di creazione della nuova costituzione e di assicurare la sua presa di potere per il decennio a venire.

I tentativi dell'UE e della NATO di isolare il regime di Lukašenka hanno cementato la sua alleanza con la Russia. I regimi bielorusso e russo cooperano nell'area di sicurezza, trasformando il territorio bielorusso in una fortezza dell'Est nell'antagonismo con l'Occidente. Diverse grandi esercitazioni militari, la posizione comune contro l'Ucraina e la cooperazione durante la crisi dei migranti mostrano che questa alleanza è efficace nel destabilizzare la sicurezza europea.

Kazakistan

Il Kazakistan è un altro esempio della resilienza autoritaria dell'Est. Da tre anni, gli occhi di tutti gli autocrati post-sovietici sono rivolti verso il Kazakistan, dove un coraggioso esperimento di trasferimento del potere è stato lanciato da Nursultan Nazarbajev. L'anziano sovrano ha scelto un successore, il presidente Kassym-Žomart Tokajev, mentre Nazarbajev è rimasto sotto il controllo del Consiglio di Sicurezza e del partito al potere, e il suo clan controlla i servizi di sicurezza e le principali compagnie di gas e petrolio.

Il sistema politico-economico creato da Nazarbajev ha fornito alle élite la stabilità di governo, ma ha fallito per quanto concerne l’uguaglianza dei diritti e il reddito della popolazione. Nel 2021 la frammentazione delle élite kazake e l’egoismo del regime hanno pertanto preparato le condizioni per le proteste di massa istigate dalla disuguaglianza economica nel paese.

L'alleanza autocratica dell'Europa orientale e dell'Eurasia settentrionale ha fornito al presidente Tokajev il sostegno militare e politico necessario per reprimere nel sangue le proteste e schiacciare il gruppo di élite rivale. Allo stesso tempo, gli autocrati dell'Est hanno compreso la necessità di promuovere la loro solidarietà, e che la transizione del potere dovrebbe essere preparata meglio senza creare opportunità per la frammentazione delle élite e per le proteste di massa.

La crescente cooperazione delle autocrazie post-sovietiche aumenterà la loro resistenza ai movimenti per i diritti civili all’interno e il loro antagonismo con l'Occidente nel 2022. Aumenteranno anche la loro pressione combinata sugli stati orientati verso la democrazia e l'Occidente, cioè l'Armenia, la Georgia, la Moldavia e soprattutto l'Ucraina. E l'efficienza della loro azione solidale sarà testata nella risoluzione del crescente conflitto tra Kirghizistan e Tagikistan, così come nella guerra infinita tra Azerbaigian e Armenia.

L'avanzamento dell'antiliberalismo europeo

Il regresso democratico in Ungheria e Polonia è continuato nel 2021. Questi processi a lungo termine proliferano in tutta l’Europa centrale e aggiungono ulteriori dinamiche ai conflitti tra la parte occidentale e orientale dell’Europa.

Polonia

La svolta illiberale polacca è iniziata dalla vittoria elettorale del partito Diritto e Giustizia nel 2015, che ha fornito ad esso e ai suoi alleati la maggioranza nel parlamento e la leadership nell'esecutivo da allora. Tuttavia, nel 2021 la svolta illiberale si è rivolta aspramente verso il sistema giudiziario. Il Tribunale costituzionale ha emesso diverse sentenze “conservatrici” che hanno raggiunto l’apice nella decisione che ha dichiarato le disposizioni dei trattati UE incompatibili con la Costituzione polacca, stabilendo che le norme della Costituzione polacca sono supreme. Come il ministro della giustizia Ziobro ha commentato, il Tribunale ha difeso l’ordine costituzionale del paese “contro l'interferenza senza legge e l'aggressione della legge proveniente dagli organismi europei”.

La sentenza del Tribunale ha scatenato una controversia con l’UE. La Commissione europea ha considerato tali decisioni come una “violazione dei principi generali di autonomia, primato, efficacia e applicazione uniforme del diritto dell’Unione e dell’effetto vincolante delle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea” e ha avviato la procedura di infrazione contro la Polonia. Come risultato, molti politici polacchi hanno iniziato a parlare della Polexit.

Il partito al governo mira a isolare la Polonia dall’UE, dagli USA o dalla Germania non solo costituzionalmente, ma in molti altri modi. Il parlamento polacco ha approvato una legge sui media che limita la proprietà straniera (principalmente americana) delle trasmissioni dei media stessi. Il leader del partito di governo Jarosław Kaczyński si è opposto all’obiettivo tedesco di un’Europa federale, affermando che Berlino cerca di creare il “quarto Reich”. In risposta, Bruxelles ha continuato a rimandare l’approvazione dei finanziamenti per il piano nazionale di recupero della Polonia dalla pandemia.

E l'anno 2021 si è concluso con uno scandalo caratteristico per i paesi autocratici: i mass media hanno reso noto che il governo polacco ha spiato l’opposizione prima, durante e dopo le elezioni europee e parlamentari del 2019.

Anche se le élite di potere polacche sono state più ostili all’integrazione nell’UE, hanno chiesto solidarietà in risposta alla crisi dei migranti al confine con la Bielorussia. I leader del partito Legge e Giustizia hanno cercato di usare la crisi a favore delle loro politiche antimigranti e per portare avanti la loro riforma militare. Questa riforma mira ad aumentare più volte la dimensione dell'esercito polacco e a modernizzarlo. Alla fine del 2021 l’Europa si è ritrovata con un altro conflitto irrisolto e un altro muro installato—in entrambi i casi tra Polonia e Bielorussia.

Ungheria

Anche il regime ungherese è entrato in conflitto con le strutture dell’UE. Ma questa volta il conflitto è ideologico, tra il partito al potere Fidesz e il gruppo del Partito Popolare Europeo: Fidesz è stato riconosciuto come troppo a destra (anche per le forze di destra unite) e dannoso per la democrazia e lo stato di diritto. Invece, Orbán, Morawiecki, Salvini e diverse altre figure hanno dato il via alla creazione di un asse conservatore e antieuropeista in vista delle elezioni del 2024. Non sono solo gli autocrati a creare alleanze all’Est, ma anche i politici di estrema destra dell’Europa centrale e meridionale sviluppano la loro unione. Tale unione promuoverebbe l’agenda conservatrice sovranista contro l’ulteriore integrazione dell’UE e per la diminuzione delle norme liberali nella politica europea, come Orbán ha dichiarato nel suo discorso del Giorno dell'Indipendenza (il 19 giugno 2021).

Come i loro compagni polacchi, gli illiberali ungheresi hanno aumentato il numero di atti giuridici conservatori nel 2021. Per esempio, il 15 giugno, il parlamento ungherese ha approvato la legge che ha riutilizzato l’ideologema russo (2013) di vietare la “propaganda dell’omosessualità” e del cambiamento di genere. Gli illiberali hanno anche continuato la loro lotta con il “potere di Bruxelles”, le organizzazioni di Giorgio Soros (“che rappresentano gli interessi dei democratici americani”), e i migranti.

Come la Polonia, l’Ungheria è in crescente conflitto con la Commissione europea. Nel rapporto sullo stato di diritto, la Polonia e l’Ungheria sono state pesantemente criticate per l’indebolimento delle misure anti-corruzione, il peggioramento della libertà dei media e i problemi nei sistemi giudiziari. La CE limita l’accesso di Polonia e Ungheria ai fondi dell’UE, a meno che non si facciano riforme nel sistema giudiziario e non si diano garanzie statali per la corretta investigazione dei casi di corruzione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode. Allo stesso tempo, la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Ungheria e la Polonia per le violazioni dei diritti LGBTIQ.

Polonia e Ungheria sono state a lungo viste come casi di successo della trasformazione post-comunista. Purtroppo, l’effetto democratizzante del loro esempio è totalmente svanito. Invece, sono ora diventati i motori di uno sviluppo illiberale che influenza l’Europa centrale e trova alleati ideologici sia nell’Est che nell’Ovest dell’Europa. La speranza oggi viene solo dai cambiamenti positivi in Bulgaria e Romania, ma ci vorrà del tempo prima che questa speranza dimostri il suo realismo.

Le grandi sfide del 2022

Il panorama politico dell’Europa nei prossimi mesi sarà definito da diverse tendenze a lungo termine.

  1. L’antagonismo russo con gli USA, l’UE e la NATO. La Russia continuerà le sue politiche minando l’unità delle democrazie occidentali e gli stati filoccidentali come Armenia, Georgia, Moldova e Ucraina. L’Armenia è sotto pressione per aumentare la sua cooperazione nell’OTSC (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva) e implementare le condizioni di pace con l’Azerbaigian che aumenta l’impatto autocratico di Ankara, Baku e Mosca nel Caucaso meridionale. L’Ucraina, come noto, sprofonda sempre più nel conflitto multilivello con la Russia e la Bielorussia, e sta diventando la zona per nuovi atti di aggressione russa.
  2. Continuazione dell’attività anti-comunitaria dei regimi illiberali all’interno dell’UE. Questa tendenza rende le spaccature dell’UE più profonde e aumenta le minacce non solo per l’ulteriore integrazione, ma anche per lo status quo europeo.
  3. L’uso delle fratture europee da parte del Regno Unito e della Turchia. La geografia politica dell’Europa diventa sempre più complessa. Il Regno Unito cerca il proprio ruolo nel continente e nelle alleanze con Polonia, Turchia e Ucraina. Anche la Turchia è alla ricerca di un nuovo ruolo nella politica europea, ora che l’ordine internazionale nei Balcani e nel Caucaso meridionale è di nuovo messo in discussione.