Il programma Erasmus è diventato un vero e proprio fenomeno culturale e di costume per la formazione dei cittadini europei di domani

Mentre l'Europa stenta ad imporsi sia come entità politica, incapace finora di superare la crisi economica e bloccata nelle paludi della tecnocrazia, sia come realtà accettata se non apprezzata dai suoi cittadini, avendo favorito anzi finora spinte secessioniste addirittura all'interno di singoli stati di antica tradizione (Regno Unito, Spagna), almeno una delle iniziative promosse dall'Unione sta riscuotendo da anni un buon successo.
E' il programma di scambio studenti Erasmus (Figura 1), acronimo di European Region Action Scheme for the Mobility of University Students, attivo dal 1987, che, come noto, offre la possibilità a uno studente universitario di ottenere un finanziamento per svolgere all'estero un periodo di studio legalmente riconosciuto dalla propria università (Figura 2) o di effettuare un tirocinio in un paese dell'Unione (e in alcuni paesi associati).
La Commissione Europea ha recentemente pubblicato un dettagliato studio, quantitativo e qualitativo, sull'impatto di Erasmus (Erasmus Impact Study - EIS), analizzandone da una parte le ripercussioni sulla mobilità, sul miglioramento delle competenze individuali, sulle prospettive professionali e sullo sviluppo istituzionale e, dall'altra, gli effetti degli incarichi di insegnamento/formazione del personale nel quadro di Erasmus sulle competenze individuali, sugli atteggiamenti e la personalità, nonché l'impatto del programma sull'internazionalizzazione degli istituti di istruzione superiore.

I sondaggi condotti online nel 2013 hanno ottenuto 78 891 risposte individuali fra studenti, docenti e datori di lavoro di 34 paesi. Vediamo i principali dati emersi.
Oltre il 90% degli studenti in mobilità, termine che in questo caso è usato per indicare tutti coloro che si spostano all'estero, l'83% dei quali rientrano in Erasmus (Figura 3), ha scelto un'esperienza oltre confine per sviluppare la propria capacità di adattamento e migliorare le competenze linguistiche, ma oltre l'85% anche per il desiderio di migliorare le prospettive lavorative.
Erasmus si è affermato come un programma non selettivo: solo il 14% degli studenti si è visto rifiutare la domanda, per gli altri la scelta è stata dettata da motivi personali o da incertezze finanziarie.
I datori di lavoro che hanno ritenuto l'esperienza maturata all'estero un elemento fondamentale per le prospettive professionali sono raddoppiati tra il 2006 e il 2013, passando dal 37% al 64% e concordano sull'importanza dei sei tratti della personalità evidenziati dalla ricerca: tolleranza dell'ambiguità (accettazione di culture e atteggiamenti di altre persone e adattabilità), curiosità (apertura a nuove esperienze), fiducia (nelle proprie competenze), serenità (consapevolezza dei propri punti di forza e punti deboli), determinazione (capacità di prendere decisioni) e intraprendenza (capacità di risolvere i problemi)
Gli studenti Erasmus hanno infatti registrato valori superiori in questi sei tratti della personalità – denominati fattori memo© - rispetto agli studenti che non partecipano a programmi di mobilità già prima di recarsi all'estero, ma, in seguito alla loro esperienza Erasmus, hanno accresciuto del 42% il vantaggio rispetto agli studenti che non hanno fruito della mobilità e hanno migliorato le prospettive professionali misurate con questi fattori.
Erasmus arreca beneficio anche agli stessi istituti di istruzione superiore, migliorandone il proprio profilo internazionale, e al personale accademico e non, che può aumentare la conoscenza di buone pratiche e competenze e la qualità dell'insegnamento a vantaggio dei rispettivi istituti d'origine.
Lo studio ha poi analizzato l'impatto della mobilità su altre competenze trasversali legate alle prospettive professionali: più del 90% degli studenti ha segnalato un miglioramento della conoscenza di altri paesi, della capacità di interagire e di collaborare con persone provenienti da culture diverse, della padronanza della lingua straniera e delle capacità di comunicazione e adattamento.
Per quanto riguarda la carriera lavorativa, circa un terzo degli studenti che hanno svolto un tirocinio Erasmus ha ricevuto un'offerta di lavoro da parte dell'impresa ospitante e quasi un tirocinante Erasmus su dieci ha avviato una sua azienda. Allo stesso modo, la disoccupazione di lunga durata per gli ex studenti in mobilità è dimezzata rispetto a chi non si è recato all'estero. Anche a cinque anni dalla laurea, il tasso di disoccupazione tra gli studenti in mobilità era inferiore del 23% rispetto agli studenti che non avevano partecipato a un programma di mobilità. Il 64% dei datori di lavoro intervistati ha indicato che i laureati con una preparazione internazionale si vedono attribuire più spesso una maggiore responsabilità professionale, percentuale aumentata del 51% dal 2006. Il 77% degli ex studenti Erasmus intervistati occupava posizioni di leadership 10 anni dopo la laurea, e la probabilità per gli ex studenti Erasmus di occupare posizioni manageriali era superiore del 44% rispetto agli ex studenti che non avevano partecipato a programmi di mobilità.
La mobilità degli studenti promuove inoltre la mobilità del lavoro in futuro. Il 40% degli ex studenti in mobilità ha cambiato paese almeno una volta dalla laurea rispetto al 23% degli ex studenti che non hanno partecipato a un programma di mobilità.
Grazie a ciò gli stessi rapporti personali vengono condizionati (Figura 4): al momento del sondaggio, il 33% degli ex studenti Erasmus aveva un partner stabile di nazionalità diversa dalla propria, una percentuale superiore del 13% rispetto agli ex studenti che non hanno fatto un'esperienza di mobilità, e il 27% degli ex studenti Erasmus ha incontrato l'attuale partner durante il soggiorno all'estero. In base a questi dati, la Commissione stima che dal 1987 in poi siano nati circa un milione di bambini figli di coppie Erasmus.
Nei prossimi sette anni (2014-2020) il nuovo programma Erasmus+ offrirà sovvenzioni per andare all'estero a 4 milioni di persone, tra cui 2 milioni di studenti e 300 000 docenti dell'istruzione superiore, con un bilancio totale di circa 15 miliardi di Euro per i prossimi sette anni, il 40% in più rispetto al programma precedente, malgrado il taglio ai fondi di molti Stati. Inoltre, il programma sovvenzionerà 135 000 scambi di studenti e personale con paesi partner non europei. Erasmus+ sarà ancora più accessibile grazie a un maggiore sostegno linguistico, regole più flessibili e un sostegno supplementare per le persone con esigenze speciali, provenienti da ambienti svantaggiati o da zone isolate.
L'obiettivo dell'UE per la mobilità complessiva degli studenti è almeno il 20% entro la fine del decennio. Attualmente circa il 10% gli studenti dell'UE studia o si forma all'estero con fondi pubblici o mezzi propri, il 5% circa beneficia di una borsa Erasmus (secondo i dati Eurostat disponibili per il 2011-2012, che indicano che il numero dei laureati nei paesi che partecipavano a Erasmus era di oltre 5,35 milioni, e il numero di studenti Erasmus circa 253 000, mentre i dati UE per il 2012-2013 arrivano quasi a 270.000).
Le tre destinazioni preferite, nell'ultimo biennio, sono state Spagna, Germania e Francia (Figura 5). Gli italiani hanno privilegiato la Francia, seguita da Gran Bretagna e Germania. I Paesi che hanno inviato il contingente più alto di studenti, in proporzione alla propria popolazione di laureati, sono stati Lussemburgo, Liechtenstein, Finlandia, Lettonia e Spagna (in assoluto Spagna, Italia e Francia – Figura 6). Stona in questo panorama la Svizzera: dopo il referendum sull'immigrazione con cui il paese ha posto limiti alla libera circolazione, gli studenti elvetici sono stati esclusi ufficialmente dal programma 2014-2015.
Per molti universitari europei il programma Erasmus non è dunque solo l'occasione per vivere all'estero in maniera indipendente per la prima volta, ma una vera e propria base per pianificare il futuro non solo lavorativo. Questa è la ragione per cui è diventato un vero e proprio fenomeno culturale e di costume sempre più popolare, incoraggiando l'apprendimento e la comprensione della cultura ospitante e soprattutto un reale senso di comunità e di appartenenza fra i giovani che porterà forse in futuro all'affermazione di cittadini europei veri e non astratti, cioè il tassello decisivo che ancora manca alla zoppicante Unione.