Prerogative e barriere del veicolo solo elettrico, seconda parte. Passiamo all’analisi dell’utenza: un mercato di soli Bev non è scalabile, allo stato delle cose, e non c’è oggi motivo per vedere che cambiamento sostanziale. L’utenza, finché è bassa può essere soddisfatta ed allora un po’ di colonnine su suolo pubblico servono. Quando cresce il mercato, il sistema non regge; in sequenza: code per ricaricare, disponibilità e tempi per le ricariche stesse, potenze elettriche disponibili in rete, disponibilità di fonti rinnovabili o di nucleare a monte della produzione energetica.  Un esempio? Un automobilista impreca perché il Bev che usa è fermo su un suolo extra-urbano a causa di un basso Soc (stato di carica) della batteria (per coda inattesa, freddo o caldo elevati, …) e deve attendere che un altro veicolo, equipaggiato con un booster, con un esperto a bordo raggiungano il Bev per rimetterlo in moto.

La domanda delle domande

Alla fine ci si domanda: perché tutto ciò? O per motivazioni di “scossa” ambientale rispetto al passato, ma non credibili perché il percorso era già stato intrapreso gradualmente in Europa da parecchi anni; nel 2023 c’è stato un “colpo di genio”, che sta sollevando le ilarità anche di qualcuno extra europeo: meglio allora fermare le ilarità e precisare il tiro piuttosto che finire nel fosso per autocondanna oppure per fanatismo ambientale, con basi tecnico-scientifiche incomplete; oppure, ancora, per un ragionamento ben più economico-finanziario:

  1. il mercato dell’auto è ormai saturo da 15-20 anni in Ue; è stato inevitabile proiettarsi verso un mercato della manutenzione e del ricambio, ricambio incentivato da un rinnovamento in chiave energetico-ambientale (motori Euro 5, Euro 6…) nonché tecnologica (guida assistita con gli Adas, veicolo connesso,...);
  2. questo non pare bastare, il mercato del lavoro ha un’inerzia e il mercato dell’auto è stato per circa 70 anni l’industria trainante in Ue. Per salvare il mercato della produzione (e dei lavoratori, con le famiglie) qualcuno ora spinge per una rivoluzione che porti a sostituire forzosamente e pesantemente il parco, ed ecco la parola magica “elettrico”, che “salva tutto e rapidamente”;
  3. così facendo si rovesciano sul mercato fior di incentivi, forse si solleva dalle acque l’industria dell’auto, ma nel bruciare la paglia (alias: “Bev per tutti”), ci si indirizza in pochi anni a fare quasi morire l’auto oltre alla stessa industria europea con produzione europea (subordinata così alla Cina[1]), perché non più rispondente alla domanda vera del largo mercato, ma solo di un mercato specifico, talvolta addirittura di nicchia.

Quale soluzione?

Cosa fare allora? Dichiarare apertamente (costruttori, utenza e politica) che l’auto deve e può essere meno usata (logica anche della mobilità integrata, flessibile nella scelta modale e quindi co-modale nonché del MaaS, Mobility as a Service) ma continuare a soddisfare sia l’offerta sia la domanda; pertanto tale auto deve essere flessibile e soddisfare i requisiti ambientali, nonché sanitari, specie nelle città (direttiva Ue 50/2008 sulle concentrazioni di inquinanti ammesse) per rimanere collante delle alternative di trasporto.

Questo comporta probabilmente auto più onerose all’acquisto (non importa, se con moderazione e se veramente assecondanti un bene ambientale della nostra società), l’inibizione alle auto realmente inquinanti in circolazione dal 2035 (ad esempio da Euro 0 ad Euro 4, forse Euro 5); ammissione in produzione futura di sole auto dotate di motori Euro 6, eventualmente 7 (se passa la regolamentazione ora in discussione, magari in una logica più ragionevole), tutte elettrificate (non elettriche!) nonché anche fuel-cell e Bev (che copriranno una percentuale più o meno contenuta dell’utenza delle auto, in base al soddisfacimento della domanda).

La mossa attesa dal Parlamento europeo

Come correggere il tiro? Si limita la delibera del Parlamento laddove il problema si pone realmente: nelle aree urbane, definibili anche con geofencing, alla portata della nostra tecnologia. Questo rinnovato obiettivo è raggiungibile sia con powertrain ibridi (non plug-in) con interruzione dell’uso del Mci ad esempio sotto ai 30 o 50 km/h avvalendosi di un motore elettrico con batteria in tali fasi del moto, sia con ibridi plug-in, cambiando trazione dover serve, e sia con Bev (tutti tracciabili, attenzione, per le necessità di accoppiarli alle ricariche; il Bev rientra nelle logiche dell’auto che dipende dai chip, il termico non necessariamente) ma anche con biocombustibili laddove la CO2 emessa sia almeno equivalente a quella associabile nel processo di preparazione dei medesimi. Fuori città: liberi tutti, purché i motori siano almeno Euro 6 ed evoluzioni possibili al 2035, guardano nei fatti alle emissioni di CO2 nel ciclo di vita sul processo energetico complessivo, non per finta.

Uno scudo agli inquinanti

Il veicolo ricaricabile si presta bene al concetto di servizio (il MaaS) perché l’auto la si userebbe perlopiù per integrazioni con altre modalità di trasporto. D'altronde ci ricordiamo che in Europa circa tre persone su quattro abitano nelle città e proprio lì espletano gran parte degli spostamenti quotidiani, per 5-6 giorni alla settimana: già convertire tale mobilità urbana in trazione elettrica – non importa se con un veicolo ibrido che usa in tali zone una batteria medio-piccola o solo elettrico – comporterebbe il contenimento di moltissime emissioni inquinanti locali, soddisfacendo così la Direttiva 50/2008, e quasi certamente l’anidride carbonica che poi si diffonde a livello globale, essendo il rendimento dei motori termici in città al proprio minimo.   

Se così non si farà (alias: “Bev per tutti”), probabilmente si abbondonerà gradualmente l’auto e fallirà gran parte dell’industria produttiva europea dell’automobile, senza avere forse alternative industriali significative in Eu, importando auto cinesi o anche fabbricate altrove (es. Nord Africa) da industrie europee e non: ricordiamoci però che “Sapere è potere”, ma nel sapere c’è anche il “Saper fare”.

L'assemblamento di un motore elettrico

Le conclusioni

La trazione solo elettrica – seppure non necessariamente su un veicolo solo elettrico - può essere un obiettivo perseguibile per le città o aree protette da un punto di vista ambientale; non ha invece alcun senso fisico né una rispondenza all’utenza l’estremizzazione della sola trazione elettrica verso l’uso sull’intero territorio e per l’intero parco circolante, se non a scapito della stessa attrattività ed utilizzabilità dell’auto e se non come preludio della sua stessa condanna, più o meno come quella delle carrozze un secolo fa.

L’Ue ha imparato a realizzare i motori termici, ora anche con varie forme di ibridizzazione, così bene in oltre un secolo che non ha necessità di essere follower di una policy cinese che ha invece le miniere, i chip e le economie di scala in testa: su questi terreni non vinceremo mai, sulle nostre competenze auspicabilmente sì!

2.fine
[1] Purtroppo molti “successi” di pochi passano attraverso il tradimento di molti: indirizzarsi ad occhi chiusi ed in modo fideistico al solo mercato elettrico puro, quindi escludendo i vari powertrain ibridi, di fatto si tradisce il mercato nel quale si vive divenendo degli inseguitori di politiche industriali, nonché economiche, altrui.