L’Italia è un paese sempre più anziano, con una aspettativa di vita che cresce e un numero di nuovi nati che cala. L’età media della popolazione si alza, e con essa quindi anche l’età media di chi legge i giornali, ascolta la radio, lavora, vota alle elezioni. Le diverse generazioni che convivono nel nostro paese si fanno sempre più distanti tra loro, per età anagrafica naturalmente, ma anche dal punto di vista culturale, sociologico ed economico. Individuare e leggere queste differenze non è sempre facile, specialmente quelle economiche. Questa “miopia tra generazioni” ha però un costo che invece è chiaramente visibile e immediato: ovvero quello di prendere decisioni di politica economica spesso a favore delle sole generazioni meno giovani, quelle meglio politicamente rappresentate. Torniamo quindi ad occuparci del divario in termini economici tra le diverse generazioni di italiani.

Una misura di questo divario spesso usata è la differenza di reddito – quanti soldi si guadagnano al mese o all’anno – o di ricchezza – quanto patrimonio si possiede – tra diverse generazioni, in particolare  focalizzandosi su come queste differenze evolvano nel tempo. Per misurarlo non è infatti sufficiente fotografare il gap di reddito, o di ricchezza, tra persone di età diversa in un dato momento storico. Sia il reddito sia la ricchezza aumentano fisiologicamente con l’età, in media. È normale quindi aspettarsi che se confrontiamo un 20enne appena entrato nel mondo del lavoro con un suo collega ormai avanti nella propria carriera lavorativa, il secondo abbia un reddito più elevato. La Figura 1 mostra per esempio il reddito annuale medio – aggiustato per l’inflazione – per diversi classi di età, tra il 2000 e il 2008 e tra il 2010 e il 2020. I dati sono quelli raccolti dalla Banca d’Italia nell’Indagine sulla Ricchezza delle Famiglie, opportunamente rielaborati. Si nota chiaramente come il reddito medio cresca durante la carriera lavorativa, raggiungendo un picco tra i 45 e i 55 anni, per poi calare nuovamente. Per esempio, tra il 2010 e il 2020 in media un giovane di 30 anni ha guadagnato durante l’anno circa 15mila euro, un adulto di 50 poco meno di 20mila. Questo andamento ad u-rovesciata è solitamente evidente in tutti i paesi sviluppati, e non ha subito importanti variazioni nel tempo. In media, i giovani guadagnano meno dei più anziani, ma questo può essere in larga parte spiegato dalle dinamiche di carriera nel mercato del lavoro.

 

Un modo per fotografare correttamente l’andamento del divario intergenerazionale consiste quindi nel misurare quanto i giovani siano diventati meno ricchi dei loro colleghi più anziani, nel tempo. La Figura 2 (grafico a sinistra) mostra il rapporto tra il reddito annuo medio delle persone più giovani (tra i 30 e i 39 anni) e il reddito annuo medio delle persone più anziane (tra i 60 e 69 anni). Un rapporto superiore ad uno indica che le fasce più giovani siano in media più ricche di quelle più anziane. Un rapporto inferiore ad uno indica invece un risultato opposto. L’andamento nel tempo riportato in figura mostra un chiaro impoverimento relativo della fascia più giovane della popolazione, tra quelle considerate. Nel 1991 il reddito medio nella fascia 30-39 anni era quasi una volta e mezzo quello della fascia 60-69, per poi calare fino a diventare solo il 90%, nonostante nella fascia over 60 la maggior parte delle persone riceva in media un assegno pensionistico e non un reddito lavorativo.

Nel grafico di destra della Figura 2 vediamo  invece il confronto effettuato sulla ricchezza  annua media familiare. In questo caso l’età fa riferimento alla persona con il reddito più alto all’interno della nucleo familiare. Nel 1993, la ricchezza delle famiglie di 30-39 anni era pari a quella delle famiglie di 60-69 anni, mentre nel 2014 è arrivata ad essere quasi solo la metà. (Qui uno studio recente sul caso Italiano con altri dati e analisi).

 

Fonte: elaborazioni proprie su microdati di Banca Italia

 L’andamento del reddito appena descritto può essere dovuto sia ad un aumento medio del reddito nelle fasce più anziane, sia ad un impoverimento delle fasce più giovani. O ad entrambi i due fenomeni contemporaneamente. La Figura 3 mostra quindi l’andamento del reddito medio per diverse fasce di età rispetto al 1991. I dati sono normalizzati ad 1 nel 1991: un valore di 1.2 indica per esempio come rispetto al 1991 il reddito medio sia aumentato del 20%. La Figura mostra chiaramente un aumento medio reddituale nella fascia di età più anziana tra quelle considerate, e un impoverimento medio in tutte le fasce di età più giovani: nel 2020 il reddito medio nella fascia 55-64 era aumentato di oltre il 20% rispetto al 1991, quello nella fascia 25-34 è invece addirittura diminuito di circa il 15%.

 

La Figura 4 mostra infine una diversa prospettiva da cui è possibile guardare al divario generazionale, ovvero studiando diverse coorti di persone nel tempo, invece che diversi gruppi di età. La figura mostra in particolare il reddito annuale medio – aggiustato per l’inflazione – per tre diverse generazioni, da quando entrano nel mercato del lavoro a 25 anni, fino ai 59 anni di età – o fino agli ultimi dati ad oggi disponibili. Dal grafico emerge come il reddito medio di ingresso nel mercato del lavoro sia progressivamente calato tra una generazione e quella successiva: il reddito medio alla soglia dei 30 anni di un lavoratore nato nel 1960 era di 17mila euro, mentre quello di un lavoratore nato nel 1980, misurato alla stessa età, solo di 14mila euro circa. Inoltre, questo gap iniziale nel reddito permane nel tempo, appettandosi lievemente solo verso i 40 anni di età.

Se un allungamento del periodo di studi nel tempo può in parte spiegare l’impoverimento medio delle persone sotto i 29 anni, l’impoverimento relativo che si registra nella fascia di età tra i 30 e i 40 anni denota un deterioramento generalizzato delle condizioni e delle opportunità lavorative.

I giovani italiani sono quindi oggi più poveri non solo rispetto ai loro concittadini più anziani, ma anche rispetto ai loro coetanei di 30-40 anni fa. Un minore livello di reddito e di ricchezza si riflettono inevitabilmente in una minore qualità di vita e in una minore possibilità di emancipazione. Salari più bassi oggi si rifletteranno inoltre su pensioni molto più basse domani, dal momento che minore sarà il livello dei contributi accumulati. Di fronte a questi dati è fondamentale superare quella “miopia tra generazioni” di cui si diceva in apertura, operando scelte di politiche economiche coraggiose.