La pandemia del Covid-19 è stato uno shock globale che ha smascherato la fragilità del progresso, del welfare, della globalizzazione.
Il devastante prevaricare dell'uomo sulla Natura ha dato origine a scenari senza precedenti che hanno innescato una serie di minacce di carattere globale, sistemico e fortemente connesse tra di loro, e hanno portato il livello di benessere delle persone a dissociarsi dal loro senso di sicurezza.
I flussi continui di persone, beni e informazioni nelle odierne società rendono la sicurezza umana di un gruppo di individui fortemente legata a quella degli altri.
Il senso di insicurezza sempre più pervasivo
Il Rapporto sullo sviluppo umano pubblicato dall’UNDP (Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) nel 1990 ha ridefinito il concetto di human development (“sviluppo umano”) abbandonando l’assunto per cui basta guardare alla ricchezza dell’economia in cui un essere umano vive per determinare il suo livello di benessere. Altro approccio innovativo introdotto dall’UNDP nel 1994 è stato quello relativo alla human security cogliendo la necessità di sconfinare dal concetto di “protezione nazionale” in quello di “sicurezza individuale”, cioè di connettere l’idea di sicurezza alle persone piuttosto che ai territori. Quest’idea di sicurezza auspica per tutti il diritto di vivere lontani dalla paura, dalla miseria, e dall’umiliazione.
La stessa organizzazione ha di recente confrontato l’indicatore oggettivo di sviluppo umano con il livello di sicurezza percepito dai singoli [1]. Più della metà della popolazione globale ha ammesso di sentirsi molto insicura, e sorprendentemente più di un terzo degli abitanti di nazioni con un alto livello di sviluppo esprime questa preoccupazione (Figura 1). Serpeggia la crescente consapevolezza che l’accesso alle risorse naturali, alla tecnologia e alla digitalizzazione alimentano le disuguaglianze e le tensioni sociali, che possono fungere da miccia per l’esplosione di disordini e conflitti.
Uomo, forza della natura
La pressione sull’ambiente sta causando nuove forme di rischio legate al cambiamento climatico (cicloni, inondazioni, ondate di calore…); alla perdita di biodiversità, che ha effetti sulla produttività e sulla resilienza degli ecosistemi; e a malattie zoonotiche, di cui il Covid-19 è la più recente manifestazione. Quasi tutti questi rischi sono riconducibili alla più alta concentrazione di anidride carbonica in atmosfera degli ultimi 2 milioni di anni, dovuta all’intensificarsi della nostra attività economica. La situazione è talmente straordinaria e impattante da essere stata identificata come una nuova epoca geologica: l’Antropocene, l'epoca dell'uomo.
Sebbene non ci sia ancora concordanza nel datare l’inizio di quest’epoca (per qualcuno sarebbe cominciata con l’avvento dell’agricoltura, per altri con la rivoluzione industriale, e per altri ancora a metà secolo scorso con l’esponenziale aumento dell’impiego dei combustibili fossili), la comunità scientifica ha raccolto sufficienti prove per affermare che negli strati geologici rimarrà impressa la memoria del passaggio dell’uomo sulla Terra. Nei sedimenti sono già visibili tracce di plastica e cemento, e l’alterazione del ciclo del carbonio e dell’azoto, così come il livello di metano e radionuclidi in atmosfera saranno ugualmente rintracciabili nelle rocce.
Antropocene significa anche che la minaccia più grave per l'esistenza umana sta diventando l'uomo stesso, non la natura. Oggi potremmo deviare la traiettoria di un asteroide in rotta di collisione con la Terra, ma tardiamo a implementare azioni di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico e continuiamo a perturbare la quiete degli ecosistemi aumentando la probabilità di trasmissione di malattie infettive.
Le pressioni su un sistema socio-ecologico complesso si congiungono e si rafforzano a vicenda: la distruzione degli ecosistemi e la violazione dei diritti umani si sovrappongono, la perdita di biodiversità non è solo una perdita di ricchezza di specie animali ma anche una perdita culturale.
Covid, toccati da un destino comune
La pandemia del Covid-19 ha colpito tutti nella quotidianità e si è trasformata in una vera e propria crisi di human security e human development. Il diretto tragico impatto della pandemia è stato il bilancio di oltre 5 milioni di vittime al mondo. Ma gli effetti sono stati ben più ampi. La chiusura delle scuole, le restrizioni di movimento e la didattica a distanza hanno interrotto l'educazione di milioni di bambini (a livello globale, due terzi dei bambini in età scolastica non ha accesso a internet nelle proprie case). Il processo verso l'emancipazione femminile e l’uguaglianza di genere ha subito una forte battuta d'arresto, con le donne che hanno rinunciato o perso il lavoro molto più degli uomini. Una stima dell’indice di sviluppo umano che tiene conto degli effetti del Covid mostra il crollo dell’indice nel 2020 e il progresso perduto ancora da recuperare nel 2021 (Figura 2).
Un nuovo principio guida
Il sentimento da far prevalere e permeare nelle politiche e nei piani d’azione? Solidarietà, intesa come impegno a lavorare insieme per combattere le sfide dell’Antropocene. Non stiamo parlando di azioni caritatevoli o restrizioni all’interesse privato, ma di un approccio consapevole delle interdipendenze sistematiche tra salute delle persone e del pianeta in un mondo globalizzato.
La risposta all’emergenza Covid ha molto in comune con quella che dovrebbe essere la risposta alla crisi climatica.
In due anni sono stati messi in piedi meccanismi di global governance e accordi bilaterali vincolanti, e si è cercato di influenzare il comportamento e lo stile di vita dei cittadini in tutto il mondo. Soprattutto, quest’esperienza ci ha insegnato come l’«incapacità di vedere la nostra sicurezza nella sicurezza degli altri» (UNDP, 2022 Special Report) impedirà sempre l’annientamento di una minaccia globale.
Come non vaccinare la popolazione di un paese non mette al sicuro dallo sviluppo di nuove varianti il resto della popolazione mondiale, così la mancata transizione ecologica ed energetica in certe nazioni non risolverà l’emergenza ambientale.
L'economia civile
Nel panorama italiano, la parola solidarietà fa correre il pensiero a un'altra parola: economia civile. L’economia civile si basa (anche) su processi che attivano la solidarietà da parte di tutti gli attori di mercato, dimostrando che Stato, imprese e società civile sono in grado di sostenere un modello di sviluppo in cui la creazione di valore economico e sociale avviene in modo inclusivo, integrale e giusto per l’ambiente.
L’idea che la solidarietà sia “anzitutto sentirsi tutti responsabili di tutti” (Benedetto XVI, Caritas in veritate) coinvolge ognuno di noi e rende la cura verso gli altri non delegabile, la gratuità non una rinuncia personale, e la fiducia un presupposto delle relazioni.
[1] Nella costruzione dell’indice si assume che la mancanza di tranquillità delle persone derivi dall’esposizione a conflitti, da una situazione economica precaria e un accesso ai servizi di cura ed educazione limitato, e dal livello di pericolosità del luogo in cui si vive.
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