In che situazione si trovava l’Italia prima che la sua economia, il mercato del lavoro, il sistema sanitario venissero colpiti in modo imprevedibile dalla crisi causata dal Covid-19? Il piano di rilancio europeo, il Next Generation EU, come si adatta alla realtà?
Il Rapporto Cerved Italia Sostenibile offre un’analisi data-driven sulla sostenibilità sotto il profilo economico, sociale e ambientale a livello di provincia. Tale disaggregazione mette in evidenza come gli interventi per migliorare la sostenibilità non possano prescindere dalle grandi differenze che caratterizzano il nostro paese. L’analisi permette di comprendere quanto sia cruciale che azioni e investimenti contenuti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) possano venire diretti ad arginare le criticità specifiche dei territori facendo leva sui punti di forza e sulle risorse locali.
La convergenza fra le tre dimensioni della sostenibilità
Il principale squilibrio del Paese si conferma essere quello che separa Nord e Sud. Ma ciò che emerge chiaramente dal rapporto Cerved è che la differenza va oltre il mero divario economico, investendo la qualità di vita legata allo stato dell’ambiente e alle garanzie dei diritti sociali. Le aree con un sistema produttivo robusto e vivace mostrano migliori risultati di sostenibilità sociale e ambientale, mentre quelle economicamente deboli appaiono più esposte a rischi ambientali e affrontano condizioni preoccupanti di fragilità sociale.
Produzione e occupazione
Lo shock economico causato dal Covid, che l’Istat stima in una perdita di PIL intorno al 9% per il 2020, con un’ipotesi di recupero solo parziale (4%) nel 2021, avrà un impatto devastante in termini di posti di lavoro e di capacità produttiva. Pesano sia l’effetto “default” (i lavoratori e il capitale persi per le imprese uscite dal mercato), sia l’effetto “scala” (la riduzione della forza lavoro e degli investimenti delle imprese a causa del ridimensionamento del giro d’affari). Questi impatti avranno inevitabili ripercussioni anche sul capitale delle aziende e sulla loro capacità d’investimento.
Le province che soffriranno di più sono quelle con una situazione fragile in partenza, quelle a forte specializzazione o a vocazione turistica, e le città portuali per il ridimensionato del flusso di merci. Cerved stima che in alcune province una perdita di organico per il 2021 dell’11,5%, in linea con la media nazionale, ma partendo da alti livelli di disoccupazione pre-Covid, porterebbe i tassi di disoccupazione a quasi 24%. Questo intensificherebbe il divario tra sviluppo economico e sociale, e il divario territoriale. Il primo, dal momento che la disoccupazione è un fattore diretto di povertà e di esclusione, il secondo poiché, come esposto nel grafico sotto, esiste già una forte polarizzazione dei cluster provinciali.
Il successo del Next Generation EU si misurerà sulla capacità di rilanciare gli investimenti privati e mettere in moto la transizione ecologica e digitale del Paese con osservata speciale la competitività delle PMI.
Per la crescita: trasporti, digitalizzazione e formazione
Le infrastrutture sono un fattore fondamentale di crescita economica e attrattività. Per quanto riguarda i trasporti, dalla fotografia del rapporto Cerved, l’Italia risulta essere allineata ai partner europei per numero di aeroporti ed estensione delle linee ferroviarie; il problema risiede nella loro efficienza, in particolare nella velocità e nel costo effettivo di collegamento. Presa da sola, la voce “Investimenti sulla rete ferroviaria” è la più rilevante del Piano (24,77 miliardi), il che fa ben sperare per l’auspicabile trasferimento del traffico passeggeri e merci dalla strada alla ferrovia. Dalle grandi opere in realizzazione sul territorio nazionale, la lezione di aprire un dialogo tempestivo e costruttivo con gli stakeholders locali teso ad armonizzare le aspettative di tutti gli attori coinvolti.
La rete digitale è l’altra dimensione infrastrutturale imprescindibile per lo sviluppo. All’interno del PNRR, la digitalizzazione è alla base della formula per le riforme chiave su burocrazia e tempi della giustizia. Dal canto suo, Cerved mostra come il gap tra l’Italia e le altre economie europee non risieda tanto nella digitalizzazione della PA, quanto invece nel capitale umano e nell’integrazione delle tecnologie nel sistema sociale e produttivo. Il DESI (Digital Economy and Society Index) della Commissione Europea che bilancia connettività, capitale umano, utilizzo di internet, integrazione delle tecnologie digitali e digitalizzazione dei servizi pubblici, colloca l’Italia in quartultima posizione nel ranking europeo.
L'asimmetria distributiva dei cluster provinciali
Il grafico sotto mostra come il livello di digitalizzazione della società abbia un impatto importante sulla competitività delle imprese e sulla crescita del territorio, evidenziando ancora una volta l’asimmetria distributiva dei cluster provinciali. Il PNRR destina oltre 24 miliardi di euro alla transizione digitale del sistema produttivo e le ripercussioni positive attese sull’occupazione giovanile, la valorizzazione delle competenze e la competitività delle Pmi sono alte.
L'offerta educativa
Il Piano di rilancio italiano pone la giusta attenzione a istruzione, ricerca e innovazione. Le differenze nell’offerta educativa allontanano l’Italia dagli standard europei, dagli asili nido (frequentazione più bassa di dieci punti percentuali rispetto alla media europea) all’Università (penultimo posto nella classifica UE per numero di giovani laureati). Infatti, secondo i dati ISTAT il 25,7% dei bambini italiani sotto i 3 anni frequenta una struttura educativa, contro una media europea del 35,1%. Sempre secondo l’ISTAT, la quota di giovani laureati italiani è ferma al 27,6% con l’Unione europea che ha superato l’obiettivo strategico del 40%.
Viene incoraggiata la proposta di formazione continua dei docenti, le aziende dovrebbero fare lo stesso col proprio personale, rafforzando inoltre la cooperazione col sistema formativo. Tuttavia, gli interventi più urgenti dovrebbero essere quelli volti a riparare il famoso guasto nell’ascensore sociale segnalato, tra gli altri, dal rettore della scuola Normale di Pisa durante l’inaugurazione di dell’anno accademico.
Le numerose sfide ambientali
Le criticità ambientali appaiono molto eterogenee a livello nazionale. In base allo studio elaborato da Cerved, molte delle province più performanti dal punto di vista economico si trovano ad avere i più alti livelli di inquinamento e di consumo delle risorse, così come a non saper tutelare adeguatamente il proprio territorio, comprese le acque. L’andamento economico positivo sembra andare di pari passo con investimenti in riconversione energetica e gestione dei rifiuti. Al contrario, le province con una scarsa sostenibilità economica denotano criticità significative nel consumo energetico e nella produzione e gestione dei rifiuti. Fortunatamente, gli investimenti destinati alla realizzazione e all’ammodernamento degli impianti di gestione rifiuti contenuti nel PNRR mirano proprio a colmare il divario regionale di gestione e standard qualitativi. Limitata, invece, la spinta concreta all’economia circolare. Eccetto qualche progetto “faro” su alcuni settori (come tessile e RAEE), nessun riferimento esplicito all’end-of-waste, vero ostacolo normativo al reinserimento nella filiera produttiva dei rifiuti.
L’estensione al 2023 dell’agevolazione già messa in campo per l’efficientamento energetico degli edifici è un altro passo che va nella direzione giusta. Lo scarso ricorso ai fondi avvenuto finora, però, soprattutto da parte dei condomini, rende indispensabile l’introduzione di riforme semplificative sui processi autorizzativi e di governance dei progetti.
Dissesto idrogeologico ed eventi sismici
Nonostante problemi ambientali come la riduzione di emissioni di gas serra siano prioritari per la transizione green e per essere in linea con gli obiettivi comunitari (l’intesa provvisoria sulla Legge sul clima prevede la riduzione del 55% delle emissioni rispetto ai valori del 1990 entro il 2030), l’Italia non può tralasciare il dissesto idrogeologico e l’esposizione a eventi sismici, che rappresentano uno squilibrio ambientale “strutturale” del nostro paese.
La mitigazione dei rischi idrogeologici necessita di ingenti risorse per la prevenzione, ben oltre quelle stanziate dal Piano. Secondo l’ISPRA il Ministero dell’Ambiente ha stanziato quasi 7 miliardi di euro in 20 anni per far fronte al dissesto idrogeologico in Italia, ma l’importo stimato per la messa in sicurezza del territorio supererebbe i 26 miliardi. Il PNRR destina 2,49 miliardi alla gestione del rischio di alluvione e alla riduzione del rischio idrogeologico, interventi eterogenei potrebbero derivare dai 6 miliardi stanziati «per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni». Se il PNRR guarda al lungo periodo, queste spese sono necessarie per rendere l’Italia più sicura e resiliente ai cambiamenti climatici.
Il ruolo delle imprese nel welfare
Le imprese hanno il ruolo centrale di legare insieme la dimensione economica, sociale e ambientale della sostenibilità. È ora di sviluppare un articolato sistema di welfare, non basato esclusivamente sulla spesa pubblica e sulle grandi strutture centrali (in tema di salute, il PNRR si preoccupa soprattutto dell’ammodernamento delle tecnologie impiegate negli ospedali e di potenziare l’assistenza domiciliare), ma integrato con il welfare aziendale, punto di riferimento per dipendenti e comunità locali.
Dal Piano disegnato per la ripartenza dell’Italia traspare la consapevolezza del rischio di accentuare le disparità regionali e territoriali all'interno del paese. È necessario operare con un approccio integrato, basato sulla misurazione oggettiva degli impatti diretti e indiretti degli interventi.
Nel momento in cui il Paese sta emergendo dalla terribile crisi causata dal Covid, la ricerca di coesione sociale e territoriale dovrebbe essere il principio guida di tutte le riforme e di tutti gli investimenti imminenti.
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