Un pregiudizio anti-mercato. È questo un importante elemento in quella che potremmo chiamare la “filosofia politica” che ha guidato i primi due governi (giallo-verde e giallo-rosso) di questa legislatura, una legislatura che si sta avviando pericolosamente al termine dopo l’esperienza dell’unità nazionale sotto le ali di Mario Draghi. Il pregiudizio anti-mercato è la volontà implicita, anche se mai apertamente professata, di mettere all’angolo le modalità di una società libera e aperta per dare invece allo Stato il compito non solo di guidare, ma di gestire in prima persona i rapporti economici e sociali.
Con un particolare particolarmente pericoloso sul fronte dei conti pubblici: senza badare a spese. Con l’eufemismo di chiamare scostamento di bilancio quello che è semplicemente un nuovo debito che si aggiunge al già pesante indebitamento dello Stato.
Attenzione. Gran parte dei provvedimenti di cui parliamo nascono da motivazioni nobili e giuste, ma è la loro attuazione pratica che si è rivelata e si rivela velleitaria e controproducente.
L’esempio più evidente è quello del Superbonus con un credito d’imposta del 110%. La motivazione (nobile e giusta) è stata quella di rilanciare l’attività edilizia e contribuire ad una maggiore efficienza energetica degli immobili. In pratica, tuttavia, il 110% ha completamente escluso la legge della domanda e dell’offerta (alla fine paga tutto lo Stato), ha fatto schizzare in alto i prezzi dei materiali e delle opere edilizie (dando una spinta all’inflazione di cui non si sentiva il bisogno), ha dato spazio a un nugolo di imprese nate per l’occasione con scarse se non nulle garanzie di qualità e affidabilità.
Una legge palesemente fuori mercato se non contro il mercato
È una legge che ha pesato finora per oltre 30 miliardi sui conti, una legge che favorisce i ricchi, che ha portato a risparmi del tutto marginali sul fronte energetico e che continua ad essere assurdamente difesa dai 5S. Ne abbiamo già ampiamente parlato.
Il fallimento del cashback
Un altro esempio di logica anti-mercato è stato il cashback sui pagamenti digitali, provvedimento che, non a caso, è stato tra le prime misure annullate dal premier Mario Draghi. Anche in questo caso la motivazione era positiva: incrementare l’uso delle carte di credito anche per garantire una migliore tracciabilità ai fini fiscali. Ma i risultati sono stati più che deludenti. Si sono stanziati tre miliardi, ma la diffusione dei pagamenti digitali non è aumentata in misura significativa. Hanno invece avuto largo spazio i “furbetti” che, con ripetuti micropagamenti, hanno cercato di guadagnare i primi posti in classifica che garantivano ulteriori premi. Anche in questo caso invece di sollecitare una sana concorrenza tra le forme di pagamento digitali, a vantaggio peraltro dei consumatori, si è preferito distribuire i fondi in maniera indiscriminata.
La grande illusione
La logica di mercato non era presente nemmeno nella grande riforma voluta dalla Lega: quota 100 per le pensioni. Non solo per i suoi costi, ma soprattutto perché era stata proposta con la grande illusione che facendo uscire un significativo numero di “anziani” dal mondo del lavoro si sarebbero aperte le porte ad un numero di giovani ancora più grande.
Un’illusione perché il “mercato del lavoro” non funziona come i vasi comunicanti. Per dirla con uno slogan: “uno non vale uno”. I lavoratori non sono numeri: sono persone che hanno un’esperienza, una competenza e, perché no, anche una passione che non si possono trasmettere consegnando la chiave della scrivania o dell’armadietto. Si sarebbero ottenuti migliori risultati se i fondi spesi per quota 100 fossero andati a finanziare iniziative di formazione e incentivi all’inserimento nei posti di lavoro. E si sarebbe data anche l’impressione che il lavoro non sia una condanna, una realtà da cui fuggire andando in pensione al più presto possibile.
E i costi e i benefici?
Tre esempi di come le regole del mercato siano state volutamente trascurate, di come peraltro sia mancato quello che ogni buon imprenditore deve fare nella propria azienda: una valutazione dei costi e dei benefici e insieme un’analisi dei possibili interventi alternativi per verificare la collocazione ottimale dei capitali (un’analisi che sarebbe stata ancora più necessaria perché si tratta dei soldi dei cittadini-contribuenti).
Con i quasi quaranta miliardi del superbonus si sarebbero potuti fare interventi strutturali sul fronte dell’istruzione, così come nella sanità, con ricadute socialmente ben più utili degli isolamenti termici delle villette al mare.
«Lo potremo, se vorremo»
Come scriveva Luigi Einaudi nelle “Lezioni di politica sociale”: «Il mercato, che è già uno stupendo meccanismo, capace di dare i migliori risultati entro i limiti delle istituzioni, dei costumi, delle leggi esistenti, può dare risultati ancora più stupendi se noi sapremo perfezionare e riformare le istituzioni, i costumi, le leggi, entro le quali esso vive allo scopo di toccare i più alti ideali di vita». E concludeva: «Lo potremo, se vorremo».
Un messaggio sempre valido. Il mercato ha bisogno di leggi che impediscano il prevalere degli interessi particolari e dei monopoli. E le regole migliori sono quelle che aiutano il mercato a funzionare, che garantiscono la libera iniziativa e la concorrenza, che offrono una vera capacità di risposta alle domande dei cittadini.
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