Il diffondersi di prodotti finanziari sostenibili è subordinato alla trasparenza informativa sulle questioni di sostenibilità da parte dei partecipanti al mercato finanziario. In tale contesto, la Commissione Europea ha avanzato una proposta di Direttiva in materia di informativa di sostenibilità delle imprese (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD) insieme ad altre azioni volte a promuovere il riorientamento dei flussi di capitale verso investimenti sostenibili.
La spinta delle politiche comunitarie è sicuramente complice dell’affermarsi di attività di investimento sostenibili in Europa in anticipo rispetto ad altri continenti.
Le differenze tra Europa e Stati Uniti
Quasi a ricalcare vecchi schieramenti, alla proposta europea su sustainability reporting hanno iniziato ad affiancarsi (o contrapporsi) l’analoga proposta della Fondazione IFRS (International Financial Reporting Standards, ente che redige gli standard di contabilità internazionali) e della SEC statunitense (U.S. Securities and Exchange Commission).
Ciò che contraddistingue l’approccio dello standard-setter europeo da quello dello standard-setter internazionale, fortemente influenzato dalla componente nord americana, è l’interesse per la difesa del bene pubblico. Oltreoceano la trasparenza informativa è concepita per soddisfare pressoché esclusivamente le aspettative dei detentori di capitale, cioè per minimizzare l’esposizione al rischio di creditori, investitori, assicuratori. La Fondazione IFRS (tramite il suo International Sustainability Standards Board) sta delineando le regole per la standardizzazione dell’informativa ambientale riflettendo i principi di quella finanziaria, e cioè aiutare gli investitori a cogliere come l’esposizione dell’impresa al cambiamento climatico possa accrescere o erodere il valore dell’imprese.
Il principio della «doppia materialità»
Sicuramente possiamo compiacerci della visione ampia e interconnessa del policy maker europeo: gli standard di sustainability reporting sono impostati in coerenza con le altre normative ambientali e industriali comunitarie, e a supporto degli obiettivi del Green Deal. Principio sostanziale adottato dal legislatore europeo e assente nella versione attuale degli altri standard è quello della “doppia materialità”, secondo cui un’informazione è materiale (cioè significativa), e dunque da divulgare, sia se riguarda un impatto esterno sull’impresa in grado di compromettere la sua posizione economico-finanziaria, sia se si tratta di un impatto dell’impresa sul contesto socio-ambientale di riferimento.
Le due prospettive sono ugualmente importanti e sono indicative della volontà di tutelare ogni stakeholder (non solo l’investitore) e soddisfare il bisogno di trasparenza essenziale per preservare il bene pubblico.
Interessarsi al bene pubblico significa affrontare con una visione globale e integrata problemi che si sovrappongono e, poiché nessuno può essere escluso dal godere di questa categoria di beni, apportare dei benefici alla società. Trasferire questa visione nelle politiche sulla trasparenza informativa che interessano le industrie e gli investitori significa responsabilizzare questi attori, e questo è il grande impegno che contraddistingue l’iniziativa dell’UE.
La natura di bene pubblico, che non conosce i limiti dei confini nazionali e i cui benefici andranno a vantaggio anche delle generazioni future, fa sì che sia necessario un impegno globale per la loro difesa e perché i cittadini del mondo ne possano usufruire.
La finanza verde deve investire molto in progetti di sostenibilità in paesi emergenti e in via di sviluppo. Gli investimenti in questo campo possono essere usati per redistribuire risorse in modo più equo e innescare un circolo virtuoso di crescita e stabilità.
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