Ruolo autonomo dei magistrati tributari, giudice monocratico per le cause di valore modesto, onere della prova sempre a carico dell'ente impositore e non del contribuente, ammessa la prova testimoniale. La giustizia tributaria prova a cambiare pelle e dal 16 settembre entra in vigore una riforma importante con la legge numero 130 del 31 agosto 2022 pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 204 dell’1 settembre scorso. Rientra gli obiettivi del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che mira al miglioramento della qualità delle sentenze tributarie e all’uniformità dei giudizi in materie analoghe, unitamente alla riduzione del contenzioso presso la Corte di Cassazione.

Un processo di serie B

«Si, la riforma è entrata in vigore e centra uno degli obiettivi del Pnrr – spiega Andrea Carinci, 51 anni, ordinario di diritto tributario all’università di Bologna – ma il processo tributario era e resta un processo di serie B. Tanto che i giudici tributari non possono diventare magistrati di Cassazione e anche sul fronte dell’efficienza processuale ci sono non pochi dubbi». Un contenzioso che nel 2021 ha visto definire 193.293 cause, con un aumento complessivo del 36,6% rispetto al 2020, anno che però scontava le difficoltà legate al Covid, mentre di nuove ne sono arrivate oltre 120mila.

Il valore totale delle controversie definite nel 2021 si è attestato a 21,1 miliardi di euro, mentre il valore medio della singola controversia decisa è pari a circa 109 mila euro.  Al 31 dicembre 2021 le controversie tributarie pendenti erano pari a 272.677 (-21% sul 2020) per un valore complessivo di circa 37,5 miliardi. Il 61,1% di queste è in attesa da meno di due anni, il 32% da un periodo compreso tra due e cinque anni e solo il restante 6,9% da più di cinque anni.

Fonte: MEF

Le indicazioni fornite dall'Europa

Si attuano così le indicazioni fornite dall’Europa, in base alla considerazione che una giustizia tributaria efficiente non può che rappresentare un volano per l’economia del Paese.

Queste le principali novità riguardanti l’ordinamento giudiziario tributario: sono stati ridenominati gli organi di giustizia tributaria in Corti tributarie di primo e di secondo grado; è stato introdotto un ruolo autonomo e professionale della magistratura tributaria con 576 giudici tributari reclutati tramite concorso per esami; è stata disciplinata la possibilità degli attuali giudici togati di transitare definitivamente e a tempo pieno nella giurisdizione tributaria speciale. Sul piano processuale, invece, è stato previsto che le controversie di modico valore siano devolute ad un giudice monocratico; è stata rafforzata la conciliazione giudiziale e superato il divieto di prova testimoniale. Risulta inoltre potenziato il giudizio di legittimità, con la creazione in Cassazione di una sezione civile deputata esclusivamente alla trattazione delle controversie tributarie.

La definitiva professionalizzazione della magistratura tributaria ha comportato anche un rafforzamento dell’organo di autogoverno dei giudici tributari, presso il quale nasce l’Ufficio ispettivo e l’Ufficio del massimario nazionale, così come vengono potenziate le strutture centrali e territoriali del MEF, che si occuperanno della gestione amministrativa delle nuove Corti tributarie. «Un miglioramento c’è stato perché i magistrati tributari non sono più onorari ma in realtà resta il fatto – spiega ancora Andrea Carinci – che i magistrati tributari non sono dipendenti del ministero della Giustizia ma di quello dell’Economia e finanze, di fatto una delle parti in causa; una stortura che espone la legge di riforma a forte rischio di violazione della Costituzione».

Come dovrebbe ridursi il contenzioso

Altra finalità della riforma è ridurre il contenzioso tributario e a tale scopo viene previsto: un giudice monocratico per le cause fino a 3.000 euro (per i ricorsi notificati dal 1 gennaio 2023); una definizione agevolata per i giudizi pendenti davanti la Corte di Cassazione al 15 luglio 2022 con la cancellazione delle liti fino a 100.000 euro con il pagamento del 5%, per i giudizi dove l'Agenzia ha perso entrambi i gradi del giudizio, e la cancellazione con il pagamento del 20% per le liti fino a 50.000 euro negli altri casi.

Da sottolineare che l'onere della prova sarà sempre a carico dell'ente impositore e non del contribuente e che viene ripristinata la prova testimoniale scritta (con decorrenza per i ricorsi notificati dal 16 settembre 2022); inoltre viene meglio disciplinato il processo telematico e viene favorita la conciliazione e la parte che la rifiuta potrà essere chiamata al pagamento delle spese di giudizio con una maggiorazione del 50%.

Le preoccupazioni maggiori riguardano organici e transito dalla qualità di giudice a quella di magistrato tributario. Infatti, la stima di produttività del singolo magistrato che è alla base della scelta di ipotizzare un organico assai ridotto – 576 magistrati, appunto – appare poco realistica se confrontata con i parametri di produttività impiegati nelle altre magistrature.

Fonte: MEF

L'arretrato

Più della metà delle liti ancora in itinere, in primo grado, è concentrata in sette Commissioni tributarie provinciali (CTP - in ordine decrescente per numero di contese: Catania, Roma, Cosenza, Reggio Calabria, Napoli, Siracusa e Foggia), in secondo grado in quattro Commissioni tributarie regionali (CTR - Sicilia, Puglia, Lazio e Campania). Dal Dipartimento delle Finanze del Mef fanno notare che la riduzione dei ricorsi iniziali è da attribuire soprattutto alla sospensione delle attività di riscossione e di controllo dei tributi nel periodo Covid da parte degli enti impositori.

La maggior parte delle nuove controversie, circa il 50%, è stata instaurata in otto Ctp (Napoli, Roma, Caserta, Milano, Catania, Cosenza, Salerno e Reggio Calabria) e più della metà del contenzioso giunto in secondo grado, in quattro Ctr (Campania, Sicilia, Lazio e Lombardia). In relazione agli esiti completamente favorevoli all’una o all’altra parte in primo grado, nel 50,9% dei casi l’ha spuntata l’ente impositore, nel 26,6% invece ha vinto il contribuente E, intanto, i tempi si allungano: nel 2021, la durata media del procedimento tributario, nel primo grado di giudizio, è stata di 1 anno e 9 mesi (652 giorni, 22 in più sul 2020 e 44 in più in confronto con il 2019). In appello il contenzioso è durato in media 2 anni e 11 mesi (1.080 giorni, 27 in più sul 2020 e 173 in più in confronto con il 2019).

Le presunzioni a favore del Fisco

«Complessivamente – conclude Carinci – restando in tema strettamente processuale, che l’onere della prova fosse a carico dell’ente impositore era già chiaro. Resta però il fatto che le presunzioni legali sono tutte a favore dell’Agenzia delle entrate. Il fisco, infatti, dimostra i ricavi, ma se il contribuente presenta dei costi deve dimostrarli lui e, dal punto di vista pratico, la riforma non cambia nulla. La grande scommessa è sulla possibilità di testimonianza scritta ma molto dipenderà dalla sensibilità del giudice che la deve ammettere».