La locomotiva tedesca fatica sempre di più. Il governo guidato da Olaf Scholz ha tagliato le stime di crescita per il 2023 confermando di fatto la recessione che attraversa il Paese (e che ha effetti anche sulla manifattura italiana) con una previsione di un calo pari allo -0,4%. Non solo. Ha abbassato le previsioni anche per il prossimo anno quando comunque la locomotiva si rimetterà comunque in moto: il Pil nel 2024 crescerà ma solo dell'1,3%. Ad aprile la Germania confidava su altri, migliori numeri: una crescita dello 0,4% quest'anno e dell'1,6% l'anno prossimo, contando di ritornare più o meno all'aumento dell'1,8% del Pil registrato nel 2022. «Abbiamo avuto un anno difficile dal punto di vista economico, in tempi difficili» ha sintetizzato il ministro dell'economia Robert Habeck E ha aggiunto: «Stiamo emergendo dalla crisi più lentamente del previsto, ma abbiamo raggiunto il punto più basso. La prossima ripresa sarà favorita da un graduale calo dell'inflazione da un mercato del lavoro che resta robusto». Il governo si impone un tasso di inflazione per il prossimo anno del 2,6 e un passo in questa direzione lo ha compiuto a settembre con una sensibile discesa dei prezzi: dal 6,2% di agosto al 4,5%. «Il tasso d'inflazione è sceso al livello più basso dall'inizio della guerra in Ucraina. Resta comunque elevato», ha detto gelando ogni ottimismo Ruth Brand, presidente dell'ufficio federale di statistica. Il governo ha fornito anche un’ipotesi di crescita per il 2025: +1,5. Previsioni comunque più ottimistiche rispetto all’Fmi e agli istituti economici tedeschi che annunciano una crescita più mitigata. Sul rallentamento della locomotiva tedesca pesa la frenata cinese che rappresenta uno dei mercati sbocchi per le imprese della Germania.

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In ogni caso il governo ha già deciso che a differenza di quel che accade in Italia – dove il governo Meloni ricorrerà a un maggior deficit per finanziare una legge di bilancio di maggior respiro – non si andrà a incidere sui conti dello Stato. A luglio ha approvato un documento che si può sintetizzare in un «basta spese in deficit in vista del bilancio 2024».  Il documento che il governo intende rispettare alla lettera sancisce un drastico taglio o, come dice il ministro delle finanze Lindner, un ritorno alla “normalità fiscale”. Del resto negli ultimi tre anni, complici pandemia e crisi energetica, il rapporto tra debito e Pil è salito dal 60% al 68%. Nulla se confrontato con l’Italia dove è cresciuto dal 135% al 152%.

Ma come sottolinea in un report l’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale «A Berlino non amano le politiche fiscali espansive. Dal prossimo anno tornerà dunque in vigore il tetto al debito previsto dalla costituzione che, sospeso nel 2020, limita il deficit annuo allo 0,35% del Pil. D’altronde per chi governa la Germania la situazione non è più tanto grave da giustificare uno sforamento».  Chissà se a Roma, tra le file del governo, a qualcuno fischiano le orecchie.