Il 2024 è stato ancora un anno straordinario per la borsa americana. Il Nasdaq ha raggiunto nuovi record, con un aumento del 52.84% per Tesla e del 83.79% per Meta. L'S&P 500 è anch’esso al suo massimo storico. Si avvia a sfiorare i 6.000 punti. All’inizio del 2023 valeva 4.000 punti. Le azioni tecnologiche hanno dominato, con Nvidia che ha registrato un incredibile +214.46%. E’ scoppiata la febbre dell’intelligenza artificiale. Questo significa che per comprare un’azione si deve pagare un multiplo di 30 volte gli utili, o, se si vuole, che il rendimento istantaneo delle azioni, il quoziente tra Utili e Prezzi è poco più del 3%. Mentre le obbligazioni del tesoro americano a dieci anni rendono una cedola del 4,4%.
In sintesi, il 2024 è stato un anno di successi e opportunità per Wall Street!

Investitore: Anche quest’anno la Borsa americana è cresciuta del 23%. Come nel 2023. Abbiamo fatto il bis. Quanto può durare?

Economista: Fino a che ci sono compratori.

I: Speravo in una risposta più tecnica

E: Nel lungo periodo i prezzi della Borsa dipendono dai profitti delle società e quindi in ultima istanza dal Pil, di cui i profitti sono una componente. Quella volatile, che scompare in caso di recessione. Vuoi una dimostrazione visiva?

I: Vediamo

E: Guarda la figura 1. Su un arco di 150 anni, dal 1871, l’andamento delle quotazioni e quello degli utili per azione è molto simile, quasi uguale.

Figura 1 – Indice SP500 (sinistra) e Utili per azione delle società che lo compongono (a destra). Scala logaritmica (1871-2024). Elaborazione Mondo economico su dati Multpl.com

I: Quasi uguale ma non proprio, e le differenze su un grafico che va indietro di 150 anni non sono poi molto utili. Noi investiamo per venti o trenta anni di attività, che sono un quinto scarso del periodo di quel grafico. Quindi vorrei capire perché gli andamenti non sono perfettamente uguali. Se lo fossero, il rapporto tra prezzi e utili sarebbe costante, vero?

E: Vero, ed è vero che non lo è. Siamo a 30. La media secolare è 15. Se proviamo a ragionarci un momento, chi possiede azioni può, liquidandole, cessare di correre il rischio che scendano e investire a reddito fisso, diciamo in un titolo del Tesoro. Se invece prendiamo il caso di chi possiede del denaro liquido e non volesse accontentarsi della cedola fissa promessa dal Tesoro, potrebbe investire in azioni, ma a questo punto non saprebbe come potrebbe andare a finire. La differenza tra il rendimento delle azioni e quelle delle obbligazioni si chiama premio di rischio, ed è un animale strano.

I: E' un animale conosciutissimo: è il guadagno che ci aspettiamo noi investitori in azioni di incassare in più (rispetto che con le obbligazioni) quando investiamo in azioni. Ci remunera il rischio.

E: Pensi di conoscerlo, ma non fidarti. Prova a investire in azioni e a proteggere il Montante sicuro che avresti tra un anno se invece comprassi delle obbligazioni. Dovresti comprare una Put sull’indice azionario con Base il Montante obbligazionario, e questo ti costerebbe una percentuale del valore dell’indice azionario che dipende dal tempo (1 anno), dalla distanza della Base ossia dalla distanza dal prezzo di esercizio che vuoi proteggere, dal tasso di interesse senza rischio e dalla volatilità della Borsa.

Figura 2 – Premio di rischio effettivo e Premio di rischio calcolato (razionale) RRP del rendimento azionario Usa (S&P500) basato sugli utili rispetto al rendimento corrente del titolo del tesoro americano a 10 anni. Elaborazione Mondo economico su dati Multpl.com

I: Conosco la formula, dove vuoi arrivare?

E: Voglio arrivare al fatto che per avere un portafoglio senza rischi investendo in azioni devi comprare l’indice più la sua Put, e quindi il premio di rischio si può calcolare razionalmente, non semplicemente desumerlo dal mercato. Perché come sai, il mercato ogni tanto fa prezzi non razionali.

I: E cosa viene?

E: Se non ho sbagliato il calcolo, il premio di rischio dovrebbe essere di 2,5 punti percentuali, ora come ora. Non molto, probabilmente perché il tasso di rendimento senza rischio (quello sul titolo del tesoro) è alto e la Put ha una base di esercizio piuttosto distante dal prezzo. La media secolare del prezzo di questa Put sarebbe del 4%.

I: Uhm, quindi perché sia conveniente investire in azioni, le azioni devono avere un rendimento di almeno il 4,4% più 2,5% ossia il 6,9%. Ci sto, in effetti misurando il rendimento dei due anni appena passati (23 per cento annuale) siamo molto in vantaggio, quindi non avremmo eseguito la Put protettiva. Il gioco è valso la candela.

E: è così, Se consideri la media dei rendimenti decennali della Borsa americana, hai che la media dei rendimenti decennali è del 10,5%, il che dice che in media, appunto, investire in Borsa è stato conveniente, visto che nello stesso periodo la media dei rendimenti obbligazionari è stata del 4,4 per cento e il premio di rischio razionale in media è stato del 4 per cento. Dunque, anche un investitore coperto, in media, avrebbe portato a casa qualcosa. Se non fosse così, la Borsa non esisterebbe no? Visto che il mio calcolo ti convince allora ti propongo di fare un passo in avanti.

I: Vai avanti, mi interessa.

E: I prezzi delle azioni nel lungo periodo seguono i loro utili, ma di tempo in tempo possono divergere. Ma il rendimento non dipende dal prezzo a cui compri le azioni?

I: Di solito noi questo non lo consideriamo

E: Prova a considerarlo. Fai uno strappo. Se lo consideri allora il rendimento che più approssima quello dell’anno prossimo è l’utile netto di quest’anno diviso il prezzo.

I: Si chiama Earnings yield. Sì, lo so

E: E allora, se calcoli il rendimento dividendo l’utile per il prezzo hai una specie di rendimento istantaneo della Borsa, se gli sottrai il tasso di rendimento obbligazionario hai il premio di rischio corrente. Ebbene, se fai quel calcolo ottieni che adesso il premio di rischio corrente sarebbe -1,17%, perché le obbligazioni rendono di più della Borsa, se si guarda il rendimento basato sull’utile di quest’anno.

I: Ho capito dove vuoi arrivare, siccome le azioni hanno un rendimento istantaneo inferiore al rendimento delle obbligazioni, non ci sarebbe un premio di rischio sufficiente. E’ questo che vuoi dire?

E: Che la Borsa può offrire un rendimento istantaneo inferiore a quello razionale, ma solo a una condizione.

I: Quale condizione?

E: Che gli utili crescano abbastanza da compensare la differenza tra il rendimento basato sull’utile attuale e il rendimento minimo che la Borsa dovrebbe offrire per garantire un rendimento pari a quello di un investitore senza rischio.

I: Fammi capire: bisogna che gli utili salgano per compensare il rendimento istantaneo, che è appena 3,3% mentre il bond rende il 4,4%

E: Veramente così lasci il rischio aperto. Per chiudere il rischio gli utili dovrebbero salire in modo da pagarti anche la put. E’ il minimo perché sia razionale investire, l’abbiamo convenuto prima.

I: Quindi gli utili dovrebbero salire di quanto?

E: Il mio calcolo dice che per passare dal 3,3% al 6,7% dovrebbero raddoppiare.

I: Subito?

E: Direi in breve tempo, perché attualizzando i flussi futuri al 6,7% annuo, la matematica finanziaria implacabilmente svaluta il futuro piuttosto in fretta.

I: Questa è la ragione per cui invochiamo sempre il ribasso dei tassi.

E: E dal vostro punto di vista fate benissimo. Tieni sempre presente che, in media secolare, il rendimento dell’obbligazione del tesoro è stato del 4,4%, ossia quanto è oggi, che l’inflazione media nello stesso periodo è stata del 2,3%, proprio quanto è oggi, e che il tasso di interesse reale, pari alla differenza, è stato del 2,1%, poco meno della crescita del Pil. Quindi se i tassi scendono è perché la Banca centrale vuole aumentare la liquidità. Da un punto di vista statistico, potrebbero stare un poco ancora dove sono, salvo peggiori l’economia.

I: E allora?

E: E allora, se gli utili non raddoppiano in fretta gli investimenti in azioni rendono più delle obbligazioni, a condizione che le loro quotazioni salgano sui fondamentali, ossia che i loro prezzi continuino a salire più velocemente degli utili.

I: A meno che non scendano i prezzi delle azioni.

E: Vero, anche se capita di rado che i prezzi seguano il calcolo economico, e non mi stupisco, poiché gli investitori sono mossi da aspettative e le confrontano poco con il calcolo economico. E, del resto, se vai a vedere ancora la figura 2 e la osservi bene, trovi che dal 1946 in avanti la Borsa ha costantemente espresso premi di rischio inferiori a quelli razionali. Come dire che dal 1946 gli investitori in azioni sono diventati ottimisti a oltranza. E sai perché?

I: Perché?

E: Perché hanno costantemente avuto fiducia in una crescita degli utili superiore a quella passata. E hanno avuto ragione.

I: Voglio capire il tuo ragionamento.

E: Sì ma non usciamo dal mondo del calcolo. Prendiamo di nuovo ciò che è la base della Borsa nel lungo termine. I profitti netti. Ti mostrerò un altro grafico interessante. La serie secolare delle mediane decennali dei tassi annuali di crescita dei profitti netti. Una serie storica interessantissima (vedi figura 3).

Figura 3 – Tasso di crescita effettivo annuale dei profitti. Mediane decennali. Elaborazione Mondo Economico su dati Multpl.com

I: Non lo metto in dubbio e allora ti chiedo, che cosa ci trovi di così interessante?

E: Quattro cose. Primo: Il fatto che la media secolare delle mediane decennali della crescita degli utili sia del 5,02 per cento. Se consideri che il Pil è cresciuto del 3,16% medio annuo e che l’inflazione mediana è stata del 2,3% tornano i conti, perché il Pil nominale allora sarebbe cresciuto del 5,46%, un poco più dei profitti, e in effetti in chiave secolare i salari hanno guadagnato qualcosa, come quota distributiva, benché non molto. Secondo: Dopo la crisi del 1987 il tasso di crescita dei profitti però si impenna e va molto oltre la sua mediana del 5 per cento e per ben tre decenni si colloca stabilmente oltre il 10% e infine al 15% medio annuo per molti anni. Cosa che equivale ovviamente a uno spostamento del reddito prodotto dai salari ai profitti e che ovviamente fa molto bene al capitale investito nella Borsa. Alla lunga, durando questo, ha autorizzato tutti gli investitori a credere a crescite dei profitti stabilmente superiori a quelle del Pil. Senza chiedersi quanto a lungo esse siano sostenibili. Autorizza anche tutti gli investitori a pensare che, se continuerà così, si possono comprare azioni anche quando esse rendono meno delle obbligazioni, come adesso, perché poi la crescita dei profitti superiore al Pil compenserà per i prezzi alti pagati per entrare. Terzo: Sono super visibili le flessioni dovute alla pandemia e alla guerra (frecce rosse), come se “la festa fosse finita” e la dinamica degli utili tornasse alla media del +5% medio annuale. Quarto: In realtà, se si guarda l’ultimo valore della serie, parrebbe proprio così. I tassi di crescita decennali sono regrediti al 5,3%, vicino alla mediana secolare. Un comportamento tipico delle serie finanziarie.

I: E allora?

E: E allora ci sarebbe da chiedersi: con tutti i valori fondamentali che stanno convergendo di nuovo verso le medie secolari, perché anche le valutazioni e i multipli tipici delle azioni (i Price Earnings o PE) non tornino indietro ai loro valori secolari (figura 4). Oggi il Price Earnings è 30 contro un valore fair di 15. I premi di rischio negativi erano non dico sensati, ma giustificati, quando i profitti crescevano del 15% all’anno, tre volte il Pil nominale e quando le obbligazioni rendevano zero. Ma se gli utili tornano a crescere come il Pil? E se i tassi reali non fossero mai più negativi?

Figura 4 – Multipli PE, Prezzi / Utili basati sui valori correnti e sui valori Fair, che sono calcolati sulla base di un rendimento minimo di equilibrio pari al rendimento del titolo del tesoro decennale più il premio di rischio razionale. Elaborazione Mondo economico su dati Multpl.com

I: Non hai tenuto conto dell’intelligenza artificiale.

E: Me lo aspettavo. Oggi c’è l’intelligenza artificiale, ieri c’era Internet e la relativa bolla. 5% è il tasso di crescita dei profitti nell’ultimo anno in media decennale, ma se invece di prendere i dati effettivi, andiamo a prendere le anticipazioni degli analisti, troviamo che in questo momento l’aspettativa di crescita dei profitti unitari è dell’8% per l’intero mercato, ossia 3 punti in più della mediana. Mentre l’aspettativa di crescita degli utili di NVIDIA è del 37 annuo per i prossimi 3 o addirittura 5 anni.

I: Dovrebbe essere l’impatto dell’intelligenza artificiale

E: Per alcune società andrà così, ma non andrà così bene per tutti e anche per i leader la crescita potrebbe durare meno del previsto. Certi investimenti hanno rendimenti incerti. E certi rendimenti ispirano inseguitori.

I: Cosa vuoi dire?

E: Voglio dire che passato il momento dell’introduzione delle innovazioni, i profitti netti possono crescere più del Pil solo se i salari crescono meno del Pil. Negli ultimi trenta anni, la crescita dei profitti netti delle società è stata sostenuta da continue limature della loro tassazione, nonché dalla politica monetaria accomodante. A livello globale, secondo la Tax Foundation, dal 1980 al 2023 i prelievi fiscali sulle società si sono quasi dimezzati. Ma adesso si stanno livellando, perché le finanze pubbliche non stanno dietro ai servizi. E la Borsa non sostituisce il welfare state. Anche i buy back sono uno strumento usato per aumentare l’intensità di utili unitari: hanno un limite anche loro.

I: Per concludere?

E: Qualunque investitore oggi si impegna non già a incassare, ma a pagare, alla Borsa un premio per il rischio di investirci e questo diventerà ovviamente razionale, ex post, solo se si avvereranno o utili eccezionali da innovazioni o utili che cresceranno di nuovo più dei salari. La prima condizione non è generalizzabile e non vale per tutte le società, né vale per la Borsa nel complesso. La seconda, dopo anni di compressione dei ceti medi, potrebbe non essere socialmente sostenibile.

I: Sull’asse di equilibrio

E: Sempre, ma a volte si allarga e a volte si stringe.