L’uomo ha storicamente prodotto e accumulato beni a spese del suo asset più importante, il capitale naturale. Recenti studi stimano che il valore pro capite del capitale prodotto dall’uomo sia raddoppiato dal 1992 al 2014, mentre lo stock di capitale naturale sia diminuito quasi del 40%.

Questo trend può essere invertito solo tramite un’azione urgente e coordinata, e, come col cambiamento climatico, un impulso decisivo può arrivare dalla finanza.

Biodiversità: patrimonio inestimabile e in declino

Il valore della biodiversità sarebbe già immenso se si considerasse solo come contribuisce al benessere umano o alla produzione economica tramite l’offerta di beni essenziali, come aria, acqua e cibo. Ma il suo valore accresce a tal punto da essere difficilmente quantificabile quando si considera la sua funzione all’interno dei servizi ecosistemici “regolatori” e “di supporto”. Si tratta di servizi critici e spesso invisibili offerti dagli ecosistemi, come la regolazione climatica, l’impollinazione, la depurazione delle acquee, la protezione dai rischi naturali e dalle infestazioni.

Il declino nella ricchezza e nell’abbondanza delle specie influisce negativamente sul funzionamento, sulla produttività e sulla resilienza degli ecosistemi.

Rockström e i suoi colleghi hanno individuato per la prima volta nel 2009 nove processi biofisici critici per il funzionamento della Terra e delle soglie oltre alle quali verrebbe messa a rischio la stabilità del pianeta come l’abbiamo conosciuto noi. La figura 1 mostra chiaramente che il trend della perdita di biodiversità (letta come “integrità della biosfera”) ha da molto oltrepassato la safety zone.

Figura 1 . E/MSY (estinzioni per milione di specie per anno)
Figura 1 . E/MSY (estinzioni per milione di specie per anno)
Fonte: J. Lokrantz/Azote based on Steffen et al. 2015. Rappresenta il tasso di estinzione e quantifica la perdita di diversità genetica; BII (Biodiversity Intactness Index) è un indicatore in fase di perfezionamento e cattura la perdita di diversità “funzionale” degli ecosistemi.

La perdita di biodiversità e il cambiamento climatico si influenzano reciprocamente e per questo dovrebbero essere affrontati congiuntamente. Gli ecosistemi  terrestri e marini, come le foreste e i fondali oceanici, sono carbon sinks naturali (letteralmente “depositi di carbonio”), con un sequestro annuale di 5,6 giga tonnellate di carbonio, circa il 60% delle emissioni antropiche globali. Preservare questi ambienti significa salvaguardare la capacità naturale degli ecosistemi di immagazzinare CO2 e alleviare l’aumento di temperatura. Allo stesso tempo, il cambiamento climatico è uno dei principali driver di perdita di biodiversità, poiché altera la distribuzione delle specie, i flussi migratori e la disponibilità di cibo.

I rischi per l’economia

La disponibilità di capitale naturale è il principale limite allo sviluppo economico globale e la sua distruzione pone rischi macroeconomici e finanziari. L’attuale crisi delle materie prime nella ripresa post Covid suggerisce proprio questo.

Secondo il World Economic Forum (WEF)  i tre settori (costruzioni, agricoltura e industria alimentare) più profondamente, direttamente dipendenti dall’estrazione di risorse naturali e dai servizi regolatori ecosistemici generano quasi 8 trilioni di dollari di VAL (Valore Aggiunto Lordo). La figura 2 illustra in modo dettagliato la proporzione di VAL direttamente o indirettamente esposto alle perdite naturali di 22 settori industriali.

Figura 2 - Percentuale di VAL diretto e indiretto con alta, media, bassa dipendenza dalle risorse naturali, per industria.
Figura 2 - Percentuale di VAL diretto e indiretto con alta, media, bassa dipendenza dalle risorse naturali, per industria.
 Fonte: WEF, Nature Risk Rising: Why the Crisis Engulfing Nature Matters for Business and the Economy (2020).

La distruzione della biodiversità e degli ecosistemi si traduce in minore produttività o maggiori costi: è il caso dell’uomo che deve sopperire a servizi prima offerti naturalmente dagli ecosistemi, come la formazione del suolo, l’impollinazione, il contenimento di frane e inondazioni,  eccetera.

Il ruolo del settore finanziario

Il rischio derivante dalla perdita di biodiversità è un rischio sistemico sia per la forte interconnessione tra gli ecosistemi sia perché il settore finanziario è connesso con molte delle realtà la cui attività è minacciata dalla fragilità della biosfera. Il rischio deve essere stimato e mitigato a livello aggregato. Alla luce di questo, le banche centrali e le autorità di supervisione si stanno muovendo per mappare e quantificare la loro esposizione al rischio.

La BCE ha di recente comunicato alle banche vigilate le sue aspettative in termini di disclosure e gestione dei rischi climatici e ambientali. Se oggi i modelli non integrano il rischio legato al cambiamento climatico con quello derivante da altre emergenze ambientali e non considerano il meccanismo rafforzativo dei feedback positivi (un fenomeno che alimenta se stesso o un altro amplificandone gli effetti), il rischio calcolato potrebbe essere significativamente sottostimato.

L’imminente COP26 e la necessaria adozione del post-2020 Biodiversity Framework potrebbero rappresentare la sede e il momento opportuni per spingere verso un accordo globale sulla falsariga dell’Accordo di Parigi, che ha avuto il pregio di unire 190 paesi e incoraggiare la finanza pubblica e privata a dirigere il flusso di capitali verso investimenti sostenibili.

La premessa per la costruzione di portafogli più sostenibili da parte degli istituti finanziari è l’accesso a un’informazione trasparente, comparabile e verificabile.

A oggi, l’impatto della / sulla perdita di biodiversità delle aziende è toccato in maniera più o meno marginale da vari standard internazionali di reportistica ambientale e indirizzato in maniera più puntuale da indicatori specifici ma poco diffusi.

La complessità del fenomeno non agevola l’uso di singole metriche universalmente condivise, come sono le emissioni di gas a effetto serra per il cambiamento climatico. Allo stesso modo, risulta difficile fissare obiettivi condivisi, come il contenimento dell’aumento di temperatura entro i 2°C. Questo rende ancora più urgente lo sforzo di armonizzazione e standardizzazione delle metriche, che verosimilmente saranno sempre molteplici.

Obiettivo disclosure

Migliorare la disclosure è imperativo anche per facilitare l’accesso al credito alle imprese più virtuose e, al contempo, rendere lo spostamento di capitali un’opportunità per il settore finanziario. Numerose evidenze empiriche indicano che i fondi low carbon o i green bond conseguono rendimenti positivi e sono più resilienti agli shock rispetto a prodotti finanziari concorrenti. La definizione green potrebbe essere ampliata per includere investimenti in difesa della biodiversità, o potrebbero essere sviluppati strumenti circoscritti al finanziamento di queste soluzioni.

Per una volta si può parlare del cambiamento climatico come un precedente positivo. Occorre ispirarsi agli accordi e alle regolamentazioni che stanno portando alla riduzione delle emissioni per proteggere e ripristinare la biodiversità genetica ed ecosistemica.