Il pubblico diminuisce al botteghino, le sale chiudono i battenti: la crisi che attanaglia il cinema coinvolge inevitabilmente i locali per decenni punti di aggregazione considerati fondamentali e insostituibili, ora invece in costante calo di numero a causa delle spese di gestione sempre più onerose e di incassi sempre più limitati.

All’inizio del nuovo millennio i cinema in attività in Italia erano circa mille e 500, ora sulla base delle ultime rilevazioni risalenti a Natale sono 1121 i “sopravvissuti” alla crisi di pubblico e alla pandemia che aveva indotto il Governo a chiuderli per molti mesi, per un totale di 3142 schermi su cui proiettare i film. Di queste 1121 strutture sono 579 le cosiddette monosale, termine sconosciuto prima degli anni Ottanta dato che tutti i locali all’epoca avevano un solo schermo, sovente collocato in sale con oltre mille o persino duemila poltrone che nei fine settimana invernali facevano registrare quel “tutto esaurito” raggiunto ultimamente con frequenza in tutta Italia soltanto dal nuovo “Avatar”. I locali tra i 2 e 4 schermi operanti in Italia sono 291, 123 presentano tra i 5 e 7 schermi, 128 i multiplex in grado di inglobare sino a 22 schermi.

Notevole l’evoluzione delle sale da un punto di vista di numero di posti: a Torino, una delle città simbolo del cinema, nessun locale supera le mille poltrone, mentre all’opposto sono sempre di più i locali di piccole dimensioni,  come il rinnovato Nazionale che si è ripresentato ai nastri di partenza dopo la pandemia con una delle quattro sale con appena 40 posti. Un esperimento che potrebbe diventare un modello per il rilancio. A questi numeri vanno aggiunte le 129 arene estive attraverso le quali il pubblico può recuperare i film persi nel corso della stagione e assistere alle anteprime di lungometraggi prossimi ad entrare nella programmazione cinematografica di fine estate e inizio autunno.

Un flop le anteprime al giovedì

A questo proposito è da rilevare come da qualche anno il giorno della settimana fissato per l’uscita dei film nuovi sia diventato il giovedì ma l’idea di indurre la gente ad anticipare la visione delle new entry sul mercato non ha sortito gli effetti sperati considerando la scarsa affluenza di spettatori registrata a metà settimana. E anche questo ulteriore dato oltre a un inizio di 2023 avaro di presenze certifica come purtroppo la crisi dell’esercizio cinematografico nel nostro Paese sembri inarrestabile, al contrario di quanto avviene in gran parte degli altri Paesi europei a cominciare dalla vicina Francia.

Negli anni Settanta e Ottanta l’approccio da parte del pubblico era totalmente diverso: si poteva entrare in qualsiasi momento in sala e quindi anche a film iniziato, alla cassa c’erano solo le caramelle e non i popcorn come ora in parecchi cinema, i “Cinegiornali” riempivano lo spazio di tempo tra la fine dello spettacolo e l’inizio del successivo unitamente agli spot pubblicitari e ai “prossimamente su questi schermi” adesso denominati trailers. Ora la gente entra in sala solo quando il film deve ancora cominciare, i “Cinegiornali” non ci sono più, rimangono i trailers mentre alcuni spot sono curiosamente simili a quelli di trent’anni orsono.

Al cinema? Solo tra ottobre e aprile

Non è mutato invece il rapporto “stagionale” degli italiani con il film da vedere al cinema: si va principalmente da ottobre ai primi giorni di aprile, durante la bella stagione si tende a disertare le sale. Un periodo cosi stretto di ipoteticamente alta frequentazione dei cinema hanno indotto le compagnie che distribuiscono i film nel nostro Paese a concentrare i titoli in autunno e inverno con un inevitabile caos nelle programmazioni come dimostrano le numerose settimane che vedono irrompere sul mercato anche una dozzina  di titoli nuovi, pronti ad essere rimpiazzati il giovedi successivo se deludono al botteghino.

L’evidente conseguenza a tutto ciò è il panorama modesto che si profila di solito in primavera ed estate, dove gli unici a non abbandonare completamente il pubblico sono le major americane che a volte sacrificano film che in alta stagione avrebbero raccolto incassi ampiamente superiori.