PwC TLS e SDA Bocconi lo hanno intuito. Per una società, prima di buttarsi a capofitto nel trattare di sostenibilità con il rischio di affrontare le tematiche inerenti con superficialità o solo per rispondere a esigenze pratiche (per esempio, per marketing, perché richiesto per accedere al credito, perché già fatto dai concorrenti), è utile soffermarsi sullo stato della governance e quindi affrontare la sostenibilità in modo consapevole per creare profitto e continuità d’impresa.
Il team di lavoro multidisciplinare coordinato da Fabrizio Acerbis, managing partner di Pwc TLS, e da Alessandro Minichilli, ordinario all’Università Bocconi e direttore del Corporate Governance Lab, SDA Bocconi, ha dato vita al tool di valutazione Diagnostico Corporate Governance. Chi usufruisce liberamente del tool dovrebbe aumentare la consapevolezza sulla solidità ed efficacia della governance della propria impresa e sul suo ruolo strategico in qualsiasi transizione.
«In questo momento l’elemento essenziale è stimolare la discussione, che può nascere solo attraverso la consapevolezza sulle tematiche di governance, come approccio preordinato a considerare decisioni complesse», sostiene Acerbis. Gli ideatori di questa piattaforma sofisticata sono dei professionisti e cultori della materia. Fin da principio hanno chiarito che non si trattava di un meccanismo di creazione automatica di un rating o di una certificazione. Il lavoro non è una soluzione sbrigativa e semplicistica che porta a un “marchio” immediatamente pubblicizzabile, quanto piuttosto un’attenta autovalutazione che permette di andare a fondo e porre le basi per un processo di trasformazione, se necessario.
Su misura per l’Italia
La documentata fragilità del sistema imprenditoriale italiano ha suscitato l’idea di creare uno strumento diagnostico indirizzato alle imprese non quotate, spesso a conduzione familiare ma non necessariamente di piccole dimensioni. Imprese che rivelano ancora diverse vulnerabilità nel sistema organizzativo. I dati accumulati dal Corporate Governance Lab, per esempio, mettono in luce come il 20% delle imprese italiane con un fatturato superiore a 50 milioni di euro sia ancora guidato da un amministratore unico. Inoltre, un terzo delle imprese osservate deve ancora realizzare la successione al fondatore. Anche a livello internazionale la transizione dal fondatore alle generazioni successive è considerata un passaggio rischioso per l’azienda (secondo i dati globali del Family Firm Institute appena il 13% delle imprese arriva alla terza generazione). Da queste premesse, si evince che una buona fetta dell’apparato industriale del nostro Paese è a rischio, ma di questo ancora poco si parla.
L’approccio culturale
Inoltre, la tendenza degli imprenditori italiani a considerare i figli come naturali successori, frutto della mancanza di una cultura di separazione, è un limite culturale che può anche portare a situazioni di inefficienza e a creazione di disvalore: chi eredita la proprietà non è costretto a essere un bravo manager. Sono considerazioni apparentemente banali, sulle quali non tutti hanno ancora riflettuto, quindi importanti da comunicare.
È da notare come, fino a poco tempo fa, quasi tutti gli imprenditori di società non quotate consideravano le questioni di governance questioni molto intime, relative all’imprenditore e al più alla sua famiglia. Che il diritto di ottenere informazioni in tema di governance si allarghi alle banche, a investitori istituzionali e ad altri stakeholders è un cambiamento dirompente per l’imprenditore abituato ad accontentare questi soggetti fornendo esclusivamente dati sull’andamento economico-finanziario.
ESG e la G di Governance
Ricordando che i criteri ESG sono nati per valutare gli investimenti finanziari soprattutto da parte di fondi internazionali, è positivo che la componente di governance sia tornata di attualità in questo panorama, teoricamente al pari dei due pilastri ambientale (E, environmental) e sociale (S, social). Elemento distintivo del tool diagnostico PwC TLS-SDA Bocconi è porre la governance come antecedente della sostenibilità: «Perché se la sostenibilità è la nuova strategia o comunque è un elemento ormai integrato nella strategia aziendale, da che mondo è mondo la strategia viene fatta dalla governance», fa notare il professor Minichilli. E in effetti per una buona politica e performance di sostenibilità è necessario partire dall’individuazione e dal presidio dei rischi, dalle caratteristiche dell’assetto proprietario e del sistema di controllo interno. Tutti elementi indagati tramite il tool, a conferma delle riflessioni complesse e del bilanciamento delle scelte retrostanti la sua concezione.
Il tool diagnostico e il suo potenziale
Il tool Diagnostico Corporate Governance si compone di una serie di domande suddivise nelle quattro aree seguenti, le stesse in cui è strutturato il report finale che restituisce un profilo di adeguatezza in termini di governance.
- Governance proprietaria
- Governance societaria
- Presidi di conformità
- Approccio ESG (Environmental, Social, Governance).
Adattivo e modulare
Lo strumento ha diversi meriti che lo rendono accurato, flessibile e user-friendly.
Prima di tutto, il numero di domande è adeguato per essere compilato in tempi ragionevoli e al contempo fornire un output analitico. Sarebbe riduttivo e sbagliato definirlo un questionario poiché si tratta di uno strumento adattivo e modulare. Adattivo poiché le risposte fornite nella scheda anagrafica incidono sulla generazione delle domande successive (due imprenditori diversi, per esempio uno amministratore unico e l’altro no, compileranno due questionari diversi). Modulare poiché l’imprenditore viene guidato in un percorso di compilazione di sezioni e sottosezioni tematiche distinte. In secondo luogo, trattandosi di un’autovalutazione da svolgere online, il primo passo può essere fatto internamente e indipendentemente.
Il documento riassuntivo che deriva dalla compilazione fa emerge la distanza della società dalle best practices di governance; può rimanere strettamente confidenziale o essere condiviso con i partner ideatori dell’iniziativa o altri terzi. La possibilità di interagire con i professionisti e discutere i risultati permette di sfruttare in modo arricchente il tool e genera la consapevolezza e l’opportunità di poter ragionare, anticipatamente, in modo ordinato su soluzioni e situazioni che, invece, potrebbero dover essere affrontate in momenti di emergenza.
Chi ha sfruttato il tool finora ha confermato che si tratta di un’utilissima verifica per focalizzare i punti d’attenzione che a volte l’imprenditore non ha così chiari come la sua organizzazione, quindi si crea la possibilità di un dialogo interno costruttivo. Inoltre, i due partner del progetto hanno osservato una rinnovata voglia di confronto degli imprenditori sui temi e l’agenda post-pandemia.
Chi sente su di sé la responsabilità dell’impresa e dei lavoratori, e sta assistendo a stravolgimenti dell’ordinario e dello straordinario sta rimpiazzando l’atteggiamento un po’ arrogante basato sui “numeri positivi” con una propensione all’ascolto e al dialogo. Complice, un ponte come questo lanciato tra esperti e imprenditori per garantire alle nostre imprese di attivare il meccanismo virtuoso di sostenibilità ambientale, sociale e continuità del business.
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