È ormai noto che i pilastri della sostenibilità sono i cosiddetti ESG (Environmental, Social e Governance), ossia i criteri sui quali fondare una visione di sviluppo e crescita globale in armonia con la componente ambientale e umana del nostro pianeta. 

L’esistenza di tre componenti fa capire che il concetto di sostenibilità non può più essere associato solamente all’ecologia e quindi a una cura dell’ambiente contro i danni causati dall’inquinamento, dallo spreco e dall’utilizzo inefficiente di risorse. Alla necessità di insistere nel perseguimento di modalità di esistenza non distruttive del pianeta bisogna affiancare la volontà di eliminare disparità, disuguaglianze e ingiustizie e quindi la volontà di tutelare equamente il capitale umano su cui l’attività svolta ha o può avere un impatto.

Tra norme e valori

Il percorso – per una società, un ente o un’organizzazione – verso un buon posizionamento rispetto alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance deve prevedere l’integrazione del dato normativo con valutazioni di carattere più ampio che consistano nell’adozione e nel rispetto di regole e standard imposti internamente all’azienda, anche a prescindere dall’obbligo normativo, che contemplino vere e proprie azioni strategiche volte a raggiungere obiettivi più sfidanti e ulteriori rispetto al mero rispetto della legge.

Se la componente Environmental è sempre più oggetto di attenzione con iniziative che vanno oltre la specifica normativa ambientale e anche la componente Social acquisisce poco per volta un suo valore nei discorsi di sostenibilità, meno attenzione sembra invece essere attribuita al concetto di Governance il cui significato è forse più sfuggente.

Il prerequisito

Eppure gli ESG Strategist delle banche di investimento, ossia coloro che si occupano di finanza sostenibile e quindi di investimenti sensibili agli ESG, la considerano addirittura un vero e proprio prerequisito, un presupposto. Senza attenzione a organizzazione, politiche e strategie non si può passare a una concreta e proficua analisi degli impatti ambientali e sociali dell’ente di riferimento in quanto la componente di rischio rimane elevata e c’è il timore che l’ente non riesca a raggiungere i suoi obiettivi di valore a lungo termine e di impatto positivo ambientale e sociale.

E quindi, che cosa è la Governance? Vale la pena analizzarla a più livelli.

La Governance come gestione e governo dell’ente

Innanzitutto la Governance di una società può essere individuata nelle modalità di funzionamento e composizione dell’organo di gestione.

Viene quindi subito in rilievo l’art. 375 del Codice della Crisi d'impresa (d.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14) in base al quale, a partire dal 16 marzo 2019, il precedente Titolo del Codice Civile “Direzione e gerarchia dell’impresa” è stato sostituito da “Gestione dell’impresa” ed è stato introdotto all’art. 2086 c.c. un secondo comma la cui prima parte stabilisce che «L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa». Senza voler imporre all’imprenditore come gestire la sua attività, il legislatore ha però introdotto un obbligo che ha lo scopo di prevenire episodi di mala gestio, assicurare il buon governo dell’ente e contenere situazioni di pericolo e insolvenza avanzata.

Pertanto prima di tutto sarà necessario che l’impresa si doti di un modello organizzativo, principi e procedure di gestione ben definiti e spiegabili, con regole precise ad esempio sulla composizione e sulle caratteristiche del consiglio di amministrazione.

Si pensi, per esempio, a:

  • criteri di reclutamento dei suoi componenti,
  • presenza di consiglieri indipendenti,
  • politiche legate alla tutela delle diversità (di genere, etnica, ecc.),
  • logiche di etica remunerativa che limitino l’eccessiva differenza retributiva tra i vari livelli dell’organigramma (evitando ad esempio maxi bonus sproporzionati e ingiustificati),
  • criteri di trasparenza della gestione, dell’assunzione delle decisioni, dei flussi informativi e del coordinamento con l’assetto proprietario al fine di assicurare a quest’ultimo la dovuta informativa e il corretto esercizio dei propri diritti.

Con riferimento alla governance intesa come attenzione all’organo di gestione, vale la pena ricordare che la legge istitutiva delle società benefit (L. 208/2015) al comma 380 dell’articolo unico ha stabilito che la società benefit “individua il soggetto o i soggetti responsabili a cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento delle suddette finalità”, ossia delle finalità di beneficio comune previste nell’oggetto sociale statutario. Si tratta di una fondamentale figura di monitoraggio, rafforzamento, supporto al consiglio di amministrazione e al dovere di quest’ultimo di bilanciare lo scopo profit e lo scopo benefit, nonché di supervisione del perseguimento dei risultati e dell’idoneità della gestione a perseguire anche gli obiettivi di beneficio comune.

La Governance non è però soltanto l’organizzazione e il funzionamento dell’organo di gestione.

Fonte: TCFD (Task Force on Climate-related Financial Disclosures)

La Governance come etica

Essa è anche rifiuto di qualunque forma di corruzione e il perseguimento di comportamenti etici e rispettosi, che puntino a un sano equilibrio tra correttezza ed efficienza, integrità e trasparenza.

Rientra nel concetto di governance l’adozione ad esempio del cosiddetto Modello 231, che consenta di prevenire e evitare la commissione di reati a diretto vantaggio dell’ente nonché l’adozione di un Codice Etico nel quale siano riassunti i principi che costituiscono l’identità dell’azienda e gli obiettivi dell’organizzazione, la specificazione dei valori su cui si fonda, le modalità con cui implementarli e perseguirli nello svolgimento dell’attività e nell’attuazione del business e le azioni concrete per attuarli.

Per esempio, l’ente, nell’esprimere la propria governance, potrebbe esporre con chiarezza e trasparenza i criteri di selezione dei fornitori (per esempio chiedendo loro le modalità con cui rispettano a loro volta i criteri ESG) o di selezione dei dipendenti e collaboratori, ponendo la meritevolezza e la competenza quali principali criteri di scelta.

La Governance come esistenza di procedure predefinite

Un altro aspetto costitutivo di una Governance trasparente e sicura è l’esistenza di specifiche procedure volte a regolare i vari aspetti del business, così da assicurare adeguati controlli e – di nuovo – limitare i pericoli derivanti dalla mancanza di regole interne.

Si pensi alle procedure per gli acquisti e le vendite, alla presenza di politiche chiare per la tutela dagli attacchi cibernetici e per la tutela della riservatezza dei dati e delle informazioni.

Conclusioni

Una Governance strutturata in modo adeguato, in tutta evidenza, favorirà l’ottenimento di una buona sostenibilità economica, ambientale e sociale.

Una Governance efficiente e ben impostata potrà essere raccontata nel report di sostenibilità (detta Dichiarazione Non Finanziaria (o Non Financial Reporting), obbligatoria dal 2017 al superamento di certi livelli in base al decreto legislativo 254/2016 di attuazione della Direttiva UE n. 95 del 2014) insieme alle performance ambientali e sociali dell’ente (ricordiamo che il documento si deve concentrare sui temi ambientali, sociali, riguardanti il personale, il rispetto dei diritti umani, la lotta attiva e passiva contro la corruzione, secondo le attività e il settore di competenza di ciascuna impresa).

E tale relazione potrebbe evidentemente essere redatta anche da quelle società che non siano soggette a un vero e proprio obbligo legislativo.

La disciplina della DNF è tra l’altro destinata a subire radicali cambiamenti, miglioramenti e ampliamenti (visto oltretutto il numero maggiore di destinatari e un obbligo di reportistica più preciso e più dettagliato) allorquando entrerà in vigore il Corporate Sustainability Reporting, oggi oggetto di una proposta di Direttiva del 21 aprile 2021 (cd. CSRD).

CSRD: i primi passi da compiere per le società nel 2022

Del resto, raccontare un approccio imprenditoriale innovativo, che tiene conto non solo del profitto ma anche dell’impatto generato anche a partire da regole, procedure e etica interne è molto importante: sia per rappresentare un esempio virtuoso e concreto così da favorire repliche autentiche sia perché diventa lo strumento di comunicazione all’esterno di una realtà rigorosa ma efficiente. A riprova che un modello di business improntato anche all’etica e alla trasparenza può funzionare, diversamente da un atteggiamento individualista, competitivo e volto al profitto purché sia anche a discapito di altri che invece non funziona e non deve funzionare.

E poi, vista l’importanza che molti investitori danno al rispetto delle componenti ESG, la comunicazione efficace di questo atteggiamento rappresenterà sicuramente una componente strategica fondamentale per il successo dell’iniziativa e per la realizzazione e diffusione dei valori che questa scelta porta con sé.