Vado a vivere in montagna. Un italiano su quattro accarezza l’idea. Anche se poi, messi alle strette, solo nove su cento si dicono pronti a trasferirsi nelle terre alte. È quanto emerge da un sondaggio di Ipsos commissionato da Uncem, l’unione dei comuni montani. Se poi si chiede loro quale sia il fattore che potrebbe spingerli in montagna al primo posto c’è un basso costo della vita. Seguito da incentivi economici mirati e la presenza di una forte comunità. Ma c’è anche chi immagina di prendere la residenza in quota per la possibilità di lavorare da casa.

La montagna risulta molto apprezzata da un italiano su tre e nel complesso piace al 77 per cento degli intervistati. Uno su quattro dice di sentirsi a suo agio tra le vallate alpine, uno su due abbastanza. Il 59 per cento degli intervistati – il campione messo insieme dalla squadra di Nando Pagnoncelli comprendeva 52% di donne e 48% di uomini nel 66% dei casi residenti in comuni che nulla hanno a che fare con la montagna – ci va almeno una volta l’anno. E di questi il 14 per cento ci va almeno una volta al mese. La metà del campione vive tra due e quattro ore di distanza dalla montagna.

I fattori di preferenza

Ma quali sono i motivi di attrazione? L’aria pulita è al primo posto. La indica il 67% degli intervistati. Anche se poi il 53% è convinto che il climate change stia colpendo più le zone alpine di quelle urbane. A stretto giro di posta c’è il contatto con la natura votato dal 65% degli intervistati. La metà ha indicato come valore la tranquillità, la possibilità di godersi il silenzio. D’altronde 77 intervistati su cento hanno detto che vanno in montagna per rilassarsi. Il 60 per mangiare prodotti tipici. Solo 28 per fare attività sportiva. Anche se poi il 92% confessa di avventurarsi nelle vallate per camminare. Distanziati i praticanti degli sport classici della montagna: lo sci (28%) e l’arrampicata (7%). Però alla domanda “se le dico montagna qual è la prima parola che le viene in mente?”  vince di gran lunga la parola neve. La indicano 33 su cento. La seconda parola (una località o un monte) si ferma a 8 su cento.

DAL SONDAGGIO IPSOS PER UNCEM
DAL SONDAGGIO IPSOS PER UNCEM

Nando Pagnoncelli riassume così alcuni dei punti chiave del sondaggio: “C’è un riconoscimento sia della peculiarità delle persone e della vita di montagna, sia della montagna come parte importante dell’identità del Paese. La montagna è vista come un luogo dove rilassarsi dalla confusione della vita urbana”. Ma il numero uno sottolinea anche come dal sondaggio emergano i mali delle terre alte. Al primo posto c’è lo spopolamento, un fenomeno che perseguita la montagna ormai quasi da un secolo. Al secondo, un po' a sorpresa e probabilmente sotto l’effetto di tg e giornali che hanno dedicato ampi servizi alla fine dei ghiacciai, figura il cambiamento climatico, indicato come uno dei problemi gravi della montagna. Al terzo figura l’incuria e l’abbandono. Ma trovano spazio in questo cahiers de doléances anche i collegamenti con i centri urbani, l’accessibilità ai servizi di base e la scarsità di posti di lavoro.

   

Che poi sono i cavalli di battaglia su cui Marco Bussone, presidente dell’Uncem insiste da tempo: “Asili, trasporti e sanità sono le tre parole chiave da soddisfare se davvero vogliamo invertire la rotta, convincere la gente a lasciare la città per tornare in montagna. Soprattutto le coppie giovani. Ma per viverci tutti i giorni, non solo nel weekend. E ci aggiungo anche la banda larga perché pure chi vive nelle terre alte ha diritto di vedersi la partita di calcio in diretta o un film su Netflix. Aggiungo un distinguo: bisogna intenderci pure a quale montagna si fa riferimento. Faccio l’esempio dell’incentivo che la Regione Piemonte ha dato a chi sceglie di andare a vivere in un borgo. Ha vinto Chiusa Pesio nel Cuneese che è a tutti gli effetti un paese di montagna, nel cuore del parco delle Alpi Marittime, ma è anche a venti chilometri dal capoluogo provinciale. Dunque con tutti i servizi a portata di mano. Altra storia per chi sceglie di vivere, rimanendo sempre nella stessa provincia, in alta valle Maira, ad Acceglio o Marmora per esempio. Dove per arrivare all’ospedale impieghi un’ora e mezzo e almeno un’ora per un paese con tutti i principali servizi”.

DAL SONDAGGIO IPSOS PER UNCEM
DAL SONDAGGIO IPSOS PER UNCEM

E d’altronde gli stessi intervistati non si nascondono che alla bellezza di vivere immersi nella natura si accompagnino difficoltà peculiari della montagna. Gli ostacoli più gettonati? I trasporti pubblici ridotti, la mancanza di servizi di base, la mancanza di lavoro, l’isolamento. Una fotografia che forse spiega anche il paradosso raccontato da Comunità montagna sito online di Uncem: i 280mila candidati (si, proprio 280mila) per lavorare cinque mesi a Grottole, piccolo paese a 30 chilometri da Matera, con 300 abitanti e 600 case vuote, in cambio di vitto e alloggio. Ma per un periodo limitato: cinque mesi. Così alla fine il lavoro più difficile per il sindaco e i suoi collaboratori è stato scegliere gli aspiranti giardiniere, muratore, agricoltore. Tutti spinti dalla voglia di cambiare vita. Almeno per un po’. Per contro un’altra storia, dall’alta val Formazza, al confine con la Svizzera, dimostra che la montagna non sempre è amata. Qui lo chef Matteo Sormani da oltre un anno cerca due persone da assumere nella sua locanda Walser Schtuba. A tempo indeterminato. Ma alla fine nessuno accetta: «Siete fuori dal mondo».