L’indice Rt nazionale aggiornato ai dati del 14 maggio continua la sua discesa fino a 0,74 (0.68 - 0.80)
Nel frattempo l’ISS ci conferma che l’Rt al 28 aprile era 0,86 (più precisamente nella settimana 21 aprile – 04 maggio).
Nel frattempo quasi non si sente più parlare dell’Rt ospedaliero, che sarebbe dovuto diventare il sostituto del vero Rt, per risolverne i problemi di ritardo. Non siamo i soli ad aver espresso dubbi sulla solidità scientifica del nuovo indicatore: Antonello Maruotti, ordinario di statistica alla LUMSA, lo definisce “toppa peggiore del buco”, su ANSA e su La Stampa.
Per fare un po’ di chiarezza su questo dato, a Mondo Economico abbiamo effettuato una ulteriore analisi relativa ai dati dei ricoveri (o ospedalizzazioni), disponibile qui. Il seguente grafico propone il confronto tra due numeri importanti: il totale dei ricoverati in un dato giorno (linea blu) e i nuovi ingressi nel medesimo giorno (linea arancione). Il primo è uno “stock” e dipende dagli ospedalizzati già presenti e dai nuovi ingressi a cui vanno sottratti i dimessi e i deceduti. Il secondo, appunto, rappresenta unicamente i nuovi ingressi.
Salta subito all’occhio il confronto tra il periodo marzo-giugno 2020 e il periodo successivo a settembre: un anno fa i nuovi ingressi erano dell’ordine dei 2.500 al giorno, mentre il totale ricoverati giornalieri raggiungeva i 30.000 al giorno; a metà novembre (la seconda ondata) il totale ricoverati giornalieri non si è discostato molto dalla prima, raggiungendo i 35.000 al giorno, mentre i nuovi ingressi sono stati molti di più, raggiungendo i 25.000 ingressi giornalieri.
Cosa è successo di diverso nei due periodi? Nella seconda ondata il tempo medio di permanenza in ospedale è stato molto più breve che nella prima.
Questo ha permesso di mantenere la pressione sul sistema sanitario allo stesso livello della prima ondata, nonostante gli ingressi giornalieri siano stati 10 volte superiori.
Il merito va, senza dubbio, ai medici, agli infermieri, e a tutti gli operatori del sistema sanitario.
Ma, tornando al merito del “nuovo” Rt, possiamo concludere che non sarebbe appropriato per monitorare l’andamento dell’epidemia, dal momento che dipende da due fattori totalmente scorrelati dal Covid, che sono il tempo di permanenza in ospedale e la quantità di nuovi ingressi giornalieri.
Proseguiamo su Mondo Economico la pubblicazione del calcolo dell’indice di riproducibilità regionale calcolato sui nuovi positivi giornalieri per data notifica.
Rileviamo 15 regioni al di sotto di 1 anche nella parte alta dell’intervallo di confidenza, 4 regioni con parte alta dell’intervallo lievemente sopra ad 1, e 2 regioni, P.A. Bolzano e Valle d’Aosta, con valore medio superiore a 1, pur con un elevato intervallo di confidenza.
- Abruzzo: 0,77 (0,59 - 0,97)
- Basilicata: 0,78 (0,58 - 0,98)
- Calabria: 0,77 (0,64 - 0,89)
- Campania: 0,76 (0,69 - 0,83)
- Emilia-Romagna: 0,76 (0,66 - 0,86)
- Friuli Venezia Giulia: 0,57 (0,37 - 0,77)
- Lazio: 0,73 (0,65 - 0,81)
- Liguria: 0,76 (0,61 - 0,92)
- Lombardia: 0,70 (0,63 - 0,78)
- Marche: 0,88 (0,70 - 1,06)
- Molise: 0,88 (0,39 - 1,42)
- A. Bolzano: 1,14 (0,77 - 1,52)
- A. Trento: 0,76 (0,51 - 1,03)
- Piemonte: 0,68 (0,59 - 0,78)
- Puglia: 0,65 (0,55 - 0,74)
- Sardegna: 0,79 (0,58 - 1,01)
- Sicilia: 0,73 (0,57 - 0,92)
- Toscana: 0,72 (0,64 - 0,81)
- Umbria: 0,54 (0,38 - 0,71)
- Valle d'Aosta: 1,11 (0,73 - 1,52)
- Veneto: 0,69 (0,58 - 0,80)
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