Caro direttore, innanzi tutto grazie per avermi consentito di avviare una riflessione sul tema della natalità, così come ringrazio Ivan Lagrosa e Angelo Ciancarella che hanno approfondito il tema non senza motivate critiche al mio intervento.
Innanzitutto allora una precisazione. Quando nel mio articolo sostenevo che «i cosiddetti diritti civili sono ormai considerati indiscutibili ed inviolabili» non intendevo assolutamente affermare che sarebbe utile ridurre o limitare questi diritti.
Sono convinto che ogni persona, a prescindere dai propri comportamenti sessuali e dalle proprie scelte di vita, abbia diritto a piena dignità, non possa essere oggetto di nessuna discriminazione, debba partecipare a pieno titolo alla vita politica e sociale. Quindi, per essere concreti, devono avere tutti i diritti anche le persone e le famiglie alternative al modello tradizionale pur all’interno di regole chiare e condivise.
Detto questo resta il fatto che Lagrosa e Ciancarella analizzano con compiutezza le attuali dinamiche sociali, ma nell’insieme dei due interventi c’è più un’analisi soggettiva della realtà, in molti punti condivisibile, che qualche ipotesi di risposta alla domanda “che cosa fare per rilanciare la natalità?”
In fondo anche la recente due giorni pomposamente chiamata «Glii stati generali della natalità» ha partorito ben poco, ribadendo la necessità di incentivi economici e sociali (più asili nido, più assegni familiari, più agevolazioni fiscali): tutte iniziative ovviamente doverose, nobili e giuste. Ma non sufficienti nella realtà italiana.
L'indicatore principale
Il punto centrale è stato messo in luce in quell’occasione dal Papa che ha ribadito come la nascita dei figli sia «l’indicatore principale per misurare la speranza di un popolo». Un indicatore che deve fare i conti con «la mentalità delle giovani generazioni, che crescono nell’incertezza, se non nella disillusione e nella paura».
San Tommaso chiama anche la speranza «un moto o una tendenza verso un bene arduo». Ci vuole coraggio per la speranza, una virtù che indica la forza non la debolezza, in un cammino che porta alla gioia.
E sul tema dei diritti il Papa è ancora più esplicito: «Ci troviamo in un contesto con una cultura poco amica, se non nemica, della famiglia, centrata com’è sui bisogni del singolo, dove si reclamano continui diritti individuali e non si parla dei diritti della famiglia». (Mi sembra in linea con quanto ho scritto su Mondo economico).
Sarebbe allora utile se la giusta passione che viene messa nel chiedere il riconoscimento dei diritti civili, venisse espressa anche nella promozione dei doveri sociali così come nell’orgoglio della famiglia «società naturale fondata sul matrimonio».
La nostalgia del mare
Per riflettere sulla natalità e sulla speranza forse può essere opportuno riprendere la famosa frase di Antoine De Saint-Exupery nel Piccolo principe: «Se vuoi costruire una nave non radunare gli uomini per raccogliere il legno, per distribuire i compiti e suddividere il lavoro, ma fai nascere in loro la nostalgia del mare ampio e infinito». Come dire: se vuoi educare un giovane, una famiglia, alla genitorialità devi offrire la forza e la grandezza di una missione di grande importanza personale e sociale.
Le domande
Ma quale missione generativa può nascere dagli attuali modelli sociali “politicamente corretti” che seminano individualismo e autocompiacimento? Quale modello positivo di famiglia o comunque di impulso alla genitorialità può venire da trasmissioni televisive come “Il grande fratello” o “Temptation island”? Quale buon esempio ci può essere in programmi dove domina la violenza sistematica o l’erotismo occasionale? Così come nella pornografia fai-da-te via Internet? Quale volontà costruttiva ci può essere se non viene data attuazione, con iniziative concrete di aiuto e sostegno, all’art. 1 della legge 194 (sì, quella sull’aborto) che, ricordiamolo, afferma: «Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio»?
E come dimenticare che nei decenni scorsi, quelli in cui sono state educate le generazioni ora in potenziale età generativa, era sparsa a piene mani quell’ideologia neo-malthusiana che vedeva nella crescita demografica il peggior pericolo per l’ambiente e lo sviluppo economico.
Caro direttore, mi auguro che su questo tema ci possano essere altri interventi.
La problematica è vasta e complessa e merita competenti approfondimenti. Ma mi auguro anche che questo avvenga nel solco indicato da Papa Francesco: «È necessario affrontare il problema insieme, senza steccati ideologici e prese di posizione preconcette». L’obiettivo è “cambiare mentalità”, far capire che la famiglia «non è parte del problema, ma della sua soluzione». Alimentare la speranza, sottolinea il Papa, è «un’azione sociale, intellettuale, artistica, politica nel senso più alto della parola», è «mettere le proprie capacità e risorse al servizio del bene comune», è «seminare futuro».
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