Matteo Renzi diventa Presidente del Consiglio con un'investitura “carismatica” e cerca di portare avanti un programma che possiamo definire di “destra-sinistra laica”. Tutto bene, nonostante i compromessi? Sì abbastanza, a meno di una crisi che, in un futuro non vicino, potrebbe alimentare il “populismo”.
1 – L'investitura carismatica e il vuoto di governabilità
Le elezioni politiche all'inizio del 2013 avevano consegnato al Partito Democratico (PD) la maggioranza alla Camera, ma non al Senato. L'allora segretario del PD – Bersani – cercò una maggioranza allargata al Movimento 5 Stelle (M5S), ma non riuscì nell'intento. Si formò così una maggioranza, detta delle “larghe intese”, che già si aveva con il Governo precedente, quello di Monti, fra il PD e il Partito delle Libertà (PdL). Nacque così il Governo Letta. Il PdL poi non solo si ritirò dalla maggioranza, ma addirittura si sciolse, con ciò facendo nascere Forza Italia (FI) e Fratelli d'Italia (FdI). Il Governo Letta continuò, nonostante lo scioglimento del PdL, ad avere una maggioranza – detta delle “piccole intese” – con la parte del PdL non finita in FI, che prese il nome di Nuovo Centro Destra (NCD).
Ed ecco che – ma alla fine del 2013 – arriva Renzi, che vince con una larga maggioranza le primarie del PD. Si noti che la sua vittoria è stata il frutto del voto dei non iscritti al PD, che hanno potuto votare alle primarie. Una parte non modesta di elettorato “moderato” – quello di Monti e di Berlusconi – andò, infatti, per la prima volta alle primarie per votare Renzi.
Perciò il Parlamento rimase quello delle elezioni del 2013, ma con il suo maggior partito – il PD – che aveva un nuovo equilibrio interno. Appena dopo la vittoria di Renzi, quindi all'inizio del 2014, la direzione del PD decide, scartando un pericoloso - perché incerto - ritorno alle urne, di dare una scossa di “governabilità” con la sostituzione di Letta con Renzi.
Renzi non è mai stato eletto, se non come Sindaco. Renzi è poi stato eletto Segretario di un organismo privato, qual è il PD. Il quale PD poi non ha nemmeno vinto le elezioni. Insomma il Segretario, neppure eletto in Parlamento, di un partito, che non ha nemmeno vinto le elezioni, diventa Presidente del Consiglio, senza nuove elezioni, per mezzo delle dimissioni indotte del Presidente in carica, avendo in partenza in Parlamento la stessa maggioranza - quella detta delle “piccole intese”.
L'investitura di Renzi dalle primarie alla direzione del PD alla Presidenza del Consiglio è così definibile come “carismatica” – un leader in sintonia “pneumatica” con il popolo che lo elegge per acclamazione – ma non “procedurale”. Meglio, le procedure sono tutte rispettate (il Presidente del Consiglio può, infatti, non essere stato eletto), ma non sono rispettate quelle prevalse come “prassi” negli ultimi decenni.
L'immagine che Renzi vuole trasmettere è quella di un Governo efficace – grazie alla catena di comando “corta” - e dove prevalgono gli homines novi, esponenti di una classe dirigente “giovane”, che ha lo scopo di modernizzare il Paese – Paese ormai ridotto allo stremo, anche per il prevalere delle èlites disfattiste dei “gufi e dei rosiconi”. E il tutto entro una spiccata proiezione patriottica: “l'Italia che riparte non è seconda a nessuno”.
Nel corso del tempo e fino ad oggi, la sinistra del PD ha prodotto altre idee rispetto a quelle della maggioranza del suo stesso partito su come governare l'Italia, ed, infatti, una sua parte, si distacca dal Governo. Si ha oggi a sinistra un'alleanza fra una parte della sinistra PD e Sinistra Ecologia e Libertà (SEL). Intanto, e da molto tempo, Forza Italia appare “assonnata”, e propone poco. A Destra la Lega e il FdI sono inizialmente su posizioni “anti-sistema”, così come il M5S. Queste posizioni “anti-sistema”, che ruotavano intorno al rifiuto dell'euro, con il tempo si sono stemperate. Si è creato così un vuoto di governabilità che Renzi non può non provare a sfruttare.
2 – Una tassonomia delle politiche possibili
Tre sono – molto schematicamente – le scelte di massima. 1) La “destra laica”, ma anche la sinistra alla Tony Blair – d'ora in poi le definiamo come “destra-sinistra laica” – è a favore delle politiche dell'offerta, della riforma dei mercati dei prodotti e del lavoro e della responsabilità individuale. E' anche a favore dell'intervento dello Stato, se necessario ed efficiente. Meno tasse, meno spesa, insomma. 2) La “destra populista” è a favore dell'intervento pubblico in una chiave nazionalista. Meno tasse, più spesa, insomma. 3) La “sinistra tradizionale” vuole la difesa del lavoro garantito e vuole l'intervento pubblico. Più tasse, più spesa, insomma.
Quale di queste politiche sono state perseguite da Renzi? Una combinazione delle prime due. Da “destra-sinistra laica” sono la riforma del mercato del lavoro e le aperture sulla libertà di scelta sessuale. Le riforme da “destra-sinistra laica” portano (probabilmente, basandoci sulle primarie della fine del 2013) parte dell'elettorato moderato - già montiano e berlusconiano - nell'area renziana. Da “destra populista” è l'idea di eliminare le imposte sulle abitazioni. Le riforme da “destra populista” portano (diciamo forse, qui, infatti, non si hanno dei precedenti) parte dell'elettorato già berlusconiano nell'area renziana.
Mancano all'appello la riforma delle pensioni – il nodo delle pensioni “non contributive”, e la riduzione della spesa pubblica – la spending review, che ha visto troppe dimissioni dei suoi molti responsabili. Il nodo delle pensioni eque e della spesa pubblica efficiente sono elementi di un programma da “destra-sinistra laica”. Questi progetti sono stati (per ora?) abbandonati, perché difficili da praticare e quindi pericolosi elettoralmente – su questo punto si legga più avanti.
Perciò Renzi ha finora portato avanti una politica – seppur come per molti versi limitata - da “destra-sinistra laica”. Questo spiega le polemiche sia della “sinistra tradizionale” sia della “destra populista”. Renzi non ha però poco consenso, come si è visto con le elezioni europee del 2014. Alla fine, il desiderio – definiamolo così - di “governabilità nella modernizzazione” sembra prevalere. Gli avversari di Renzi, invece, sembra che non abbiano ottenuto molto, anche perché hanno proposto una sorta di “governabilità senza modernizzazione”.
3 – I mercati finanziari oggi lieti e domani forse ...
La questione del “carisma” o delle “procedure” potrebbe non essere rilevante per i mercati finanziari. Così come potrebbe non essere rilevante se le politiche di modernizzazione siano state o meno portate tutte fino in fondo. Infatti, se il bilancio pubblico è sotto controllo – vale a dire se si ha quasi certezza che le cedole e le obbligazioni sono pagate alla loro scadenza, non si capisce perché non dovrebbe essere comprato. Perciò il mercato finanziario italiano ha per ora una dinamica solida di suo.
Ma anche in futuro? Torniamo all'analisi politica. Le proposte della “destra populista” e della “sinistra tradizionale” mettono la politica al centro della scena economica. I politici possono tornare ad essere i Sacerdoti che si occupano del benessere altrui, e, in particolare, dei “più deboli”, con una combinazione in ascesa di spesa e tasse. Per non far vincere queste proposte, che metterebbero a repentaglio la “governabilità nella modernizzazione”, si deve perciò avere del consenso. Il quale consenso deve catturare l'elettorato che vuole “protezione” - protezione delle pensioni non contributive, protezione dalle imposte sulla casa.
Il bilancio pubblico così non migliora – o migliora meno – proprio perché è usato per evitare il peggio. Il bilancio pubblico che migliora meno non è però una vicenda minore. Se ci fosse di nuovo una crisi, se si rialzassero i rendimenti (e quindi il costo) del debito, si dovrebbe agire per contenere i danni partendo da una condizione di relativa debolezza – una riesumazione di quanto accadde nel 2011. La maggiore debolezza per affrontare una crisi porterebbe acqua al mulino di chi non è di “destra-sinistra laica”. Dove il punto? Non è detto che questi ultimi appoggerebbero di nuovo un Governo “tecnico”, come quello di Monti, un Governo di “austerità”, specie dopo un decennio di crisi, se questa apparisse ancora non risolta.
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